Virdis: "A 19 anni rifiutai la Juve. I miei due gol al Napoli, decisivi per lo scudetto"

Virdis: "A 19 anni rifiutai la Juve. I miei due gol al Napoli, decisivi per lo scudetto"MilanNews.it
© foto di Daniele Buffa/Image Sport
domenica 29 marzo 2015, 17:45Gli ex
di Antonio Vitiello
fonte di Stefano Borgi per Calcio2000 n.207
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Il gusto, si sa, è qualcosa di personale. Il gusto di Virdis, invece, è allo stesso tempo il nome di un ristorante (enogastronomia, per la precisione), piuttosto che un modo di pensare, di vivere. Che, guarda caso, fa capo a Pietro Paolo Virdis, bomber di Cagliari, Juventus e Milan. A far da contorno (così restiamo in tema) Udinese e Lecce. Proprio da qui partiamo.

Scusi Virdis, appendere le scarpette al chiodo quando si è ancora in Serie A non è da tutti... "Vi spiego: che gusto c'è a continuare quando non hai più voglia? Quando non sei più lo stesso? Io amavo molto il mio lavoro e mi dica: che gusto c'è a prendere soldi nelle categorie minori quando il meglio lo hai già dato? Meglio smettere e fare altro".

Eh già, che gusto c'è? Virdis prosegue: "Molti mi hanno rimproverato un carattere difficile, quasi introverso. Io lo definirei tosto. A volte è un bene, a volte un male. Bisogna accettarsi così come siamo. Vede, grazie a questo carattere ho superato momenti difficili: quando a 19 anni rifiutai la Juventus, per esempio. Lo feci perché non volevo lasciare la Sardegna. Poi quell'anno avevamo perso gli spareggi per salire in Serie A, e non me la sentivo di lasciare il Cagliari in B".

Argomento attualissimo, pensiamo noi... la riconoscenza nel calcio. Virdis dimostra che, a volte, il sentimento, la riconoscenza (appunto) conta più di ogni altra cosa. Andiamo avanti. "Altre difficoltà, quando a Torino ebbi la mononucleosi, i reumatismi articolari, insomma... ho vissuto momenti davvero critici. E poi l'ambiente bianconero che non mi perdonava il "gran rifiuto" del '76. In pochi capirono che non c'entrava la Juventus, c'entrava solo l'amore per la mia terra. Però superai tutto, grazie al mio carattere". E grazie anche alla moglie Claudia, cuoca e motore principale de "Il gusto di Virdis", spazio ristretto ma accogliente di 20 coperti, in zona Sempione a Milano. Il menù (ça va sans dire) è in prevalenza sardo: vino Cannonau, malvasia di Bosa, bottarga di muggine (tagliata a lamelle, non grattugiata... mi raccomando). Senza dimenticare i salumi e la ricotta affumicata. Il tutto servito dal bomber di casa: Pietro Paolo Virdis. A proposito, il piatto forte si chiama "la botta del bomber". Un po' di pane guttiau, crescenza a tocchetti e la classica bottarga. Sarà lo stesso Pietro a servirla, con garbo ed eleganza. Come quando giocava. Ah dimenticavamo, e il sommelier? "Sono io - risponde Virdis -. Amo definirmi sommelier da campo, sfrutto la mia passione per i vini e la voglia di imparare. La nostra è una dimensione casalinga, all'inizio facevamo solo degustazione e vendita, ora facciamo anche ristorante".

Facciamo un passo indietro: essere considerati l'erede di Gigi Riva a nemmeno 20 anni, che gusto è? Dolce, amaro...
"Un gusto dolcissimo. Guardi, io ho giocato con Gigi Riva nel Cagliari, ed è stato un grande onore. Seguire le sue orme è stato, allo stesso tempo, una gioia ed una responsabilità.
Certo emergere lontano dai grandi centri di potere non è facile, c'è il mare di mezzo. E non è solo un modo di dire. Se però hai talento, se hai costanza e spirito di sacrificio, ce la fai".

Capitolo Juve. Abbiamo detto del primo rifiuto, il perché, le motivazioni. Ma la cessione all'Udinese? Eppure lei era campione d'Italia...
"Devo dire che la cosa mi sorprese e mi amareggiò. Diciamo pure che non me l'aspettavo. In bianconero avevo vinto due scudetti, una coppa Italia, insomma... i risultati c'erano stati. Però ripeto, non si era creato feeling con l'ambiente, dividerei le colpe 50 e 50. E comunque andai ad Udine dove, dopo un primo anno tartassato dagli infortuni, il secondo feci benissimo. C'era Zico, una società in ascesa, in Friuli si facevano grandi progetti".

E invece, che gusto c'è a salvare Sacchi con un gol a Verona? Senza quel colpo di testa la storia sarebbe cambiata...
"Calma, calma, Sacchi era salvo a prescindere. Berlusconi aveva voluto Sacchi, aveva dato una direzione e lo avrebbe confermato contro tutto e contro tutti. Ed anche la squadra era compatta, convinta del valore di Arrigo. Poi, dopo l'eliminazione in Coppa Uefa (ottobre 1987, Milan-Espanyol 0-2 a Lecce ndr.) la vittoria di Verona arrivò a proposito. Del resto il mio compito era fare gol e feci il mio dovere. Ma Sacchi, credetemi, sarebbe rimasto comunque".

Lei arrivò al Milan nel 1984, con allenatore Liedholm. Differenze tra "Liddas" ed il mago di Fusignano?
"Tantissime, soprattutto nel carattere. Entrambi, però, furono dei rivoluzionari. Non scordiamoci che Liedholm costruì quel Milan che Sacchi portò in cima al mondo. A proposito di allenatori, fatemi ricordare anche Carletto Mazzone. Persona fantastica, l'ho avuto a Lecce a fine carriera. Lui era avanti rispetto agli altri, nel lavoro, nei metodi di allenamento ".

1° maggio 1988: se diciamo che la doppietta di Napoli è il punto più alto della sua carriera?
"Dite bene. Quei due gol firmarono la rimonta sul Napoli e, di fatto, vollero dire scudetto. Ricordo Maradona che, alla vigilia, caricò da par suo l'ambiente: "Oggi voglio vedere solo bandiere azzurre", disse. Ricordo che alla fine la gente ci applaudì, il ricordo più bello fu l'omaggio di quel grande stadio a noi rossoneri. Però, se permette, come punto più alto vorrei citare anche un'altra partita..."

Prego...
"La finale di Coppa dei Campioni con lo Steaua Bucarest del 1989. Entrai dopo un'ora al posto di Gullit, anche se non stavo bene. Ricordo furono i compagni a volere che io entrassi, per far parte di quel trionfo. Pochi minuti e mi feci male di nuovo, però l'importante era esserci. Non lo dimenticherò mai".

Parentesi nazionale. 23 presenze tra Under 21 ed Olimpica. Nazionale A invece... non pervenuta.
"Vuol dire che c'erano giocatori più forti di me. Io rispetto sempre le scelte degli altri. Questo non significa che qualche partita con la nazionale maggiore avrei potuta giocarla anch'io".

Domanda classica: meglio il "suo" calcio o il calcio di oggi?
"Difficile dirlo. Certo, io ho giocato con Zico e Van Basten. Ho giocato contro Platini e Maradona. Era un'altra Italia, in tutti i sensi. Diciamo che il calcio italiano viene da due fallimenti ai mondiali, il periodo non è certo dei migliori. Qualcosina da cambiare c'è..."
Soluzioni?
"Ai miei tempi c'erano meno stranieri, i giovani italiani avevano più spazio. So che oggi il mondo è cambiato, che è impossibile vietare l'ingresso agli stranieri. Ma qualche limitazione si può mettere..."

Giocano Cagliari e Milan, lei per chi tifa?
"Guarderei prima la classifica, gli obiettivi delle due squadre. Chi ha più interesse a vincere, ecco... io tifo per lui".

Nel locale campeggiano due murales, raffiguranti le prodezze del bomber Virdis: dal campo dei Vigili Urbani vicino all'Amsicora, al Cagliari di Arrica e Delogu. Dalla Juve di Boniperti al grande Milan degli olandesi. Non di rado qualche tifoso napoletano, di passaggio a Milano, gli ricorda (gli rimprovera?) i due famosi gol del San Paolo.
A proposito, vede ancora qualcuno dei vecchi compagni?

"L'ultimo che è venuto a trovarmi è stato Mauro Tassotti. E' stato qualche tempo fa, è un po' che non lo vedo. E' più facile che venga qualche giornalista, oppure gente comune con la quale parliamo di tutto. Con grande semplicità".

Virdis, lei è definitivamente fuori dal mondo del calcio?
"Direi di si. Ho provato a fare l'allenatore, il commentatore sportivo, seguo il calcio da spettatore. Ma questo progetto mi prende, mi prende parecchio. Ho sempre avuto la passione di mangiar bene, ricordo che dopo le partite mi concedevo qualche scorribanda gastronomica. Senza esagerare, anche perché non potevo. Mia moglie è piemontese, stiamo allargando la nostra offerta... d'inverno potete trovare bagna cauda e baccalà. Per me, tutto questo, mi creda... ha molto, molto gusto".

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