La lezione di Madrid non ridimensiona il Milan

La lezione di Madrid non ridimensiona il MilanMilanNews.it
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venerdì 22 ottobre 2010, 00:00Editoriale
di Luca Serafini
Giornalista Mediaset dove lavora tutt'ora come redattore e inviato, dal 1991 al 1996 è stato caporedattore di Tele+. Opinionista presso l'emittente Telenova, è ospite di Milan Channel. Autore del libro "Soianito - Storie di amici e di pallone".

Non abbiamo letto né sentito dire o scrivere da interisti, dopo il pessimo avvìo di stagione, che Milito è finito, nonostante abbia 32 anni e una stagione come l’ultima non l’avesse mai vissuta in vita sua. E più o meno potrebbe valere lo stesso per Cambiasso, Stankovic, magari Thiago Motta. Né che Biabiany e Coutinho sono due da crescere, ma che con questi non si vince. Eppure nelle ultime 3 partite di campionato i nerazzurri hanno segnato solo un gol, vinto una partita, pareggiata una e persa un’altra. Il milanista invece è ossessionato dal rivoltare il guanto ogni volta che non è convinto dalla squadra. Tutto sbagliato, tutto da rifare, senza valori né riferimenti assoluti.
Dunque, non staremo qui a discettare se è meglio mettere Boateng e togliere Seedorf a Madrid, così come sia stato giusto rinunciare a Ronaldinho ad Amsterdam per un centrocampista in più. Scommettiamo un milione di euro (se ce lo presta qualcuno) che dopo Parma e Chievo, nessuno avrebbe rinunciato né a Pato né a Dinho né a Ibra. Fino alle 20.44 di martedì scorso. Quando si perde, sarebbe sempre andata in un altro modo se ci fosse stato qualcuno al posto di qualcun altro. E’ la storia del calcio.
Ci interessa allora una valutazione più ampia, sul lavoro di Massimiliano Allegri. E’ stato molto bravo a fare di testa sua, a capire dopo 2 partite come dare una sistemata alla squadra nel suo aspetto e nel suo atteggiamento, come dare movimenti e posizioni agli attaccanti. Rivoluzionando il 4-3-3 che da un anno era una catena, un obbligo, un percorso obbligato. Già il fatto di metterci mano e disegnare un 4-3-1-2 dando più fiato e spazio alle punte e più raggio a Ronaldinho, è stato un atto di coraggio.

(Ma come, Ronaldinho non era così riluttante a fare il trequartista? Con la disponibilità e l’intelligenza si spostano le montagne, figurarsi un giocatore). Ora il fatto è di riuscire a dare alla squadra qualche altra faccia, qualche altra possibilità. Il Milan deve allenare altri moduli, il Milan deve essere pronto a cambiarsi d’abito a seconda dello spettacolo che va in scena: non c’è niente di mortificante, riduttivo o di trasgressivo nella capacità di mutare. Anzi, c’è un’ulteriore grandezza. Adattarsi alla situazione e imporsi è un segno di grande elevazione, di enorme capacità mentale, oltre che tecnica. Si può, si deve saper passare serenamente ad altri moduli in corsa, durante una partita: non solo per contrastare più efficacemente gli avversari, ma anche per dare più corpo al Milan. Se questo dovesse imporre sacrifici importanti e dolorosi, di volta in volta, pazienza: vengono prima il gioco e i risultati.
Premesso che l’atteggiamento al Santiago Bernabeu è stato sbagliato da subito da parte di tutta la squadra e clamorosamente più tardi da almeno 4-5 giocatori, quindi era impossibile fare altrettante sostituzioni, qualcosa nel disegno andava cambiato. La lezione di Madrid deve dare ancora più coraggio ad Allegri che ha già dimostrato di averne, sapevamo – come inelegantemente ha ricordato Mourinho alla vigilia – che l’allenatore rossonero aveva 2 sole partite di Champions alle spalle e che dovrà fare esperienza, ma Guardiola ha vinto senza averne di più nel suo CV e l’esperienza si fa vivendo.
Se serve, dunque, nessuna esitazione a cambiare vestito, maschera, pelle, voce, atteggiamento. Modulo. Interpreti. Questo dice Madrid. E dice anche come sia importante che tra Oddo, Abate, Sokratis, Flamini, Boateng, Inzaghi e lo stesso Robinho nessuno faccia la fine di Yepes, Onyewu o – peggio ancora – di Kaladze e Jankulovski.