Mercato: errori nella comunicazione più che nelle strategie

Mercato: errori nella comunicazione più che nelle strategieMilanNews.it
© foto di Pietro Mazzara
venerdì 2 settembre 2011, 00:00Editoriale
di Luca Serafini
Giornalista sportivo a Mediaset, è stato caporedattore di Tele+ (oggi Sky). Opinionista per Telenova e Milan Channel. I suoi libri: "Soianito", "La vita è una" con Martina Colombari, "Sembra facile" con Ugo Conti.

Come sarebbe cambiata la stagione 2007-2008 se il Milan avesse giocato il Mondiale per club a giugno 2008 invece che nel dicembre 2007? Come avrebbero reagito critici e tifosi se (dopo l'estate 2010 con la partenza di Balotelli e l'arrivo di Coutinho), nel 2011 al posto di Eto'o fosse arrivato Zarate? E cosa avrebbero detto i tifosi del Milan se la società avesse annunciato soltanto il 31 agosto tutti insieme El Sharaawy, Mexes, Taiwo, Aquilani e Nocerino? E come avrebbero reagito se invece di questi, avesse preso Faraoni, Castaignos, Obi e Alvarez? Come sarebbe cambiata l'estate mediatica senza la fortunatissima intuizione giornalistica di Mauro Suma che a maggio fece fare a Massimiliano Allegri, negli studi di Milan Channel, l'identikit di un ipotetico Mister X? E cosa (non) sarebbe successo se l'allenatore campione d'Italia, invece di stare al gioco, avesse risposto: "Di mercato se ne occupa la società"?

 

La ricostruzione storica dell'estate che abbiamo alle spalle è precisa e scandita dagli eventi, senza misteri, ma con qualche illusione e - di conseguenza - qualche disillusione finale. Allegri aveva un top-player in mente e sul taccuino: uno che giocasse alle spalle delle punte e consentisse di far tornare Boateng a centrocampo, andando così a colmare il vuoto di Pirlo, sia pure non nella medesima posizione e con caratteristiche assai diverse. Dunque, Hamsik è stato abbandonato per ragioni "politiche": nella Napoli dell'immondizia, del nuovo sindaco avversario e dell'invasato De Laurentiis, Silvio Berlusconi non poteva andare a compiere sgarbi. Fabregas invece è stato abbandonato di fronte ala sua insuperabile volontà di tornare a casa, in Spagna, a Barcellona, dopo gli anni londinesi. Non c'era un terzo top-player che valesse un investimento considerevole come quello ipotizzato per Hamsik e Fabregas. Il Milan resta sulle tracce di Ganso per gennaio o per giugno 2012, ma Ganso resta un giovane di gran belle speranze, non certo un top-player già pronto per quanto bravo.   

 

La crisi economica mondiale sommata a quella italiana dove incombeva la nuova Finanziaria, il lodo-Mondadori e l'oggettiva difficoltà di un mercato complesso, hanno indotto Arcore e via Turati a cautelarsi già a luglio, con un campione di seconda fascia. Quando ci disse una talpa dalla sponda rossonera (e scrivemmo): "Un centrocampista il Milan lo ha già bloccato", gli abbiamo creduto. Non riuscimmo invece a dare credito a un'altra "soffiata" contemporanea di un grande direttore sportivo, che ci rivelò: "Il Milan ha in mano Aquilani". Come abboccare? In quei giorni eravamo a Cortina a seguire (tra gli altri) il ritiro della Fiorentina e ogni giorno i siti viola, " La Nazione", radio, tv, giornali davano Aquilani ormai fatto e Montolivo in viaggio verso Milano... Avevano ragione la talpa rossonera e il direttore sportivo. E' tremendo, questo meraviglioso mestiere di giornalista sportivo, quando avvicini i polpastrelli ai fornelli roventi del calciomercato.

 

A parte Nocerino che arriva per sopperire all'emergenza-Flamini, quello che doveva fare il Milan lo ha fatto per tempo, con grande anticipo. Un centrale, un esterno, un centrocampista e una punta si sommano nell'anno solare agli arrivi di Cassano, Van Bommel ed Emanuelson sul conto del quale continuiamo ad avere fiducia. Cassano sembra essersi dato una mossa, è stato sul piede di partenza, ma né Genoa né Fiorentina se la sono sentita di scommettere. Cosa che suo malgrado dovrà fare Allegri.

L'errore del club, convinto per buona parte dell'estate di poter centrare l'obiettivo di un top-player, è stato quello di abbassare il profilo - nelle dichiarazioni pubbliche - soltanto nelle ultime settimane. La comunicazione è fondamentale, crea aspettative e alimenta i sogni, si ritorce contro quando passa il messaggio dell'aumento delle tessere di abbonamento a San Siro al termine di una campagna-acquisti a parametro zero o quasi. Lo stesso errore fu fatto nel 2009 nella vicenda-Kakà. Nel calcio, nel calciomercato, qualche volta non basta o non serve neppure l'esperienza accumulata in 25 anni di lavoro e di vittorie, di investimenti e di grandi opportunità. Come quella che avrebbe potuto portare a Milanello saldi tipo Diarra o riportare il figliol prodigo Kakà, appunto. Per chi vuole continuare a sognare, fra 4 mesi ci risiamo, col mercato.

In queste condizioni, il Milan resta favorito per lo scudetto, ma lontano da 2 o 3 squadre di Champions. Il termometro misurerà la temperatura europea rossonera tra sole 2 settimane al Camp Nou: se Pato e Ibra vinceranno qualche partita da soli come fanno in campionato, ma come non hanno mai fatto oltre i confini, beh non è detto che un Uruguay italiano possa inserirsi a sorpresa tra gli attesi Brasile e Argentina spagnoli e inglesi.

Il discusso editoriale di una settimana fa sullo sciopero che avevamo definito "giusto", ha avuto non poco seguito nel weekend successivo tra opinionisti, gli stessi presidenti, giocatori, tifosi, ormai in buona parte convinti a loro volta che la colpa di questo casino immane sia dei presidenti appunto più che dei calciatori. Dopo che Moratti ha piazzato sulla testa di Gasperini la solita spadona di Damocle, dopo che Zamparini ha imitato Cellino cacciando l'allenatore in pieno warm-up, dopo che tutta quella banda di ricchi arroganti che compone la Lega calcio ha fatto la figura dei falsi e degli spergiuri, ci resta la consolazione che quel messaggio sia passato in modo chiaro, inconfutabile: a fregarsene dei tifosi e del pallone, dei diritti altrui e del buonsenso, sono i presidenti, non i giocatori. E sono i presidenti, non i giocatori, a determinare le fortune o le rovine di questo sport. Infine ma non per ordine d'importanza, due parole sull'esclusione di Filippo Inzaghi dalla lista per la Champions League: tale scelta potrà avere migliaia di motivazioni ma, concedetecelo, noi non l'assecondiamo e non la capiamo.