...Allegri perde la strada: questione di scelte e non solo

...Allegri perde la strada: questione di scelte e non soloMilanNews.it
© foto di Alberto Lingria/PhotoViews
lunedì 3 ottobre 2011, 19:30Focus On...
di Emiliano Cuppone

La sconfitta avvilente di Torino apre il processo al Milan di Massimiliano Allegri.
Nessuno può esimersi dalle proprie colpe, eccezion fatta forse per il solo Thiago Silva che ci ha messo l’anima e la classe fino al novantesimo, dagli uomini in campo al tecnico, forse soprattutto quest’ultimo, apparso indeciso e frettoloso in una sfida che avrebbe meritato maggiore attenzione tattica.
La fretta del condottiero toscano si traduce nell’inserimento, apparso prematuro, del rientrante Boateng, avulso dal gioco ed impalpabile contro la Juventus, nella scelta di Bonera, gettato nella mischia al posto dell’infortunato Abate, ed in alcune esclusioni apparse incomprensibili.
Il Milan sembra aver perso l’arma vincente che lo scorso anno l’ha portato in cima al campionato italiano, quella grinta, quella cattiveria, quella corsa che gli avevano permesso di dominare in lungo ed in largo la Serie A targata 2010/2011. Le due sconfitte con Napoli e Juventus hanno mostrato in pieno questa regressione, due compagini, quelle di Mazzarri e Conte, che hanno dominato il diavolo sotto il profilo della corsa e della concentrazione, più che sotto il punto di vista del gioco.

Due scoppole che evidenziano la situazione critica in cui versa il Milan in questo inizio di stagione, che ha saputo raccogliere solo due vittorie, contro due avversari decisamente inferiori come Cesena e Viktoria Plzen.
Sembra essere scomparso il Milan dei tre mediani, che lo scorso anno sapeva fare a meno di uomini del calibro di Andrea Pirlo, splendido interprete ieri sera con la casacca bianconera, mostrando come i muscoli e la corsa potessero sopperire alla qualità tecnica.
Il Kevin Prince Boateng “ammirato” ieri sera è l’emblema del cambiamento di questo Milan, da epico lottatore, dirompente per fisicità e tempismo, a molle interprete di una partita in cui non riesce a correre dietro all’avversario, che passeggia per il campo in attesa del pallone, che continua a stazionare davanti all’area avversaria, mentre Pirlo guida la Juve in avanti, mentre Marchisio s’inserisce per fare male ad Abbiati, mentre il Milan ripiega mestamente, con troppi pochi uomini per poter arginare il fiume in piena a tinte bianconere.
Ma se il ghanese può addurre la giustificazione di una condizione fisica non ottimale, Massimiliano Allegri deve accettare la seconda lezione stagionale, prendere appunti di “grinta”, quella che lui aveva saputo mostrare a tutti gli avversari lo scorso anno, perdendo la cattedra in favore di colleghi forse più affamati in questa stagione.
Sbaglia tutto o quasi il livornese, presenta un Milan timido, con Bonera a fare da sparring partner agli esterni bianconeri, superiori per velocità, che non riesce mai a varcare la linea di metà campo, se non per mostrare tutti i suoi limiti in fase propulsiva, sbagliando lo stop sul cambio di gioco come accaduto nel primo tempo. Nel frattempo lo splendido Antonini ammirato conto il Plzen scalpita in panchina, e Taiwo accumula ragnatele al suo fianco, quando avrebbero potuto dare il loro contributo in una partita che si preannunciava tattica e fisica quanto mai prima.
In panchina c’è anche il tuttofare Emanuelson, nel Milan lento ed abulico del primo tempo meriterebbe spazio, ma non al posto dell’unico uomo che sembra poter accendere la luce, quell’Antonio Cassano che è stato tirato fuori dal campo troppo presto, lasciando Boateng a ciondolare sino all’espulsione (incomprensibile agli occhi di tutti se non a quelli di Rizzoli e Chiellini), lasciando Ibrahimovic tutto solo lì davanti a provare a duettare proprio con quell’Emanuelson, che avrà pure tanta corsa, ma ha anche una sagacia offensiva che lascia alquanto a desiderare, se non fosse per l'ottimo assist che serve a Marchisio in occasione del secondo gol bianconero.
Allegri mette El Shaarawy, la sua vitalità ed il suo cambio di passo, in tribuna, lascia Inzaghi a marcire in panchina, mentre il Milan arranca in difesa, senza dare sbocchi alla manovra, lungo, mai pericoloso e spuntato.
Allegri sembra aver dimenticato come si vince, sembra aver dimenticato come ha vinto qualche mese fa, tenendo la squadra sul filo del rasoio, spronando ogni singolo protagonista con il bastone e la carota, senza garantire il posto a nessuno, strappando a forza la grinta anche dal più serafico dei suoi uomini, un po’ come stanno facendo Conte e Mazzarri, coloro i quali lo scorso anno prendevano appunti ed oggi si trovano ad impartire lezioni al loro stesso insegnante.