Un Peter Pan ormai diventato (forse) grande
Una vita destinato a far discutere. Come in una sentenza che spacca in due l’opinione pubblica, anche Antonio Cassano divide sempre e comunque i partiti di chi è pro e di chi è contro con un continuo cambio di personalità equiparabile a quella raccontata da Robert Steavenson nel suo romanzo Dottor Jeckyll e Mister Hide.
Le parole pronunciate dopo la vittoria dell’Italia contro l’Irlanda del Nord dove il fantasista di Bari Vecchia ha posto, a conti fatti, nella stagione 2014-15 quella del suo ritiro, hanno suscitato clamore e anche il velato attacco ai giornalisti, rei di averlo massacrato da 13 anni a questa parte, rientra comunque nel suo personaggio perché Cassano è così, prendere o lasciare, senza altre vie d’uscita.
La nazionale sembra fargli bene perché dalla gara con la Spagna, giocata proprio nella sua Bari nello stadio in cui da ragazzino faceva il raccattapalle e ammirava i grandi campioni di una serie A della quale è diventato un discusso protagonista, Antonio è cambiato, almeno in campo, in meglio dando prova di grande maturità in quasi tutte le partite disputate con il Milan in un avvio di stagione molto difficile per i rossoneri.
Adesso la nuova sparata dalla pancia dell’Adriatico di Pescara, una cannonata che lascia sempre il solito dubbio se dietro quella maschera da Peter Pan si nasconda un ragazzo che è cresciuto o che, ancora, continua a cadere in piccoli ma gravi errori che a 29 anni, in teoria, dovrebbero essere superati.
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