Caro Davide...

Caro Davide...MilanNews.it
© foto di Federico De Luca
domenica 4 marzo 2018, 20:00Primo Piano
di Simone Nobilini

Caro Davide,

la retorica sarebbe il mezzo più semplice ed immediato per parlare di te, di tutto ciò che è successo, di ciò che qualcosa di troppo grande TI e CI ha tolto. Eppure la sensazione primaria che resta, dopo essere stati ribaltati a livello psicologico nelle prime ore di una domenica sulla carta speciale, tra derby ed elezioni, è quella di impotenza. Totale. Un destino infame ha deciso di farti addormentare per sempre, in un attimo, nell'ennesima notte in cui ti preparavi a riposare e pensare a come fermare il prossimo attaccante, tra trequarti difensiva ed area di rigore: rapporto tra potenza ed atto caduto in un istante, spento da quell'avversario che ad armi pari, da sempre, proprio non se l'è mai sentita di giocare. Rappresentazione concreta di eterna vigliaccheria.

Sei ovunque. E avremmo preferito usare una frase del genere come complimento sul campo, per la tua bravura nel saper tenere la posizione o andare in chiusura sempre e costantemente con un tempismo perfetto. Ciò che la realtà di ogni aggiornamento web o apertura di TG ci restituisce, invece, è il ricordo del tuo volto, sorridente o impegnato in battaglie in cui lì sì, per davvero, potevi e sapevi giocartela eccome: pensare al fatto che tu non ci sia più, almeno nel nostro mondo, ci lascia increduli. E incazzati, tanto: perchè se di vita terrena ne esiste una sola, perderla così, ad appena 31 anni e con una famiglia da goderti pienamente tra qualche tempo, dà un enorme senso di distruzione nel cuore di chiunque. Pensando agli occhi della tua Francesca, gonfi di lacrime, e a quelli di Vittoria: ancora troppo piccola per capire, a soli due anni, di non poter più crescere al fianco di papà Davide.

Pugnalate. Dolorosissime e tremendamente attuali, inferte agli affetti diretti (e non) di un ragazzo come te che pian piano, sognando Nesta, era arrivato a ritagliarsi uno spazio importante nel calcio italiano. La Primavera del Milan, il Pizzighettone e la Cremonese come primi step prima del grande salto, a Cagliari, città poi diventata definitivamente casa. Poi Roma e Firenze, proseguendo e forse chiudendo lì quella carriera da predestinato che Braida, sin dai primi calci al pallone a livello professionistico, ti aveva preannunciato: 290 partite giocate in Serie A e l'arrivo in Nazionale ne sono la prova. Aveva ragione lui. Tanto che della Fiorentina sei arrivato a vestire la fascia da Capitano: in un percorso viola deciso, dopo gli addii di Gonzalo Rodriguez e Manuel Pasqual, ad affidarti il ruolo di leader silenzioso di un gruppo pronto a ripartire.

Dai sogni agli incubi però, talvolta, è un attimo: nello sport come nella vita. Proprio come quello che ha fermato il tuo cuore, sin da bambino rossonero e portato a battere per il tuo idolo, del quale indossavi in onore il numero di maglia: dal 13 al 31, come gli anni festeggiati nell'ultimo compleanno, lo scorso 7 gennaio. Ribaltamento numerico di una realtà insensata per un ragazzo semplice, definito esempio da tutti: ti divertivi a darti del "designer di fama mondiale", fuori dal campo, sfociando anche nell'imprenditoria culinaria grazie alla passione per il gelato. Termine che ha accompagnato i nostri stati d'animo nel chiederci, inizialmente, se fosse davvero possibile collocare nel campo della realtà la tua scomparsa: la risposta, purtroppo, è arrivata dalle lacrime di tutti, dai toni di voce bassi e amari di ogni annuncio televisivo che ti riguardi, dal nodo allo stomaco nel leggere ogni singolo ricordo dedicato ad Astori proveniente da ex compagni, calciatori o club da tutto il mondo.

Nessuna ipocrisia o enfatizzazione, Davide: è sempre e solo giusto essere diretti e sinceri, e lo saremo anche ora, in un momento così duro. Di fronte alla morte, andare avanti ed oltre non è mai e poi mai la scelta primaria o più facile, ma l'unica condizione possibile: quel mondo terreno che ora non è più tuo, così ingiustamente, proverà a farlo, con forza, portandoti in quella culla di ricordi dove chi come te, da Puerta a Feher, resta e resterà per sempre. Ragazzi come tanti, semplicemente, in barba allo status da calciatore e ad una cassa di risonanza differente rispetto a chiunque: vederti e vederli andare via così all'improvviso, con una lunga vita davanti e famiglie da accudire, ha fatto e fa sempre e costantemente male a tutti. Risultato scontato a favore di un avversario imbattibile, quando vuole e ad ignobile modo suo: la nostra felicità sarà vedere nuovamente chi ti vuole bene, prima o poi, tornare a sorridere, nonostante tutto. Ora, ciò che ci resta è solo un enorme vuoto: pagina bianca numero 13 di una tragedia indimenticabile, incollata alla tristezza, che per tanto tempo sarà impossibile girare.