Il quarto posto riaccende la voglia di Europa. Juve e Roma fanno suonare un campanello d’allarme che non può più rimanere inascoltato

Il quarto posto riaccende la voglia di Europa. Juve e Roma fanno suonare un campanello d’allarme che non può più rimanere inascoltato
© foto di Giulia Polloli
giovedì 23 ottobre 2014, 16:00Milanello in rosa
di Giulia Polloli

La vittoria contro il Verona consegna al Milan un posto in classifica che inevitabilmente riaccende le speranze per i sogni europei della società di via Rossi. Posizione inattesa, a guardare le premesse, a vedere le prestazioni zoppicanti della formazione di Inzaghi nella lunga preparazione al campionato. Aveva predicato calma ed entusiasmo, Inzaghi, sin dalle prime battute da allenatore rossonero. Qualcuno ne ha prese le parole trasformandole in tormentone. Con l’entusiasmo non si vince, non basta. Vero. Ma è sufficiente a volte per ripartire con il piede giusto in una nuova avventura. Inzaghi l’entusiasta,ma con quella maniacale attenzione ai dettagli che lentamente ci consegna un Milan in completa trasformazione. Con tanti problemi da risolvere, ovvio, nessun miracolo sportivo in quel di Milanello. Semplicemente un gruppo che sta prendendo consapevolezza delle proprie forze. Un gruppo e anche i singoli, proiettati sul palcoscenico mediatico come artefici di imprese per troppo tempo dimenticate. Abate torna ad essere imprescindibile sulla fascia, come se una scintilla avesse riacceso il sacro fuoco dell’autocoscienza, come se guardandosi allo specchio Abate avesse visto oltre il fantasma sceso in campo nell’ultima parte dello suomo corso campionato. Semplicistico addossare le colpe agli allenatori passati, in fondo chi va in campo ha il dovere, oltre che l’onore, di dover dimostrare il proprio talento a prescindere. Rimane il fatto che il Milan ha ritrovato la sua potenza dirompente sulla fascia destra ,che ben si sposa con le caratteristiche del compagno avanzato, quell’Honda che, dopo il primo approccio al campionato italiano, ha capito quali sono le dinamiche con le quali esprimersi, diventando addirittura il capocannoniere della serie A. Un tandem fondamentale per il gioco di Inzaghi che, settimana dopo settimana, sfrutta al meglio le pedine a disposizione per costruire un Milan dirompente soprattutto in fase offensiva. Il Milan esce da Verona con maggior consapevolezza dei propri mezzi, con la stessa autocoscienza dei propri limiti e quindi con un preciso input a migliorarsi. Soprattutto in vista dell’arrivo a S.Siro della Fiorentina che, dopo la formazione di Mandorlini, storicamente etichettata come “tabù” da sfatare, è la squadra che nelle ultime stagioni ha reso difficile il percorso del Milan, anche in chiave europea. L’idea Europa, come già sottolineato, torna ad affacciarsi con prepotenza nelle menti della società rossonera, come location ideale in cui confrontarsi. Certo è che dopo la caduta di Roma e Juventus in Champions, il calcio italiano si trova nella condizione di doversi fermare a riflettere. Se le due squadre che rappresentano la nostra nazione nella maggior competizione continentale, che in questo momento si trovano nei primi due posti in classifica escono, letteralmente, con le ossa rotte dagli incontri internazionali, non si può soprassedere e far finta di nulla. Il nostro calcio, per motivi di liquidità, ma soprattutto per mancanza di progettualità a lungo termine, ha bisogno di fermarsi e riflettere. Manca la mentalità europea di fermarsi e ricostruire, dandosi il comegiusto tempo per tornare ad essere competitivi. E’ ciò che può fare il Milan in quest’anno, che definirei sabbatico, vista l’assenza dei rossoneri dai calendari delle coppe. Inzaghi ha la possibilità di ricostruire dalle fondamenta (o quasi) una squadra in grado di poter garantire un futuro. Per far questo ci vuole pazienza, lavoro e programmazione. Ma il primo e l’ultimo termine mal si sposano con le dinamiche imposte dal nostro calcio. Inzaghi lavora duramente sui campi di Carnago, ma la necessità di far risultato sempre e comunque, per raggiungere in poco tempo un traguardo considerato fondamentale dalle dinamiche societarie, offusca tutti quelli che possono essere progetti a lungo termine. Il mercato del Milan, in fondo, dimostra di non aver pensato con priorità, ad un progetto a lungo termine. Ben venga l’arrivo di Diego Lopez, soprattutto se il risultato è quello di far tornare determinante anche Abbiati nel momento del bisogno. Ben venga anche l’arrivo di Torres, del quale va accettato non soltanto il nome altisonante, ma anche il tempo necessario per riuscire a rimettersi in forma, più mentale che fisica, così da riconsacrarsi anche in Italia. Galliani invece ci ha visto lungo con Menez e Bonaventura: il primo diventa insostituibile nel modulo di Inzaghi, il secondo fa della duttilità tattica l’arma in più per trovare continuità di utilizzo. Il reparto avanzato, l’abbiamo sottolineato più volte, è quello che regala le gioie maggiori, è quello che, con il ritorno di El Shaarawy ai massimi livelli, potrà essere determinante nel cammino in campionato del Milan. Le scelte in mediana continuano ad essere obbligate: un po’ per l’assenza di interpreti fermi ai box causa infortunio, un po’ per l’evanescenza di giocatori che stentano a raggiungere un rendimento da minimo sindacale. Il ritorno di De Jong tra i disponibili fa tirare un sospiro di sollievo, ma in attesa di Van Ginkel e Montolivo e con Saponara di cui si sono perse le tracce, le scelte di Inzaghi sono abbastanza obbligate. La difesa è il reparto che per ultimo troverà il suo equilibrio, anche a causa del numero spropositato di interpreti che scalpitano, nervosi, in panchina. Alex e Ramì hanno dato prova del loro affiatamento contro il Verona, Zapata potrebbe tornare in lizza per un posto da titolare contro la Fiorentina,ma come può, Inzaghi, gestire dieci giocatori in lizza per quattro posti? Soprattutto considerando che Abate e De Sciglio sono praticamente titolari inamovibili (e per certi versi senza sostituti)?

Ecco perché la sfida contro la Fiorentina diventa il banco di prova utile per capire la forza di questa , formazione, per delineare i possibili scenari futuri e fissare anche un obiettivo minimo da raggiungere. La voglia di Europa rimane, lo sappiamo, il desiderio primario. Ma non basta raggiungerlo: bisogna avere forza e mentalità vincenti per onorarlo.