La nuova "Ibramania"

La nuova "Ibramania"MilanNews.it
© foto di Daniele Mascolo/PhotoViews
mercoledì 12 ottobre 2011, 20:00Primo Piano
di Francesco Somma

Un tempo, quando si parlava di Ibramania, la prima cosa che veniva alla mente erano ragazzini catturati dalla classe e dall’immagine del fuoriclasse svedese. Gli bastava comprare la sua maglietta, i suoi scarpini fluorescenti, magari farsi crescere un po’ i capelli, e il gioco era fatto. Oggi va diversamente. Certo, ci sono ancora migliaia di giovani matti per il calcio e disposti a tutto pur di somigliare al gigante di Malmoe, personaggio fuori dal comune, ma a questa tendenza se ne sta aggiungendo un’altra, ed è precisamente quella che vede compagni e colleghi di Ibrahimovic, emularlo finanche nelle sue più personali abitudini.
Perché come altro potremmo considerare lo sfogo di Antonio Cassano al termine di una tranquilla (anche troppo) serata di sport come quella andata in scena ieri sera all’Adriatico di Pescara contro la modesta Irlanda del Nord? 3-0, due bei gol del talento di Bari Vecchia, e un’intervista tra il serio e il faceto, rilasciata fianco a fianco con Gigi Buffon: “Fra tre anni al massimo mi ritiro, voglio godermi la tranquillità, questo mondo mi stressa”. Ebbene sì: ecco i nuovi sintomi dell’Ibramania, che dunque non affliggono soltanto i campioni affermati ed insigniti di un palmares di tutto rispetto, ma anche quelli che l’Eden dei fuoriclasse in fondo non lo hanno mai visto, perché gli è sempre mancato qualcosa (la voglia, la professionalità, il talento?), e che pertanto, almeno in teoria, avrebbero ancora tanto da dimostrare.
Pur faticando a comprendere le ormai vecchie dichiarazioni di Zlatan Ibrahimovic, ci riesce più facile rispettarle, perché figlie di un campionato vissuto da protagonista assoluto, e di una stagione che ha visto il n.11 rimanere in campo, da professionista, anche in condizioni fisiche precarie.

Antonio Cassano merita invece una trattazione differente, non soltanto perché in carriera ha vinto un settimo rispetto all’ex Barcellona, ma soprattutto perché fermarsi a 32 anni senza aver mai fatto intendere chiaramente di essere qualcosa in più che un grande talento, vuol dire arrendersi, scappare dall’impegno di dimostrare sempre di più. Dimostrare, forse, di essere ciò che in fondo non è. Dirsi stressati, all’inizio di una stagione impegnativa, è anche una mancanza di rispetto nei confronti dei tifosi del Milan che, ci consentano i signori, quando varcano i cancelli di San Siro vorrebbero ammirare gente pronta ad onorare i colori che indossa, piuttosto che sagome depresse e presunti fuoriclasse voraci di denaro. Ieri Ibra, oggi Cassano, domani Pato? Può essere. Del resto, come semini, così raccogli…