Carlo Liedholm ricorda papà Nils: "Ha giocato per 12 anni al Milan, i migliori della sua carriera da calciatore"
Intervistato questa mattina dai taccuini de La Gazzetta dello Sport, Carlo Liedholm, figlio del Barone Nils, ha presentato la sfida del cuore del suo papà, Milan-Roma. dicendo: "Non guardo molto calcio. Solo quando ci sono la Roma e il Milan. O il Milan e la Roma".
Soltanto, Carlo?
"Sì, Milan e Roma. Le due squadre, le due città, i due grandi e veri amori del papà, pieni di storie di calcio, scudetti, battute, gol e gioie".
Cosa le raccontava del Milan?
"Tante cose, tanti episodi. Soprattutto la scoperta di Milano. Era arrivato in treno, sei mesi dopo Nordahl. Alla Centrale ad aspettare Gunnar c'erano più di cinquemila tifosi. Le autorità, diceva, erano preoccupate: chissà cosa succederà con Liedholm? E allora per evitare che si bloccasse la stazione, lo hanno fatto arrivare in ritardo. Il Milan quella volta aveva comunicato un orario sbagliato. Poi è andato in Piazza Duomo perché, diceva, quella era la loro piazza, la piazza del Gre-No-Li. Portava fortuna. Tutte le volte che tornavano da un viaggio in Svezia, andavano al Duomo. Milano gli piaceva molto. I monumenti, i palazzi, le strade, l'Arena, San Siro, Milanello. Mi portava spesso al centro sportivo".
Ricorda la prima volta?
"Avevo sei anni, papà allenava i giovani, assieme al suo amico e vice Luciano Tessari. Ricordo Rocco e Rivera. Poi Prati, Maddè, Gino Maldera, il fratello di Aldo. Conservo ancora una foto in cui sto palleggiando con Mario David. Poi, qualche anno do-po, ci siamo rivisti al corso a Coverciano".
Milan e Roma: in fondo al cuore del papà Barone c'era una piccola preferenza?
"Forse leggermente il Milan. Percentuali? Diciamo 51/49. Il Milan gli ha dato molto. Ha giocato 12 anni con la maglia rossonera, i migliori della sua carriera da calciatore. A Milano è diventato allenatore, ha vinto lo scudetto della stella. Ma Roma, città d'arte piena di profumi, è riuscita ad amarlo di più. Quei fantastici, meravigliosi cinque anni, dal 1979 al 1984, hanno cambiato la sua vita e la storia della squadra».
L'aveva scritta con il Milan. Prima come giocatore, poi da tecnico. No, Carlo?
"Il Milan gli è rimasto dentro. Non quello che ha allenato, ma il "suo" vero Milan, quello del Gre-No-Li, di Schiaffino, di Cesare Maldini. Diceva che la squadra del cuore è quella in cui hai giocato. Ha vinto quattro scudetti, mai espulso, né ammonito. Ma da allenatore rossonero ha conquistato lo scudetto della stella, il decimo".
E stasera per chi tiferebbe papà Nils?
"Per il bel calcio, la sua bella vita".

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