La delusione più grande

La delusione più grandeMilanNews.it
© foto di Alberto Lingria/PhotoViews
giovedì 15 giugno 2017, 21:10Primo Piano
di Pietro Mazzara

Scrivere a freddo fa sempre bene, perché ti permette di realizzare quello che è successo. Gianluigi Donnarumma, a livello tecnico, non è più un giocatore del Milan, nonostante il suo contratto scada il 30 giugno 2018. I segnali degli ultimi giorni erano nebulosi, ondivaghi, che ora facevano pensare ad un esito positivo, mentre altre volte prevaleva il pessimismo. Già, quest’ultimo, alla fine, si è dimostrata la pista giusta e che poi è prevalsa nella decisione del giocatore, ancor prima del suo procuratore. Già, perché nel vertice di qualche giorno fa al Monte Carlo Bay Hotel tra i cugini Raiola, Gianluigi e papà Alfonso, è stata partorita la decisione di interrompere il rapporto con il Milan. Una decisione figlia di numerose sfaccettature, che unite insieme, hanno portato al disegno finale. Dal bacio alla maglia allo Juventus Stadium all'inespressività degli ultimi giorni. Certi gesti, hanno un significato.

IRRICONOSCENZA -  Nel corso di questa trattativa si è fatto spesso riferimento alla riconoscenza che Donnarumma jr. avrebbe dovuto dimostrare al club che, effettivamente, lo ha reso quello che è oggi. Il talento, da solo, non basta e senza preparatori dei portieri ampiamente qualificati come Abate, Ragno, Bianchi e, soprattutto, Alfredo Magni, le sue doti non sarebbero emerse in maniera così evidente, chiara e netta. Rimane difficile credere che Gianluigi non ci abbia pensato, perché lasciare il Milan vuol dire lasciare la tua chiesa, quella nella quale tu sei dio e ogni parola contro di te, anche in caso di errore, era considerata una bestemmia. Ma si sa, quando i mercanti entrano nel tempio, c’è sempre la possibilità che la fede diventi perdizione, che l’amore per i colori per i quali hai tifato sempre da bambino cambi. In un mondo perfetto, dopo il pressing a tutto campo di Mirabelli, oggi Fassone avrebbe dovuto annunciare il rinnovo. Invece no.

SEGNALI -  I suoi silenzi, il suo sviare il discorso, il suo esser marcato stretto dal suo entourage in ogni situazione mediatica doveva far riflettere. Così come l’intervista su GQ, non tanto per il contenuto, ma per la dinamica. Esattamente come fece nel 2006 Andriy Shevchenko, che affidò a Vanity Fair la sua ultima esternazione da giocatore del Milan. Analogie di due cessioni dolorose. In certi casi, il silenzio non è d’oro, ma fa più rumore di un concerto heavy metal. “Sull’amicizia e sulla lealtà, ci abbiam puntato pure l’anima. Per noi chi l’ha fatto? Chi per noi lo farà?” cantavano gli 883 ne “La dura legge del gol”. In questo caso ha prevalso la dura legge del cash.