Via quelli bravi, tanto per cominciare...

Via quelli bravi, tanto per cominciare...MilanNews.it
© foto di Giacomo Morini
giovedì 13 maggio 2010, 13:00Primo Piano
di Francesco Somma

Milan-Juventus, quella che si giocherà sabato sera, è tante cose e non è niente. E’ tanti ricordi (quelli non mancano mai): Scudetti, Champions, Supercoppa, duelli epici combattuti fino all’ultima goccia di sudore, a ben vedere risalenti solo a pochi anni fa. Oggi è un’altra cosa: niente trofei, innanzitutto: nessuna delle due può ottenere nulla dal campionato che si accinge a chiudere i battenti, salutando (molto probabilmente), ciò che fino a qualche campionato addietro in pochi osavano immaginare, ossia l’egemonia dell’Inter. Niente epica, né duelli su cui “zoomare” i binocoli. Il Milan è pronto a concedere la passerella finale a Nesta e Pato: i due rimpianti più dolorosi, le assenze costate di più. La Juve è pronta a mandare in campo scontenti e riserve e in panchina gli azzurri illustri. “Milan-Juve è sempre Milan-Juve”, dicono i diretti interessati. Non c’è dubbio, ma sta di fatto che non è mai stato così facile distrarre l’attenzione dalla sfida biancorossonera. A riaccendere gli interessi più pigri, le voci che vogliono la sfida di sabato sera come quella degli Addii. Potrebbe essere l’ultima per Dida e Buffon, i due portieri che tre anni fa tutto il mondo ci invidiava; per Favalli, che indosserà per l’ultima volta i colori rossoneri, e per qualcun altro ancora. Ma soprattutto, Milan-Juve sarà l’ultimo tassello da riempire prima dell’inesorabile conclusione (dolorosa) della bellissima storia tra Leonardo e il Milan.

Una storia lunga 13 anni, di cui l’ultimo con il brasiliano in panchina, per volere di vertice più che suo, che tra le massime aspirazioni non ha forse mai annoverato la professione dell’allenatore. Gli hanno offerto una macchina ibrida: con pezzi vecchi ma affidabili, altri scartati ma sotto sotto non da buttare, pochi ricambi nuovi di zecca, e tanti logori da non affaticare troppo. Lui, al primo ciak da allenatore, ha detto sì, mettendocela tutta per evitare fallimenti e grosse delusioni, e ce l’ha fatta. Ha guidato fino alla fine, su strade tortuose e non all’altezza della sua vettura: alla fine, per forza di cose ha dovuto concedere qualche sbandata, ma è riuscito ad arrivare al traguardo accomodandosi sul terzo gradino del podio. La cosa più bella è che lo ha fatto con uno stile non comune: senza mai alzare la voce, senza lamentarsi e senza accendere né alimentare polemiche, specie quando chi gli stava davanti lo derideva dallo specchietto retrovisore. Non è roba per lui, uomo educato e sorridente, cultore dell’anima prima che dei piedi, abituato a lavorare guardando tutti negli occhi. Sul più bello ha perso due dei pezzi migliori, altrimenti chissà come sarebbe andata a finire. Lui, allenatore per caso, ha vinto tante scommesse, ridato fiducia ad un ambiente scarico e demotivato, e sfiorato l’impresa, ma non è bastato. Berlusconi lo ha etichettato come “testardo”, lui ha risposto: “Forse siamo incompatibili”, e siamo di nuovo a punto e a capo, di nuovo ad un incrocio assurdo, con il Milan che deve (ri)ripartire, e che tanto per cominciare si priva di un pezzo sano: una persona con eccellenti doti umane, capace di allenare bene anche senza i necessari pezzi da 90, e di ottenere tanto con poco, o nulla. Niente trofei, niente epica: Milan-Juve sarà solo un altro passo indietro.