Gazzetta - Niang: "Ero matto, ora non più. Bacca re dei bomber, e che feeling con Montella. Galliani? Come un padre"

Gazzetta - Niang: "Ero matto, ora non più. Bacca re dei bomber, e che feeling con Montella. Galliani? Come un padre"MilanNews.it
© foto di ALBERTO LINGRIA/PHOTOVIEWS
sabato 24 settembre 2016, 07:28Primo Piano
di Salvatore Trovato

Dopo un paio d’anni "d’assestamento", M’Baye Niang ha finalmente messo la testa a posto, mettendo da parte le mattate. L’ultima, il tuffo in piscina dal tetto di una casa, per poco non gli è costata il Milan. Il francese ha voltato pagina, badando al bene della sua carriera. È un’altra persona, o meglio, un altro ragazzo, vista l’età. E il club rossonero se lo tiene stretto. "Mattate? Tante - ha dichiarato ai microfoni de La Gazzetta dello Sport -, non passava mese senza che ne facessi una. Ma la peggiore è stata l’incidente in macchina, a febbraio: quella che mi ha fatto dire basta. Il tuffo dal un balcone? Ma lì per lì quella per me non era una mattata: l’ho capito dopo. Una inedita? Non esiste. C’è chi ne fa un sacco e non se ne sa mai nulla, invece le mie si sanno tutte: o sono sfigato, o le nascondo male. Anzi, invece di nasconderle pubblico un video... Ma basta così, l’ho promesso a me stesso. E se l’ho fatto è perché so di poter mantenere".

Con ogni probabilità, Vincenzo Montella ha giocato un ruolo fondamentale nel processo di maturazione di Niang: "Dumas, il mio allenatore al Caen, mi ha insegnato a non avere paura in campo; Allegri mi ha spiegato l’importanza della tattica; Gasperini mi ha rilanciato; Mihajlovic mi voleva già al Torino, lui è simile a Montella. Ecco, con il mister ho un feeling a pelle perché mi ha fatto sentire che mi vuole, dal primo giorno. Mi ha messo al centro del suo progetto: mi parla se ho bisogno o se sbaglio, si interessa a me. Prova affetto per me, vorrei dire. Ci siamo detti cosa ci aspettavamo l’uno dall’altro e continuiamo a farlo. E non è vero che il suo calcio è cambiato rispetto a Firenze: ha solo adattato il suo possesso palla ai giocatori che ha".

E che dire di Adriano Galliani? Beh, basta ascoltare il pensiero di Niang: "È come un secondo padre. Ricordo a memoria le sue prime parole: 'Sono venuto a Caen per tornare a Milano con te, e stasera torniamo insieme'. Con un volo privato: per forza non ci ho dormito la notte. Galliani è come Florentino Perez, chi non lo conosce? Beh, era lì per me e io avevo la valigia già pronta... Poi è arrivato il tempo dei tanti amici. 'Che bello', dicevo, ma volevano il mio male: sapevano che era dietro l’angolo e però mica mi dicevano "M’Baye, questo no". Galliani sì, senza urlare: "M’Baye, nel Milan non hai il diritto di sbagliare. Sei giovane, ma non puoi fare le cose che fanno quelli della tua età". Un Milan senza Galliani? Faccio fatica a immaginarlo: nel caso, mi mancherà molto".

Dagli affetti al campo, quindi al ruolo. Seconda punta o esterno? Per il francese non fa differenza, forse... "Io centravanti lo sarò sempre, perché sono nato così nelle giovanili. Poi in Italia ho fatto subito l’esterno e non è stato facile: riavvicinato alla porta da seconda punta, ero felice come un bambino. Ma sono felice pure adesso, mica faccio più l’esterno da quinto: difendo ma un po’ meno, e così ho più forza per attaccare. E comunque dove giochi, giochi: certe cose non le dimentichi, centravanti lo sei dentro. Anche se sbagli certi gol davanti alla porta come ho fatto contro la Lazio... La mia prima rete in campionato contro il Verona? Non avevo dimenticato: non mi veniva in mente. Me la ricordo: a porta vuota, dopo contropiede di Iago. Più importante che emozionante: a quasi due anni e mezzo dal debutto in A in campionato dovevo ancora segnare. Il gol più emozionante? Quello nel derby dell’anno scorso: come un’esplosione, sentivo che era tutto troppo. E ho lasciato uscire tutto".

E poi c’è quell’altro gol, quello sfiorato e che avrebbe potuto cambiare la sua carriera, ma anche le sorti del Milan. Il palo colpito al Camp Nou: "Mi ricordo chi aveva deciso che fosse palo: Dio. Se Barcellona-Milan si rigioca domani, magari stavolta sceglie che il mio tiro dopo aver picchiato lì vada dentro. E magari tre anni e mezzo fa aveva deciso di no per il mio bene: forse mi sarei montato la testa. Lo prego tutti i giorni: cinque volte per 2-3’, non di più. Un desiderio più che un dovere, altrimenti eviterei: i miei genitori non mi hanno mai minacciato con un bastone per costringermi a farlo. Prima di una partita non chiedo di vincere, altrimenti dovrei far pregare venti persone: chiedo di non farmi male. Senza salute non c’è lavoro, se hai la salute e il lavoro non ti serve altro".

Il futuro di Niang, dunque, è al Milan. L’Inghilterra, per il momento, può aspettare: "La Premier poteva essere e un giorno spero sarà: giocare lì è un mio sogno, il calcio giusto per il mio stile di gioco. Poteva essere due volte: la prima quando scelsi il Milan, anche se il Caen aveva già accettato le offerte di Arsenal e Everton. La seconda a gennaio, due-tre giorni prima del derby. Mi chiama il mio procuratore: "Il Leicester ha fatto un’offerta al Milan". "E loro?". "Per loro non ti muovi". Anche per Mihajlovic: "Stai qui e fai pure gol nel derby". Rimasi, e senza rimpianti. Anche dopo il titolo del Leicester, tanto il rischio era di fare la riserva di Vardy: lì sono pieni di soldi, ti pagano 20 milioni e poi magari non ti fanno giocare".

Al Milan, invece, Niang non è la riserva di nessuno. È un titolate e fa coppia-fissa con Carlos Bacca, il bomber di questa squadra: "Se c’è Carlos davanti alla porta io smetto di correre, tanto non c’è respinta. E se non fai gol tu, sai che lo farà lui. Ti da tante soluzioni, difende anche nella nostra area e se arrivo fino sul fondo va sempre nella mia zona per farmi recuperare. Che non giochi per la squadra è una scemenza: vero è che il nostro pressing inizia da lui, e se non lo fa andiamo in difficoltà. Comunque la classifica marcatori la vince Carlos: 5 gol contro i 6 di Icardi, ma giocando e tirando meno di lui. Serviamolo di più e tirerà di più".