Non è la Juventus l’avversario da battere. Ma è con la Juve che qualcosa, nel Milan, è cambiato

Non è la Juventus l’avversario da battere. Ma è con la Juve che qualcosa, nel Milan, è cambiato
© foto di Giulia Polloli
lunedì 9 febbraio 2015, 00:00Milanello in rosa
di Giulia Polloli

Ripartire da una sconfitta, leggendo tra le righe qualcosa di buono, è l’obiettivo che si prefigge Inzaghi anche nell’immediato post-partita. La sconfitta contro la Juventus non fa scalpore perché, evidentemente, è chiaro il divario tecnico tra le due formazioni. A nulla serve, dunque, la guerra di comunicati innescata nella giornata di domenica, con la quale si tende a mimetizzare i dati che escono dal campo. Dal punto di vista tecnico è indubbio che la Juventus abbia le migliori qualità a disposizione per continuare la sua corsa in vetta alla classifica. Esattamente come avevamo sottolineato anche prima della sconfitta, non sono più queste le partite sulle quali il Milan può misurarsi. Fa male, ma è così. Il Milan non è all’altezza dell’avversario, anche se la gara è stata preparata all’insegna del cambio di rotta. Non più una squadra passiva, attendista e pronta a colpire sporadicamente in contropiede. L’atteggiamento tattico di Inzaghi ha evidenziato il tentativo di giocare a viso aperto contro i campioni d’Italia. Un cambio drastico rispetto al recente passato, che però è stato frustrato dalla superiorità dell’avversario. Tenere la squadra alta, ma con un centrocampo abbastanza improvvisato, ha concesso alla Juventus di potersi inserire senza affanno verso l’area rossonera con il suo potenziale offensivo questo anche perché la prestazione degli uomini di Inzaghi non è stata all’altezza. Alex ha sbagliato i tempi di inserimenti e movimenti, Muntari ed Essien non sono pervenuti e, anzi, Muntari ha anche dimostrato di non essere completamente cosciente delle proprie peculiarità. Inzaghi ha chiesto ad Honda di curare Pirlo a uomo, cercando di limitare l’estro del metronomo bresciano, perdendo però così il potenziale del giapponese, imbrigliato nei movimenti dell’avversario. L’attacco influenzale di Menez lascia il Milan privo dell’unica speranza di poter insidiare Chiellini e compagni e anche l’entrata in campo di Pazzini non sortisce i risultati sperati. Certo è che, se Buffon non fosse riuscito a metterci una pezza, Pazzini avrebbe potuto passare ai posteri come l’uomo partita. Il suo tiro infatti avrebbe consentito al Milan di riagguantare il pareggio e, seppur la Juventus abbia ampiamente dimostrato di riuscire nell’intento di un vis a vis frequente con Diego Lopez, il morale dell’attaccante rossonero avrebbe subito un’impennata di adrenalina in grado, magari, di risvegliare vecchi istinti predatori. Diego Lopez ha evitato che il passivo assumesse dimensioni grottesche, ma non è bastato ad impedire che Tevez, Bonucci e Morata finissero in classifica marcatori.

Tiene banco, in queste ore, lo scambio di frecciate tra Galliani e Juventus che, a suon di comunicati, non sembra potersi concludere nel breve periodo. Non voglio entrare nel merito di questioni che conosco marginalmente, di certo però la prima sensazione è quella di un tentativo di spostare l’attenzione dalla partita sul campo vinta con merito dalla formazione di Allegri, a quella che si gioca a livello mediatico. Non è necessario però aggrapparsi a singoli episodi per poter invalidare la sconfitta. Il Milan riparta da ciò che di buono si è visto allo Stadium (e quindi dall’atteggiamento con cui,  finalmente, il Milan si è presentato di fronte all’avversario) nella speranza di ritrovare al più presto i giusti interpreti per poterlo concretizzare anche in un risultato positivo. La sconfitta contro la Juventus brucia nel morale, perché sottolinea che i tempi dell’epopea rossonera sono ormai lontani. Il 2015 rossonero è partito nel peggior modo possibile, con una striscia di risultati da dimenticare. Si dice che una volta toccato il fondo, non si può che risalire. Ma una domanda nasce spontanea: ma questo fondo, quanto ancora potrà essere profondo?