acmilan - La storia della settimana: non è vero... Franco?

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© foto di Stefano Porta/PhotoViews
martedì 9 gennaio 2018, 18:12News
di Daniele Castagna
fonte acmilan.com

Quando Franco Baresi, il nostro eterno capitano, alzò la sua prima Coppa dei Campioni a Barcellona, il 24 maggio del 1989, avevo 9 anni, e fu anche la mia prima volta, il mio primo amore.

Oggi mio figlio ha 7 anni, e quando sabato abbiamo incontrato Franco a San Siro prima di Milan-Crotone, la nostra prima volta nella Fossa dei Leoni, è stato difficile per me spiegargli il caleidoscopio di emozioni che ha generato tale incontro.
Vista annebbiata, tipo quella notte a Belgrado, cuore che pulsa a martello, come il pressing di Arrigo Sacchi, sudore freddo, come la pioggia coi diavoli inglesi, sorriso smagliante, come la rovesciata di Marco col Göteborg e nel mio stomaco tutti i colori dell’arcobaleno, come quello disegnato dal Genio ad Atene. 

Come fai a spiegare tutte queste cose a tuo figlio di 7 anni?
È un'altra generazione, nel frattempo il calcio è cambiato, e anche il Milan è cambiato; tanto.
Ma in fondo, da Kilpin al Dragone, passando per il Cavaliere in elicottero, i colori sono sempre gli stessi, no?
Il Rosso e il Nero.

È questo senso di appartenenza e comunione l'altra forte emozione che mi ha accompagnato, avvolgendomi come una sciarpa, mentre mi avvicinavo, mano nella mano col piccolo Tommy Nói, occhi e naso all'insù, verso la maestosità di quella creatura pulsante chiamata San Siro, immerso in quei colori che ho cucito addosso, e infine risucchiato nel suo grembo. Questo percorso può sembrare scontato per molti, come per me passare in vespa sotto il Colosseo, ma non lo è per il sottoscritto: un romano milanista, un orfano senza casa, la nostra casa, la casa di tutti i suoi tifosi sparsi in giro per il mondo.
E mentre cercavo di immaginarmi dietro gli occhi di mio figlio, per scrutare tutto con la meraviglia incontaminata dei bambini, mi sono accorto che proprio dietro ai miei occhi si risvegliava quel fanciullo che ero e che non mi ha mai abbandonato.
Quante gioie ed emozioni mi hai regalato mio vecchio caro Milan; ed è come se tutte le tue vittorie e trionfi, così come le sconfitte e le delusioni, fossero state anche le mie, anche le nostre.
Perché non bisogna mai dimenticare che nella storia del Diavolo c'è anche l'inferno. E solo coloro che l'hanno attraversato, hanno acquisito quella forza e quella consapevolezza necessari a superare ogni difficoltà e tornare a risplendere, più splendenti di prima.

Non so se le nuove generazioni di milanisti riusciranno a vincere tutto quello che abbiamo vinto noi, ma sono certo che solo coloro che saranno capaci di attraversare l'inferno a testa alta e petto in fuori, potranno affermare di aver indossato veramente i colori Rossoneri... non è vero Franco? 
P.S. La Serie B è un vanto non è un'onta.
Un farmacista malato di Milan.

di Luigi Lambertini