Crisi Milan: tutto ha un'origine. Le colpe a metà di Galliani e Allegri
E’ stata definita la partita più brutta della stagione, il match che ha mandato in crisi il Milan, l’incontro che ha compromesso squadra e allenatore. Con due settimane a disposizione per analizzare la debacle e non avendo la possibilità dell’immediato riscatto, il Milan è stato bersagliato dai peggiori commenti degli ultimi mesi, addirittura si è messo in discussione il tecnico, lo stesso allenatore che ha riportato scudetto e Supercoppa italiana in bacheca dopo anni di digiuno. La trasferta di Torino ha senza dubbio evidenziato che l’allenatore di Livorno ha compiuto delle scelte discutibili, come tenere Antonini in panchina, oppure lanciare dal primo minuto Boateng anche se la forma fisica non gli consentiva di giocare 90 minuti, la sostituzione di Cassano con Emanuelson, ancora evanescente. Ma tutto questo è la conseguenza di una serie di fattori che hanno portato la squadra allo sfinimento. Il problema fisico è una delle prime cause di questo avvio disastroso. Giocare 7-8 gare consecutive, tutte di un certo spessore con avversari competitivi (Napoli, Juve, Barcellona, Udinese, Lazio), e utilizzare gli stessi giocatori per l’impossibilità di attuare un degno turnover, ha portato allo sfiancamento degli undici che da settembre giocano senza conoscere sosta. L’infermeria è sempre piena, l’attacco sempre in emergenza con Robinho che ancora deve esordire, Pato che si è nuovamente infortunato, Ibra appena tornato così come Boateng e non hanno i minuti giusti nella gambe per giocare ogni tre giorni. Il centrocampo è in affanno perché non ci sono ricambi. Seedorf e Van Bommel giocano 3 partite a settimana pur non essendo giovani, in difesa ci sono continui problemi con le assenze a rotazione di Nesta, Antonini, Abate, Yepes e Mexes. Come può un allenatore avere la possibilità di dosare le forze e cadenzarle per tutti gli impegni ravvicinati che propone il calendario? E’ giusto quindi criticare alcune scelte dell’allenatore, ma è anche importante tenere in mente che la Juve può preparare fisicamente e tatticamente un match a settimana, nei minimi dettagli, con tutti gli uomini a disposizione. E’ dunque comprensibile che nella seconda parte del secondo tempo, quando le energie degli undici di Allegri iniziano a finire, c’è stato il sopravvento dei bianconeri.
La domanda quindi non si volge più al mister, che va vanti con le risorse che ha, ma alla società. Perché Galliani non ha rinforzato in estate un gruppo vincente ma comunque logoro? (il Milan ha l’età media più alta d’Europa). Adriano Galliani a giugno ha pensato ad una serie di rinforzi decisi anche in concerto con l’allenatore. Nomi che avrebbero potuto cambiare il volto della squadra e costituire una rosa ancora più competitiva. Poi ad inizio luglio la grande svolta negativa per il mercato del Milan: il “Lodo Mondadori”. A caldo l’amministratore delegato del Milan cercò di non far trapelare preoccupazione, però ammise che il debito che investì la famiglia Berlusconi andava inevitabilmente a complicare le cose. Non era ovviamente una falsità, perché sborsare 570 milioni di euro ha inciso ovviamente sul mercato del Milan. Sono quindi cambiati gli obiettivi e le strategie. Galliani ha corretto il tiro strada facendo puntando ai parametro zero o giocatori low cost. Sono arrivati Aquilani e Nocerino, entrambe ottime operazioni di mercato ma evidentemente non quello che allenatore e dirigente sognavano ad inizio giungo, quando i nomi che circolavano erano quelli di Hamsik e Fabregas.
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