...Fra lacrime e polemiche: un altro calcio ad un pallone che non c'è più

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lunedì 16 aprile 2012, 21:15Focus On...
di Emiliano Cuppone

Dopo un weekend anomalo, triste, passato a riflettere senza campionato, con le bandiere dei tifosi ammainate per rispetto, con le sciarpe che scivolavano dal collo per riapparire appese alla cancellata dello stadio di Livorno, si torna a parlare di calcio. Si è parlato e tanto, forse troppo, di Piermario Morosini, sviscerando la sua vita, scrivendo e raccontando di tutto e di più su questo mediano tutto cuore, abituato più al silenzio ed al lavoro duro che alla ribalta.
Abbiamo avuto il tempo di fermarci a riflettere sul calcio moderno, su quello che si poteva fare o sull’inevitabilità di accadimenti così tragici, abbiamo assistito ad affetto smodato (forse anche un po’ ipocrita in alcuni casi) ed abbiamo visto il cuore gonfiarsi grazie alle lacrime sincere e dirompenti di quella giovane tifosa rossonera.
In questo weekend si sono sovrapposti stati d’animo differenti, rabbia e dispiacere (definirlo dolore sarebbe irrispettoso per chi quel ragazzo lo conosceva realmente e soffre per davvero), abbiamo letto di critiche ad una decisione che ci è sembrata sacrosanta, un moto di rispetto dovuto ed immancabile ad un atleta caduto sul campo mentre ci regalava la gioia settimanale del campionato di calcio.
Poi si è tornati alla realtà, con le cronache ancora piene di fiumi di parole per Morosini, le televisioni sportive che passano in continuazione video ed immagini strappalacrime del numero 25 del Livorno, qualcuno ha avuto il cattivo gusto di litigare su una decisione pressoché ininfluente. Le parole di Franco Baldini pesano e fanno riflettere, si è caduti nel ridicolo, un insieme di presidenti e direttori sportivi che si ritrovano a dover litigare su di uno spostamento di soli 3 giorni, con un’incidenza pressoché pari allo zero sul cammino del campionato.
Si discute su un’interpretazione regolamentare, si convocano assemblee di Lega e si rilasciano dichiarazioni pesanti in un momento del genere.

Il mondo del calcio sembrava essersi fermato per un attimo, essere tornato gioco, umano, abbandonando per un paio di giorni la veste di business per automi dello sport, ma puntualmente ci hanno riportato alla realtà. Il pallone bianco a pezze nere (anche se ormai da tempo non c’è rimasto neanche quel simbolo) ha smesso di rotolare da un bel po’, adesso viaggia veloce sui binari del profitto, parliamo di bilanci e di Fair Play finanziario più che di gol e dribbling.
Abbiamo letto ed ascoltato montagne di parole e pensieri di cordoglio, abbiamo udito toni di voce dimessi in rispetto di una morte precoce e sconvolgente, eppure subito dopo quegli stessi toni sono tornati ad essere forti ed altisonanti, si è tornato a sbattere i pugni sul tavolo, ma per cosa poi? Si è proposto di far slittare il campionato, lasciandone inalterato il corso, una proposta intelligente (per quanto non prevista dal regolamento) che, interpretata in maniera forse un po’ poetica, poteva apparire come un congelamento del corso del calcio a quell’attimo fatale, un attimo di riflessione vero, da cui ripartire a distanza di una settimana. Invece c’è chi si oppone, pensando “egoisticamente” ad un chissà quale ritorno, riportando tutti ai “valori” puramente terreni del calcio moderno, molta meno poesia e più profitto, poca arte e tanti impegni, riempiamo palinsesti televisivi e plan giornalistici, dimenticandoci dei valori del gioco.
Un’altra coltellata alla visione romantica di uno sport che di romantico sembra aver perso ormai tutto o quasi, sacrifichiamo la passione sull’altare del profitto e del risultato, meno gioco e più interesse, se il calcio moderno è solo questo, ridateci le maglie di flanella ed il pallone di cuoio a pezze nere.