La pazienza è la virtù dei forti. Clarence è stato paziente...

La pazienza è la virtù dei forti. Clarence è stato paziente...
© foto di Giulia Polloli
mercoledì 9 aprile 2014, 00:00Milanello in rosa
di Giulia Polloli

Si doveva ripartire da Genova, così avevo scritto non più tardi di qualche giorno fa, per tentare di chiudere questa stagione almeno con l’onore delle armi e, perché no, di rincorsa verso l’ultimo obiettivo ancora raggiungibile. Il Milan ha vinto, Seedorf è riuscito a superare il suo recente predecessore nella collezione di punti fatti, inanellando la terza vittoria consecutiva che, di questi tempi è un lusso a cui non eravamo più abituati. Non sono certo archiviati i problemi della squadra rossonera, ma almeno arrivano i risultati che, come ben sa chi vive costantemente tra campo e spogliatoio, diventano linfa vitale per un corpo stanco.  La vittoria contro il Genoa arriva dalle giocate di tre uomini chiave. Kakà, autore di una partita non completamente positiva, ma dal cui talento nasce l’assist per il vantaggio. Taarabt, che raccoglie il genio del compagno e fa esplodere i tifosi rossoneri in un urlo quasi liberatorio Honda, che rimane ancora ancorato nel limbo tra l’essere giocatore o semplice comparsa, ma che sta progredendo nella consapevolezza di doversi adeguare ad un nuovo ruolo e ad un calcio distante anni luce da quello russo.  Questi gli uomini che hanno permesso al Milan di arrivare davanti alla porta di Perin e rendere concrete le velleità di riscatto. Ma non solo. La partita di Genova riporta in auge il nome di Mexes, il giocatore sembra completamente trasformato rispetto a quello sceso in campo quasi di malavoglia nelle ultime settimane. Evidentemente ha ritrovato voglia e motivazioni da mettere sul piatto della bilancia anche a fine anno. Evidentemente ha lasciato spazio d’emersione al suo talento o, quanto meno, al suo carattere, che l’ha reso protagonista indiscusso nei momenti in cui il Genoa di Gasperini è partito compatto all’assalto dei pali di Abbiati. E proprio il portiere rossonero, nel novero dei protagonisti della gara, vince l’oro. Gli si cinga il capo con l’alloro dei vincenti, perché la parata su Sturari è stata spettacolare e ben al di là del semplicemente determinante.

Et voilà, avevano chiesto a Seedorf una prova di forza, mettendo sul banco l’obiettivo stagionale a poche giornate dalla fine. E lui, nel suo lento incedere verso l’obiettivo, con la virtù dei forti, quella pazienza che lo porterà lontano nel nostro calcio, ha continuato con la sua filosofia ad istruire la squadra, a lavorare sul corpo e sulle menti dei suoi giocatori, facendo ricordare loro che se sono al Milan, qualche talento dovranno pur averlo. La partita è stata entusiasmante, perché spaccata in momenti dai colori diversi. Dovessi analizzare le sole immagini rossonere non avrei così tanto trasporto. Ma nel complesso il Milan è cambiato, cresciuto, maturato anche. O forse semplicemente è tornato ad essere una squadra compatta che cerca di dare continuità al lavoro degli ultimi mesi. Ora si torna al lavoro, sul campo e dietro ai vetri di via Aldo Rossi. Barbara è all’estero per scovare, nel mare magnum dei possibili investitori, il nome giusto da affiancare a quello della sua famiglia nell’avventura targata Milan. Un partner che dovrà “accontentarsi” di una quota di minoranza che vale 300 milioni. I progetti relativi al nuovo stadio, ai nuovi uffici e legati all’area marketing sono di certo un buon biglietto da visita. Ma non bastano. Nessuno investe su una squadra di calcio se questa non fa ciò per cui è stata assemblata: ecco perché l’obiettivo Europa League diventa prioritario. Perché la rinascita non dovrà partire dalle radici, ma solo dalla potatura dei rami secchi.