Pirlo è Pirlo e Kakà sarà sempre Kakà: scopri le differenze

Pirlo è Pirlo e Kakà sarà sempre Kakà: scopri le differenze
giovedì 19 gennaio 2017, 20:45News
di Redazione MilanNews
fonte di Max Bambara per derbyderbyderby.it

L’empatia non c’è mai stata. La condivisione nemmeno. La passione era impossibile e l’amor platonico ancor meno. In realtà, l’irriconoscenza di Pirlo (che in una intervista alla Stampa, ha dichiarato candidamente di aver tifato Juve nella finale di Supercoppa a Doha) ha una sua spiegazione logica. Pirlo non è mai stato quello che i milanisti amano definire “uno di noi”. Non poteva esserlo per via del suo carattere glaciale e distaccato, totalmente in antitesi con la passionalità del milanista medio. L’ateismo dei sentimenti ha sempre trionfato in Pirlo: giocate meravigliose e gol indimenticabili in maglia rossonera, conditi da esultanze personali, autoreferenziali, distaccate dal pubblico esultante. Una gioia per sé stesso che faticava a condividere con gli altri. C’è un libro pubblicato qualche anno fa in cui Andrea ha svelato tanto di sé ed in cui, singolarmente, il pronome “io” veniva quasi sempre messo in rilievo rispetto al pronome “noi” inteso come squadra, gruppo, appartenenza. Pirlo è stato, per i milanisti, l’esatto contraltare di Kakà. Entrambi baciati dal talento, entrambi meravigliosamente dotati di quel sano pizzico di follia calcistica, eppure così diversi negli approcci umani. L’empatia che Kakà riusciva a creare con i suoi tifosi, Pirlo non l’ha mai nemmeno capita. Non poteva comprenderla, perché ci sono universi umani troppo distanti per incontrarsi e ci sono percorsi dell’anima che non tutti sono in grado di seguire. Il milanista è diverso dallo juventino. Mentre per il primo la parola d’ordinanza è passionalità, per il secondo conta prima di tutto un verbo: vincere.

Non importa come, né in che modo, solo la vittoria come parametro valutativo assoluto. Pirlo, a Vinovo, ha probabilmente trovato tanto del suo modo di essere. Kakà, lontano da Milanello, non è mai più stato Kakà. Non a caso l’addio di Pirlo al Milan fu vissuto come un semplice non rinnovo contrattuale, all’epoca molto condiviso fra i tifosi. La cessione di Kakà no: fu uno squarcio nel petto, una ferita profonda, un dolore nella carne. Così diversi, così lontani: due grandi giocatori che hanno giocato assieme ma che hanno vissuto diversamente il loro rapporto con il tifoso milanista. Da Kakà il milanista si è sempre sentito rappresentato. Da Pirlo mai. Il pallone d’oro del 2007 fu vissuto ed è tuttora vissuto come un trofeo da tutti i milanisti. Il mondiale del 2006 no. Per tanti motivi ma soprattutto perché se chiedete al milanista di associare un volto rossonero a quel mondiale, la risposta immediata sarà Rino Gattuso. Passione, empatia, condivisione: sono l’universo del Milan che Pirlo non ha mai colto. Impossibile sorprendersi ora della sua fede sportiva, peraltro molto fredda. Ognuno ha il suo posto ideale nel mondo: quello di Pirlo non era il Milan. Non poteva esserlo.