Maignan, anch'io sono razzista... Aiutate Leao a scendere dalla croce. Adli-Krunic tra equilibrio e fantasia. Viva San Donato!

Maignan, anch'io sono razzista... Aiutate Leao a scendere dalla croce. Adli-Krunic tra equilibrio e fantasia. Viva San Donato!MilanNews.it
venerdì 26 gennaio 2024, 00:00Editoriale
di Luca Serafini

Siamo un puntino nell'universo dove, fino a prova contraria, giriamo da soli sul nostro piccolo pianeta. Il mondo ha milioni di anni, ma gli umani più fortunati ne vivono al massimo 70, 80, 90... Moltissimi altri se ne vanno prima, molto molto prima. Di morte naturale o ammazzati. Dovrebbe essere dunque naturale, ovvio, passare questo poco tempo a lavorare non per sopravvivere, ma per andare in vacanza, guardare il mare, un tramonto in montagna, suonare, cantare, ballare, far l'amore, goderci e rispettare la natura, aiutarci per mangiare e bere... Invece abbiamo tracciato confini, ci ammazziamo in nome delle religioni, rubiamo ai poveri, violentiamo, insultiamo, discriminiamo. Preferiamo l'odio all'amore. 
Alla mia età sono ormai rassegnato al fatto che l'umanità sia razzista. E' un germe che abbiamo dentro, non c'è molto da fare: quelli che hanno vocazione all'integrazione globale, non a caso, diventano santi. Poi ci sono i tolleranti, gli indifferenti, per cui vanno bene tutti purché non rompano le balle. Sono una grande fetta, spero, credo. Poi ci sono tutti gli altri che sono insofferenti fino al razzismo: verso i neri (ma anche molti neri verso i bianchi..), i gialli, i disabili, gli ebrei, gli obesi, gli omosessuali, i terroni (ma anche i polentoni del Nord), i campanilisti (bresciani contro bergamaschi, padovani contro vicentini, baresi contro foggiani, paesello contro paesello nella landa sperduta). E poi i nani, i troppo magri, gli spilungoni, le femmine. Già, anche razzisti nei confronti delle femmine: le cronache ne sono piene.
Non credo più all'educazione, all'insegnamento, al cuore, alla coscienza. Sono cristiano fervente, ma ho bestemmiato. In trance per le partite - momenti che patisco fino alla perdita della lucidità, salvo poi ricompormi in tempo reale -, nella mia lunga vita da tifoso ho gridato negro, frocio, terrone, nano... A molti avversari del Milan. Ma anche a molti giocatori del Milan, sì, alcuni dei quali miei intimi amici: bastava che sbagliassero un tiro un passaggio elementari... Durante le partite ne ho dette di tutti i colori, a tutti. Eppure... Eppure. Mio cognato Ken, di colore, è della Guinea. Leopoldo, mio grandissimo amico da più di 20 anni, acculturato, garbato, elegante, simpaticissimo, arguto, di piacevolissima compagnia, siciliano di Taormina, è omosessuale. Sono figlio di stirpe romana e pugliese da generazioni, non ho proprio nessuna goccia di sangue nordico nelle mie vene, anche se ho sempre vissuto a Milano: mi considero meridionale. La maggior parte delle persone a me care sono più basse di me, ma anche più magre.
La mia famiglia, i miei genitori, la mia religione, mi hanno insegnato valori diversi. Eppure... Nonostante questo ho perso la testa più di una volta. Verbalmente, davanti a testimoni. A fianco di persone che non sono rimaste sorprese, non più di tanto: hanno riso. Forse trovando sollievo dal fatto che "un come me" scivolasse così in basso: "Ma guarda cosa dice 'sto vecchio ciccione pelato...".
Credo fortemente, quindi, alla repressione. Se mi avessero punito in quelle occasioni, punito severamente, non lo avrei più fatto. Forse lo avrei ancora pensato gridandolo solo nella mia mente. Prima lo dicevo senza pensarlo, ora lo penserei senza dirlo.

Fossi stato inibito dal frequentarli, gli stadi e i luoghi dove ho detto e fatto certe cose, sarebbero posti migliori: senza i miei insulti, senza di me. Poi sarei stato comunque libero di dispensare in televisione e negli articoli il mio sdegno, la solidarietà, lezioni di senso civico, etica, convivenza in cui continuo comunque a credere profondamente come dimostra la mia vita fuori dal pallone. Predico bene, molto bene, diversamente da come razzolo sia pure solo qualche volta. L'ipocrisia è gratis.
Il punto è questo: lo stadio, il calcio, il salotto o gli studi televisivi quando c'è la partita, non sono un porto franco. Sono luoghi dove ci si dovrebbe comportare in un certo modo. Come a teatro, come in chiesa, come in un ristorante: anche in quei posti entriamo col fardello delle nostre frustrazioni e dei nostri limiti, ma non ci è dato modo di sfogarci selvaggiamente se un attore è un cane, se il prete ci sta sulle balle o se il cibo non è granché. Invece allo stadio sembra sia tutto lecito: metti al collo la sciarpa di un'altra squadra e puoi ammazzare il tuo nemico, tua suocera, il tuo macigno da disadattato. 
Non è così che deve andare: i Serafini di professione o occasionali, quelli che si fanno trascinare dal branco o dalle emozioni, devono pagare. Un conto salato. Gli inglesi non hanno sconfitto né gli hooligan né la violenza né tanto meno il razzismo, se non altro però gli stadi sono salotti dove non si può sgarrare e dove ai bambini non va spiegato cosa è successo a Udine. 
Leao viene crocifisso ogni maledetta domenica, anche se si gioca di sabato. Il suo modo ciondolante, il suo sorriso, la sua intermittenza non sono graditi da chi ripone in lui aspettative, da chi crede nei suoi mezzi, nelle sue potenzialità. Resta per me il miglior giocatore del Milan in assoluto, ma per togliersi i chiodi e correre via con le stimmate deve aiutarsi ed essere aiutato. E tutto, aiuta: la paterna severità di Pioli, la vicinanza di Ibra, i fischi, il sostegno incondizionato della Curva. Rafa Leao non sarà mai - per sua natura, ma anche e soprattutto per caratteristiche - un inesauribile stantuffo, né gli si può chiedere che voli avanti e indietro palla al piede a cento all'ora. Meno insofferenza, meno leggerezza, più cattiveria, queste sì, si possono esigere. Resta il più decisivo, quello che mette regolarmente lo zampino in ognuna delle cose più importanti che accadono in una partita dei rossoneri, ma si può dare di più. Non tiriamo troppo la corda, comunque: rischia di spezzarsi, non so se mi spiego.
Sette giorni fa avevo scritto qui del centrocampo anomalo di questa stagione. Con Bennacer (o Adli) e Reijnders, il gioco è affidato a due registi. Manca il doberman, come Ancelotti definiva giocatori alla Gattuso e alla Ambrosini (o Sanchis e Michel del Real Madrid). Se aggiungete a loro un giocatore offensivo come Loftus e i 3 attaccanti in prima fila, capite bene quale sia lo sbilanciamento della squadra o quanto meno la sua mancanza di capacità di schermare la linea difensiva, come per esempio Kessie e Tonali garantivano. Per questo Pioli si affidò a un certo punto (nel rush finale dello scudetto) a Krunic e Kessie insieme e, durante la prolungata assenza di Bennacer, a Krunic: giocatore tecnicamente limitato, adattato al ruolo, ma che garantiva alla squadra un equilibrio importante. In settimana il gruppo Facebook "I Casciavit" ha pubblicato una grafica molto esaustiva sui movimenti e gli spazi di Krunic e Adli, rendendo meglio di me l'idea tattica di cui sto parlando con uno sbilanciamento visivo immediato. Reijnders e Adli sono sulla via dell'apprendimento (spero), Musah dovrà arrivarci per ritagliarsi uno spazio importante, ma insomma un doberman prima o poi bisognerà sguinzagliarlo in giro per il campo.
Qualcuno non è felice che il nuovo stadio del Milan non sarà a Milano. Mi fa piacere che permanga ancora un senso di romanticismo, di attaccamento, di cultura storica nell'animo della gente. Non è possibile però farsi condizionare solo da questo: anche Malpensa e Orio sono venduti come aeroporti di Milano, non c'entra niente la storia dello sport e la passione per i colori, ma è uno specchio (datato) delle opportunità. Linate è stato al collasso per molti anni, come lo è oggi San Siro (peggiorerà nel tempo). Dove non arrivano la storia, il senso di appartenenza, la bandiera, l'opportunità e - se volete - la poesia, ebbene quello è il posto della politica: contro di quella non si può lottare, non ci si può opporre, non esistono soluzioni.
Il degrado della nostra politica negli ultimi decenni ci ha portato alla fuga di cervelli, di capitali, di voti e di votanti. Nessuna sorpresa se ora sia il turno della fuga degli stadi. Tanto, tra qualche tempo San Donato non sarà più periferia... Servita da mezzi e con un progetto serio, credibile, farà risparmiare ai tifosi in pullman due ore di viaggio: uno dalla barriera a San Siro e l'altro da San Siro alla barriera. A parte naturalmente quelli che arrivano da Val d'Aosta, Piemonte e la Liguria di ponente. Da San Siro a San Donato, sempre santi sono: l'unica categoria a non essere razzista, i santi. Appunto.