G. Galli: "Capello mi rivoleva in porta al Milan. Kakà si è avvicinato più di tutti a van Basten"

G. Galli: "Capello mi rivoleva in porta al Milan. Kakà si è avvicinato più di tutti a van Basten"MilanNews.it
© foto di Daniele Mascolo/PhotoViews
giovedì 4 gennaio 2018, 17:47News
di Thomas Rolfi

Giovanni Galli ha parlato ai microfoni del sito sports.bwin.it. Ecco le parole dell'ex portiere del Milan sui grandi rossoneri del passato e sulla propria partita migliore e quella peggiore della carriera.

Se lei potesse dare un Pallone d’Oro alla carriera chi sceglierebbe tra Franco Baresi e Paolo Maldini?
“Mi mette in difficoltà perché, a parte che sono stati due campioni, sono stati due carissimi amici. Sono due persone che stimo. Alla carriera se ne danno più di uno: per esempio anche Gigi Buffon non meriterebbe un Pallone d’Oro? Si sta parlando di giocatori che hanno fatto la storia del calcio, per quello che hanno conquistato e dimostrato nella loro carriera un premio a questi due straordinari fenomeni rossoneri bisognerebbe comunque darlo”.

Dopo Sacchi sono arrivati Capello e Ancelotti: chi le piaceva di più?
“Io con Capello dovevo tornare al Milan, finita la mia parentesi al Napoli. Lui mi voleva fortemente al Milan e voleva che io ritornassi a fare il portiere nei rossoneri. Purtroppo poi non ci furono i presupposti tra Napoli e Milan e tutto saltò per aria. Io rimasi ancora una stagione negli azzurri. Ritengo che Capello avesse una grande fiducia nel sottoscritto; lui è stata una persona molto abile perché ci sono allenatori che allenano la squadra sul campo, ed altri che la allenano nella testa. Lui è stato molto bravo a sfruttare e utilizzare il lavoro di Sacchi allentando un po’ le pressioni sul campo, però facendo in modo che i suoi calciatori si sentissero più responsabili. Per cui ha raccolto sulla falsariga del calcio di Sacchi ed ha portato quello che era il suo carattere, la sua determinazione e la sua cattiveria, tutte cose che ha aggiunto ad una macchina che stava andando già molto bene.
Su Carletto che cosa devo dire… Carlo è un fratello, un amico. A lui scivola tutto via di dosso: fai fatica a vederlo sotto pressione o sotto tensione. Si ha quasi la sensazione che abbia già vissuto tutto o perlomeno abbia la soluzione a tutto. Ha un rapporto straordinario con i suoi calciatori. Si sta parlando di allenatori vincenti e diversi tra loro e questo conferma ancora di più la mia tesi. Quando parlo con Arrigo Sacchi di calcio – nonostante la sua rivoluzione – si vince in tante maniere a pallone, altrimenti Mourinho non avrebbe mai vinto. Per cui tutti questi grandi mister hanno una qualità tale in grado di portarti alla vittoria; pensando che ovviamente bisogna avere anche gli strumenti adatti, e mi riferisco alla società e ai giocatori ovviamente”.

Marco Van Basten: al Milan tra Shevchenko, Weah e Kakà chi è che l’ha avvicinato di più?
“Marco era unico. Marco era un giocatore elegante, un giocatore bello al di là dell’estetica stessa nel vederlo correre, nel vederlo muovere. Stilisticamente poi era perfetto, non aveva rivali se si pensa che a 28 anni lui aveva già vinto il Pallone d’Oro tre volte. E già questo ti dà l’esatta dimensione del calciatore. Poi io avevo una predilezione per Kakà, perché Ricky era un altro giocatore che mi piaceva per il suo modo di stare in campo, per la sua eleganza. Mi piaceva la sua faccia pulita: per tanti aspetti se lo accosto a tutti questi, Kakà ti devo dire che è stato per me il migliore. Io il brasiliano lo metto al primo posto”.

Qual è stata la partita più bella e quella peggiore della sua carriera?
“Forse la più importante è stata quella di Belgrado, contro la Stella Rossa, dove parai dei calci di rigore che ci permisero di superare il turno e da lì iniziò poi la storia del Milan di Berlusconi. La peggiore sotto il profilo della critica direi che fu quella col gol di Maradona ai Mondiali. Ma non importa”.