Catenaccio e rimessa? No, una partita studiata per non essere schiacciati da un avversario più forte. Inzaghi torna al lavoro, con il tempo raggiungerà il suo obiettivo

Catenaccio e rimessa? No, una partita studiata per non essere schiacciati da un avversario più forte. Inzaghi torna al lavoro, con il tempo raggiungerà il suo obiettivo
© foto di Giulia Polloli
lunedì 22 settembre 2014, 12:00Milanello in rosa
di Giulia Polloli

La partita contro la Juventus è stata l’apripista nel percorso di presa di coscienza delle reali possibilità del Milan. Non tanto da parte di mister Inzaghi o della società di via Rossi. Ritengo che le scelte fatte dall’allenatore, l’approccio alla partita, la gestione delle forze in campo, non siano state un fulmine a ciel sereno per nessuno. O meglio. Per qualcuno si. Per tifosi, addetti ai lavori e critici calcistici, la gara del Milan, in quanto giocata di rimessa (o almeno l’idea era questa), non è assolutamente accettabile. Certo, se il Milan fosse reduce da stagioni soddisfacenti e trofei alzati, ovviamente avrebbero ragione. Il Milan degli invincibili, non si preoccupava di studiare l’avversario, non si poneva in posizione di attesa, non faceva scelte tattiche estreme nel tentativo di arginare gli avversari. Semmai, accadeva il contrario. La vittoria nelle prime due partite aveva fatto sperare nell’impresa. Non lo nego, ero tra quelle persone che, sabato sera, un po’ sperava che dopo la danza silenziosa della Juve in attesa di sferrare il colpo mortale, il Milan giocasse d’astuzia o addirittura potesse diventare protagonista di un exploit. Non è andata così. Il Milan si è messo in posizione dimessa, difensiva, attento soprattutto a limitare i danni. Questa è la realtà, questa partita ha aperto gli occhi. I rossoneri contro la Juve hanno osato troppo poco per non rischiare di scoprire il fianco alle incursioni di Tevez e compagni. Questa era la missione, il Milan ci è riuscito per settanta minuti, conquistando l’etichetta di “catenacciaro”, senza carattere, senza idee, ma subendo un solo gol. Poi mettiamoci anche la giornata di grazia di Abbiati, che con la fascia da capitano ha esaltato un pubblico che,  già nel pregara, è stato protagonista di emozioni forti. Lo stadio esaurito, le coreografie, la musica, i personaggi. Tutto questo ha contribuito ad addolcire la pillola amara della sconfitta.

Poi, ovvio, perdere fa male. Se però perdi contro una Juventus in splendida forma e soprattutto sei in un momento storico in cui hai bisogno di tempo per ricostruire, ricompattare, riportare il tuo nome al posto che gli compete negli annali del calcio, prendendo coscienza dello status quo, allora sospiri, ma magari concedi altro tempo ai tuoi colori per poterti dimostrare che, sempre con il tempo, potrai tornare ad essere fiero di portarli tatuati sulla pelle.

Ho visto un Milan che ha sofferto la superiorità dell’avversario, ho visto una squadra che a centrocampo sta facendo i miracoli con pochi ricambi. Ad un certo punto, quando Muntari è rimasto in campo, zoppicante, l’unica alternativa in panchina era Van Ginkel. Il pareggio sarebbe stato un successo, sabato sera, la sconfitta di misura non è il peggiore dei drammi calcistici. Il carattere di questa squadra sta lentamente emergendo da mesi bui. C’è bisogno di tempo, pazienza e fortuna. Soprattutto quest’ultima. Perché se Tevez non avesse trovato lo slancio per proiettarsi a rete e, Abate, avesse continuato a concentrarsi sull’uomo e non sulla sfera, ora saremmo qui a raccontarci altre sensazioni. Il Milan vivrà di alti e bassi, parlare di podio in campionato al momento non è coerente con ciò che stiamo osservando. Entusiasmo e spirito di gruppo vanno amalgamati con le qualità ancora da scoprire completamente dei nuovi arrivati. Solo il tempo, solo questo potrà dirci se la cura Inzaghi avrà davvero fatto effetto. Solo il tempo.