Una buona prestazione in campo, una vittoria, una nuova identità. Per stemperare il clima di incertezza

Una buona prestazione in campo, una vittoria, una nuova identità. Per stemperare il clima di incertezza
© foto di Giulia Polloli
domenica 5 aprile 2015, 00:00Milanello in rosa
di Giulia Polloli

Il Milan vince contro il Palermo grazie ai gol di Cerci e di Menez. Ma non solo. La formazione di Inzaghi ha finalmente giocato una partita equilibrata, cosa non facile vista la mancanza di certezze che attanaglia la società rossonera. Da mesi ormai il tema principe delle vicende di casa rossonera è la cessione della società a qualche investitore asiatico. Cinesi, thailandesi, non fa differenza. Cambia solo l’entità dell’offerta e la modalità di subentro dopo un’epopea legata indissolubilmente alla gestione Berlusconi. La confusione che regna in questo momento mina le poche certezze della gestione Inzaghi, sempre in bilico su una panchina tanto ambita, quanto difficile da guidare. La vittoria, ottenuta su un campo difficile, dimostra che solo il tempo avrebbe potuto portare a dei risultati, che solo una formazione creata da scelte e non dall’emergenza, avrebbe potuto esprimere un gioco. Da tre partite il Milan sembra aver trovato un’identità, dopo un periodo durante il quale tutto sembrava svolgersi in balìa del caso. Da qualche anno ormai improvvisazione è il termine che meglio descrive la storia della gestione rossonera. Nel senso che non trapela alcun programma, alcuna progettazione del futuro. O meglio: alle parole, troppo spesso, non sono seguiti i fatti, complice la necessità di  poter esser pronti subito per grandi obiettivi, senza però avere una struttura adeguata per poter far fronte alla competizione con gli avversari. In questi giorni con la mente sono tornata al Milan del passato, complice la messa in onda di una puntata di “Sfide” dedicata a Paolo Maldini. Rivivere, anche solo sulla scia dei ricordi, quegli anni ricchi di valori e campioni, oltre che di trionfi su ogni campo, ha lasciato in me molta nostalgia.

Non solo per i mancati successi, quelli fanno parte del gioco, fanno parte delle competizioni dove, chiaramente, non si può essere sempre la squadra più forte. Mi mancano quel senso di appartenenza ed orgoglio legati indissolubilmente alla maglia rossonera. In quegli anni non si assisteva al via vai di giocatori, si formavano zoccoli duri, si formava uno scheletro portante in grado di supportare i nuovi arrivi.  Poi cosa è cambiato? Il Milan si è trovato nella condizione di dover lasciar partire i campioni a fronte di offerte che, teoricamente, ne avrebbero permesso il risanamento e la ricostruzione. I bilanci hanno dettato le linee guida di scelte dolorose, ma il denaro sonante entrato in cassa non è stato foriero di nuove strategie. La politica di affidarsi a colpi di mercato low cost, incorniciati però da ingaggi ancora troppo pesanti, ha portato il Milan ad indebolire, spesso, la qualità della rosa e ad appesantire ugualmente il conto economico alla voce uscite.  Un circolo vizioso nel quale ancora la luce appare un miraggio. Le uniche speranze sono legate al finale di stagione, alla capacità del Milan di Inzaghi di rialzare definitivamente la testa per cercare di raggiungere il punto più alto possibile in classifica. Ma tutto questo potrebbe non bastare e  a questo punto l’unica soluzione plausibile, appare il cambio di proprietà e struttura. Perché non bastano solo nuovi capitali, ma ci vogliono idee nuove ed  innovative. L’idea di avere Barbara Berlusconi nel ruolo di amministratrice delegata, anche in un contesto societario diverso, mi fa pensare alla voglia di mantenere un legame con il recente passato, una sorta di passaggio di testimone che però si basa su ciò che di innovativo è stato fatto nell’ultimo trentennio. Se Berlusconi vorrà rimanere azionista rossonero di minoranza, è normale che a seguire le vicende di quella che è stata una sua creatura, ci sia un membro della sua famiglia. La scelta non mi stupisce, soprattutto in una logica di spartizione dei patrimoni che da sempre vede in competizione su più fronti gli eredi del Cavaliere. Chi subentrerà alla presidenza, ovviamente, vorrà dare nuova linfa alla storia rossonera e di conseguenza è plausibile pensare ad un cambio radicale nella gestione tecnica. Forse per questo, nel novero dei nomi scaturiti, non compare più Galliani.