Biasin: "I soldi del Milan ci sono: ecco chi li ha davvero (da lì nascono i problemi)"

Biasin: "I soldi del Milan ci sono: ecco chi li ha davvero (da lì nascono i problemi)"MilanNews.it
© foto di Federico De Luca
martedì 21 marzo 2017, 08:24News
di Enrico Ferrazzi
fonte di Fabrizio Biasin per TMW

“Non prendiamoci per il culo, c’è sotto qualcosa di molto losco”. Il popolo rossonero, prima diviso (più o meno) a metà tra possibilisti e negazionisti, piano-piano sta convergendo in massa nel gruppone degli stra-scettici. Sapete che c’è? Non potrebbe essere altrimenti. La situazione è talmente complicata che anche solo “provare a spiegarla” ti iscrive di diritto nel club di quelli che “raccontano cazzate”.
Per chi non l’avesse capito qui si parla del micidiale closing-Milan.
Ora, chi scrive prova a raccontare quello che ha capito, ben sapendo che ormai ogni tipo di spiegazione deve scontrarsi con i “dati di fatto” e cioè, che nulla di quello che “doveva accadere” sta accadendo.
Partiamo sfruttando l’aiuto del “Wall Street Journal”, quotidiano assai prestigioso che proprio l’altro giorno ha spiegato come nel 2017 gli affari sull’asse Cina-estero siano calati di oltre il 90% a causa del famoso “blocco” imposto dal governo. Questa cosa ha chiaramente complicato i piani del sciur Li, che – parola sua – aveva raccattato tutti i quattrini necessari per comprare il Diavolo e ora fatica a metterli insieme, dovendo pescare dalle “miniere” poste fuori dal confine cinese.
Fin qui la tiritera che tutti già conoscete e che include una questione ancor più imminente: arriveranno i famosi cento milioni della terza caparra, indispensabili per completare l’affare il 7 di aprile? La problematica delle ultime ore (ci limitiamo a riportare quel che esce dal palazzo rossonero) è che nuovi problemi di carattere burocratico avrebbero bloccato i quattrini prestati dalla Bank of East Asia e attualmente fermi alle Isole Vergini, laddove il grano può transitare senza che i cinesi mettano becco.
Il malloppone è teoricamente atteso per oggi, forse domani, forse chissà quando e comunque non cambierebbe di molto l’umore degli scettici, preoccupati per il presente ma soprattutto per il futuro: “Se i soldi arrivano mille lire alla volta, come si fa a fare mercato?”. Risposta: “La Cina presto dovrebbe tornare all’antico e in ogni caso raccogliere 150 milioni per gestire la stagione 2017/18 non sarebbe un così grande problema.

In fondo i conti si chiudono l’anno prossimo”. Anche in questo caso, ovviamente, servirebbe un atto di fede.
Meglio sarebbe, quindi, pensare al presente, a Donnarumma che dice “io spero di restare, al resto pensa il mio agente” (brivido…), a giocatori come Deulofeu e Pasalic che nell’ottica di un Milan “ancora berlusconiano” andrebbero acchiappati in fretta, ai rinnovi di Suso e Romagnoli, a tutta una serie di questioni che “meglio farle ora prima che qualcuno decida di approfittare dello stallo rossonero”.
Tornerebbe tutto nelle mani dell’ex Cav, un signore che “deve vendere” per volontà familiare, ma che Forbes (classifica freschissima) colloca al 13° posto – primo degli italiani – nella top 20 dei presidenti più ricchi dello sport a livello globale, con un patrimonio stimato di 7 miliardi di dollari.
C’è speranza che qualche briciola finisca a rinsaldare il gruppo-Milan? Poche. Ecco che allora ci si riattacca al nome non di un nuovo avventuriero cinese, bensì di Renzo Rosso, anche solo per mettere in piedi una partnership di minoranza. Tifoso rossonero e sponsor del club, il patron di Diesel è l'11esimo uomo più ricco d'Italia con 3,2 miliardi di dollari, considerazione che – come sempre – significa tutto e niente: molti hanno quattrini, pochi hanno voglia di spenderli.
E torniamo a monte: c’è in ballo una qualche truffa milionaria? Un tentativo di fregare i tifosi del Diavolo? No, almeno per chi scrive non c’è. Ma tutto questo non è sufficiente per dire “se non chiuderemo con i cinesi allora pazienza, saremo stati sfortunati”: se pretendi un miliardo da un prodotto che vale poco più della metà (debiti compresi), allora aspettati non gli imprenditori, ma gli speculatori, con aumento esponenziale del cosiddetto “rischio” e tutto quel che ne consegue.