Nuovo stop per Menez. Il secondo in pochi giorni. Benvenga la sosta se serve a riequilibrare le dinamiche tattiche. Essien e Muntari: prove generali per l'assenza di De Jong

Nuovo stop per Menez. Il secondo in pochi giorni. Benvenga la sosta se serve a riequilibrare le dinamiche tattiche. Essien e Muntari: prove generali per l'assenza di De Jong
© foto di Giulia Polloli
giovedì 9 ottobre 2014, 12:15Milanello in rosa
di Giulia Polloli

Il Milan perde Menez. Per la seconda volta in pochi giorni un guaio muscolare lo costringe alla sosta forzata. Insieme a lui Bonventura, che ha rimandato alla prossima convocazione il suo ritorno in azzurro. Se a questo aggiungiamo la poca incisività mostrata da Torres nelle prime gare di campionato, Inzaghi si trova di fronte al primo problema in attacco della stagione. Torna quindi di moda El Shaarawy che, seppur non sia mai stato un caso, secondo le voci di Milanello, è comunque rimasto un po’ tropo a margine di un progetto che invece lo doveva vedere protagonista. Il suo ingresso in campo contro il Chievo ha spaccato la partita. All’inizio la sua prestazione è stata evanescente, i suoi movimenti sono apparsi un po’ impacciati, quasi perso nelle dinamiche tattiche di Inzaghi. Poi alla prima occasione solo il fallo ha potuto fermarlo, favorendo la realizzazione del gran gol di Honda, direttamente da calcio piazzato. Prove tecniche anche in mediana, complice la squalifica di De Jong. Al lavoro in tandem Essien e Muntari, in attesa di poter rivedere gli infortunati di breve e lungo corso. Il reparto centrale è di sicuro quello che richiederà più attenzione nella finestra invernale del mercato. E’ li che la coperta è corta, anche a livello numerico. Inzaghi ha bisogno di qualche giocatore in più e di qualità in mediana, anche per poter sorreggere il gioco offensivo richiesto anche dalla proprietà. Analizzando il primo scampolo di campionato giocato dai rossoneri, Inzaghi merita una sufficienza stiracchiata. Per la serie, il ragazzo si applica, ma con le sue qualità ci aspettiamo di più.

Qualità: si Inzaghi sta dimostrando di averne molte. La sua impronta è nettamente visibile nell’organizzazione di gioco del Milan e, solo proseguendo con il suo lavoro l’allenatore rossonero riuscirà a colmare il gap che separa il buon andamento del reparto offensivo rispetto a quello arretrato. L’abbondanza di difensori a disposizione non coincide però con un tasso qualitativo che li possa rendere intercambiabili. Per questo in questi primi mesi, abbiamo assistito allo schieramento di più interpreti, alla ricerca dell’equilibrio che poi possa trasformarsi in affiatamento e raggiungere un livello di sicurezza adeguato.  Contro il Chievo la coppia centrale non è dispiaciuta. Rimane ancora ai margini dei programmi di Inzaghi l’utilizzo di Mexes, così come l’inserimento di Albertazzi o Zaccardo. Bonera rimane il senatore a cui affidarsi nei momenti di difficoltà, ma le sue ultime apparizioni hanno lasciato ampi margini di dubbio sul suo stato di forma. Imprescindibili appaiono essere De Sciglio ed Abate, perché quando entrambi stanno bene si calano perfettamente nella mentalità offensiva del Milan, con le loro discese in fascia e la loro crescente propensione a diventare assiste di livello.  Un Milan ancora in costruzione dunque, che potrebbe regalare un campionato di livello, ma che ci sembra molto lontano dalla possibile lotta per lo scudetto. Paolo Maldini, intervistato dalla Gazzetta dello Sport nel giorno della consegna del premio Liedholm, analizza in modo pacato e quanto mai verosimile l’anno dei rossoneri: una squadra che può provare a lottare per raggiungere un piazzamento europeo, ma costruita senza grandi progetti futuri e soprattutto con troppi pochi fondi a disposizione. L’equazione dell’ex capitano lascia adito a pochi altri risultati: nel calcio moderno investimenti e risultati vanno a braccetto. Il Milan quindi lotterà con le armi a disposizione e, viste le altre pretendenti, un risultato che vada oltre il terzo posto dovrà essere letto come il valore aggiunto ottenuto dal lavoro di Inzaghi uno che, come pochi altri, è nato pronto per una panchina così prestigiosa.