#Sheva40 - 173 gol, il rigore più importante della storia del Milan e uno sguardo che è leggenda: auguri Andriy

#Sheva40 - 173 gol, il rigore più importante della storia del Milan e uno sguardo che è leggenda: auguri AndriyMilanNews.it
© foto di Federico De Luca
giovedì 29 settembre 2016, 15:00Primo Piano
di Pietro Mazzara

29 settembre 1976, una data che tutti i tifosi del Milan devono conoscere a memoria per il grande dono che gli dei del calcio gli hanno fatto. Mentre il Milan di Marchioro si apprestava ad iniziare la stagione, in quel di Dvirkivščyna,  un villaggio ucraino del distretto di Jahotyn (Oblast di Kiev) situato a 100 chilometri dalla capitale, veniva alla luce Andriy Shevchenko, uno degli ultimi eroi veri e puri del milanismo. Un idolo, per certi versi anche una sorta di divinità per i suoi fan, con uno storico due aste che campeggiava in curva Sud con il suo ritratto sorridente e la didascalia “il Re dell’Est”. Già, perché Shevchenko, prima di diventare il re della Milano rossonera, prima era diventato lo zar d’Ucraina, esplodendo nella Dynamo Kiev del colonnello Lobanovskyj che lo forgiò come atleta e come uomo, con allenamenti durissimi come, ad esempio, la salita della morte che prevedeva delle ripetute su una strada con una pendenza del 12%. Il sacrificio e la voglia di diventare il numero uno, poi, hanno fatto il resto unitamente ad una fame di gol che, negli ultimi anni, si è vista in pochi attaccanti dell’epoca moderna.

SUBITO LEADER -  Arrivato al Milan in pompa magna (c’è chi dice che il Milan volesse prendere il suo partner d’attacco Rebrov), Andriy non tradì le attese, segnando gol a raffica e dimostrando che i soldi spesi dai rossoneri furono un investimento fruttifero fin da subito. Le prima voci di un interessamento del Real Madrid dei galacticos iniziarono a farsi sentire subito e per i successivi tre anni, Florentino Perez bussò più di una volta alla porta di Galliani per chiedergli quella macchina da gol con il 7 sulle spalle (originariamente si pensava potesse prendere il 10, rimasto poi sulle spalle di Boban) ricevendo però sempre risposta negativa. Perché Sheva era diventato leader tecnico e carismatico di una squadra che, dopo lo scudetto di Zaccheroni, stava cercando una nuova identità.

UNO SGUARDO STORICO -  L’identità giusta, l’alchimia vincente tra il vecchio gruppo e quello costituito dai vari campioni arrivati, venne trovata sotto la guida di Carlo Ancelotti con l’apice raggiunto negli ultimi 11 metri della finale di Manchester contro la Juventus, ovvero il punto più alto mai raggiunto dal calcio italiano in Europa. La camminata di Sheva verso il dischetto, per i tifosi del Milan, è durata un’eternità così come quell’inquadratura televisiva che indugiava sui suoi occhi di ghiaccio mentre cercava di capire se Merk avesse fischiato o meno il via libera alla battuta di quel rigore. Sheva già sapeva che non avrebbe sbagliato, quei sei-sette passi verso il pallone, guardando in faccia Buffon, sono nella leggenda, corsi via in un amen che poi si è trasformato nell’urlo di gioia più forte che i tifosi del Milan, probabilmente, abbiano mai fatto uscire dalle loro gole.

ADDIO IN LACRIME - I 176 gol ufficiali, poi, sono un altro pezzo di storia così come il suo addio, vissuto in maniera passionale in mezzo alla sua gente. Milan-Roma, ultima giornata del campionato 2005-06. Gli sguardi di chi stava in curva, ad un certo punto, si distolgono dal campo perché Andriy arriva in transenna. Ha gli occhi lucidi, ha preso una decisione che, forse, non avrebbe voluto prendere ovvero andare al Chelsea di Abramovich. La Sud è tutta ai suoi piedi, come lo è stata per i precedenti 7 anni, è sono tutti con le lacrime agli occhi. Perché quel giorno si è ammainata la sua bandiera. Ma la sua 7 rimarrà per sempre metro di paragone per ogni attaccante. Tanti auguri Andriy.