Allegri e il Milan, storia senza fine

Allegri e il Milan, storia senza fineMilanNews.it
© foto di Antonello Sammarco/Image Sport
sabato 22 ottobre 2016, 17:32Gli ex
di Giuseppe Bosso
Dagli esordi pisani al tabù da esorcizzare oggi

Un rapporto, quello tra Massimiliano Allegri e il Milan, che va ben oltre i tre anni e mezzo passati dal tecnico livornese sulla panchina rossonera. Iniziato in un caldo pomeriggio di giugno 1989 nei minuti finali di Pisa-Milan, quando il poco più che ventenne Max calca per la prima volta i campi della serie A, nella giornata in cui i toscani retrocedono matematicamente in serie B battuti da una doppietta di Marco Van Basten. Quello stesso Marco Van Basten che, tre anni dopo, nel folle pomeriggio del 13 settembre 1992 vanifica con una tripletta la prodezza del giovanissimo Allegri al primo minuto di gioco nello spettacolare Pescara-Milan 4-5. Poi, nel dicembre 1993, con la maglia del Cagliari, spaventa San Siro nei minuti finali della gara vinta dai rossoneri per 2-1 che segnerà l’inizio della striscia di 929 minuti senza subire gol per Sebastiano Rossi, che scongiura il pareggio.

Quindi, appese le scarpe al chiodo, e dopo una formativa gavetta nelle serie minori, l’approdo nel massimo campionato alla panchina dei sardi, i primi ammiccamenti con il Milan nella primavera 2009 mentre sta calando il sipario sull’era di Carlo Ancelotti e l’ufficializzazione di un matrimonio nel destino nell’estate 2010.

Tre anni e mezzo di alti e bassi per mister Max, nei risultati e nel rapporto con la società e lo spogliatoio rossonero: lo scudetto vinto nel maggio 2011 allo stadio Olimpico, proprio al cospetto di quel Vincenzo Montella avversario di oggi, la Supercoppa Italiana conquistata a Pechino contro l’Inter tre mesi dopo le pagine più belle dell’album; vittorie esaltanti e spettacolari come il 4-3 in rimonta a Lecce, ma anche k.o. dolorosi in Italia e in Europa; il Barcellona avversario letale in Champions nonostante l’esaltante successo per 2-0 che, nella primavera 2013, illuse nella gara di andata degli ottavi di finale; e poi quel Pirlo poi ritrovato a Torino di cui ancora adesso viene indicato, smentito, responsabile del suo allontanamento dopo il tricolore; e poi Ibra e Thiago Silva ceduti come fulmine a ciel sereno nel luglio 2012, prima avvisaglia dei tempi magri in arrivo; e poi De Sciglio, il capitano del futuro, buttato nella mischia senza tentennamenti; e l’addio degli ultimi immortali Nesta, Seedorf, Inzaghi, Gattuso nel triste pomeriggio di Milan-Novara 2-1; e, una settimana dopo il centesimo gol di un Riccardino Kakà tornato a furor di popolo dopo le delusioni madridiste, quell’altrettanto folle 3-4 al Maipei Stadium che segna la fine di un rapporto ormai agli sgoccioli, tanto da essere già annunciato dallo stesso Allegri prima ancora della fatale sconfitta col Sassuolo.

Quindi, la Juve, dopo la ‘fuga azzurra’ di Conte: lo scetticismo iniziale del popolo bianconero trasformato in cori di giubilo sulla scia di due scudetti e due Coppe Italia consecutivi vinti, una finale di Champions persa a testa alta contro il Barça e, da quando è approdato sulla panchina torinese, un bilancio negli scontri diretti con il suo ex club che impietosamente dice Allegri 5 Milan 0, compresa la finale di Coppa Italia dello scorso anno che nega l’ultimo pass per l’Europa ai rossoneri.  È venuto il tempo di invertire questo trend, mister Montella.