Milan-Gustavo Gómez, fine (vicina) di un amore mai nato

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© foto di Daniele Mascolo/PhotoViews
domenica 14 gennaio 2018, 21:00Primo Piano
di Daniele Castagna

Cronaca di un amore mai nato. O meglio, le vicende di un rapporto sbocciato in silenzio, consumatosi in silenzio e prossimo alla chiusura in silenzio. La scintilla tra il Milan e Gustavo Gómez non è mai scoccata, in una sequela di incomprensioni ed incompatibilità. Gustavo non era e non è ciò di cui il Diavolo aveva ed ha bisogno, i rossoneri non erano e non sono la piattaforma adatta per il decollo definitivo della carriera del paraguaiano. Ma dove nascono gli errori? 

IL PRIMO ANNO - Alla ricerca di un centrale roccioso da affiancare ad Alessio Romagnoli, il Milan decide di pescarlo in Sudamerica, precisamente in terra albiceleste. Il 5 agosto 2016 l’ex amministratore delegato Adriano Galliani chiude ufficialmente la trattativa Gustavo Gómez con il Lanús, club da poco incoronato campione d’Argentina. Il paraguaiano, dopo un’annata esaltante e conclusasi con il trionfo del campionato, coglie la palla al balzo e prova l’esperienza che, dall’altra parte dell’oceano, chiamano “once in a lifetime”. Un treno da prendere al volo, un’avventura unica nel calcio europeo con la maglia del Diavolo, una chiamata alla quale non si può replicare con un no. A Linate arriva da solo con uno zaino in spalla, una maglia nera ed un cielo grigio, colmo di nubi: un’immagine che, un anno e mezzo dopo, ritrae perfettamente la sua esperienza al Milan. L’esordio è al San Paolo, in un’atmosfera calcistica che potrebbe riportarlo con la testa alle sfide con Newell’s e River: un disastro. Il Napoli dilaga per 4-2 con le doppie doppiette di Milik e Callejon, mai presi dalla retroguardia rossonera. Ma il classe ’93 si rialza, portando avanti la stagione con 19 dignitosissime presenze. E un trofeo in bacheca, non un dettaglio qualunque, la Supercoppa alzata a Doha. 

MONDI DIVERSI - Con l’avvento della rivoluzione cinese, Gustavo Gómez sparisce. Letteralmente. No, non c’è alcuna esagerazione. In 32 gare dell’annata 2017/18 (Serie A, Tim Cup, Europa League e doppio playoff), il nazionale albirrojo è fermo a 10: non presenze, ma minuti. Su 2880 minuti totali giocati dal Milan fino ad oggi, l’ex campione di Argentina tocca appena la doppia cifra: 600 secondi vissuti a San Siro, in Europa League, sul risultato di 4-1 contro l’Austria Vienna e con la qualificazione in banca. Troppo poco, troppo poco per chiunque. Figurarsi per un pilastro della propria nazionale, considerato in Sudamerica uno dei prospetti più interessanti nel ruolo. Con Montella il feeling calcistico non c’è mai stato, nella nuova stagione poi è completamente svanito. Per un difensore abituato a subire gli assalti, difendere “il forte”, marcare duro e contrastare violento, impostare il gioco e guidare la linea è un’impresa fuori dalle proprie capacità. Richieste impossibili da soddisfare. E così le strade si dividono: Montella e Gómez, due rette di pensiero difensivo che non si incontrano mai. Due mondi diversi, due poli completamente opposti dalla difficile convivenza calcistica. Con Gattuso le cose non cambiano, soprattutto perché Rino decide di cementificare la coppia dei centrali, non cambiando praticamente più Bonucci e Romagnoli. Con la carta d’identità dalla propria parte (data di nascita 6 maggio 1993), c’è ancora un mondo intero da conquistare tornando in Argentina: il pressing del Boca Juniors è continuo e, al momento, poche squadre possono vantare uno status superiore a quello degli Xeneize nel fútbol. Una squadra, quella della mitad más uno, costruita mattone dopo mattone per provare a vincere tutto nella nuova stagione, con gli occhi sulla Libertadores che manca da 11 anni. Rientrare in Sudamerica per rilanciarsi per poi tornare, chissà, a difendere in Europa. Milan-Gustavo Gómez, fine (vicina) di un amore mai nato.