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Callegari: "Leao, attaccante da grandi giocate ma non da grandi partite. Il ruolo di Paquetà è interno di centrocampo"

ESCLUSIVA MN - Callegari: "Leao, attaccante da grandi giocate ma non da grandi partite. Il ruolo di Paquetà è interno di centrocampo"MilanNews.it
© foto di Daniele Mascolo/PhotoViews
lunedì 20 aprile 2020, 17:00ESCLUSIVE MN
di Pietro Andrigo

La redazione di Milannews.it ha contattato Massimo Callegari, celebre giornalista sportivo, per commentare la difficile emergenza del Coronavirus e la situazione in casa Milan. Queste le domande e le risposte:

Stiamo vivendo una situazione di grande emergenza in cui il calcio, giustamente, viene in secondo piano. Tante sono le ipotesi, tanti i pareri ma soprattutto poche sono le certezze di questa situazione. Crede che la soluzione più logica possa essere ripartire a settembre con un nuovo campionato?

"Per me la soluzione più logica è quella che ha proposto Adriano Galliani qualche giorno fa nella sua intervista alla “Gazzetta dello Sport”: ripresa a settembre di questa stagione poi due stagioni (2021 e 2022) spalmate sull’anno solare “alla sudamericana” fino ai Mondiali in Qatar. Da appassionato e professionista spero che si torni in campo prima possibile, ma percepisco ancora troppe differenze di gestione dell’emergenza sul territorio italiano, troppe incertezze e pericoli  per far ripartire il campionato. Si potrebbe concludere questa stagione sul campo, evitando ricorsi ma anche rincorse per una ripresa affrettata. Così si potrebbero programmare le due annate successive in modo più oculato. Invece della sosta natalizia ci sarebbe quella di metà agosto, mentre gli Europei e la Coppa America si dovrebbero disputare a novembre 2021."

Inevitabilmente questa situazione intaccherà il mercato. Si aspetta trasferimenti clamorosi o crede che verranno congelati?

"I movimenti di denaro saranno più contenuti. Potrebbero esserci più scambi, soprattutto tra giocatori cresciuti nel settore giovanile o che militano nella stessa squadra da anni, quindi con costo ormai ammortizzato e utile per una plusvalenza. Spero di sbagliarmi, ma non vorrei che queste esigenze di bilancio limitino ulteriormente il senso di appartenenza dei giocatori più “ fedeli” a una squadra."

Alla luce delle difficoltà iniziali e di quelle incontrate in corso d’opera, come giudica il lavoro di Pioli sin qui?

"L’arrivo di Ibrahimovic è stato fondamentale per tutti: ambiente, club, compagni e anche allenatore. Ha dato entusiasmo e leadership a una squadra che a Bergamo aveva scritto una delle pagine più nere della sua storia: da lì si poteva affondare o ripartire. Pioli è riuscito a ripartire, ma senza Ibra sarebbe stato molto più complicato. I suoi meriti principali sono stati due: essere rispettato dal gruppo e da Ibra in particolare; e aver trovato il modulo ideale per dare massima libertà allo svedese. Il tutto con le voci insistenti legate a Rangnick, l’addio di Boban, il ruolo di Maldini da definire per il futuro. E una squadra con pochissima personalità. A Pioli darei 6,5, mezzo voto in più proprio per il contesto difficile in cui ha operato. E due voti in meno rispetto a Gattuso (8,5) che l’anno scorso aveva quasi compiuto il miracolo della qualificazione in Champions."

Il rendimento di Paqueta, nella stagione sin qui disputata, è stato deludente rispetto alle prestazioni fatte vedere la scorsa stagione. Tatticamente, quale creda possa essere il ruolo a lui più congeniale?

"Interno sinistro nel centrocampo a 3. Per giocare da trequartista nel calcio europeo, non è abbastanza rapido e segna troppo poco. Però ha grandi tempi di inserimento, progressione quando ha campo davanti, è bravo anche di testa. Quasi tutti i suoi gol in Brasile sono arrivati con inserimenti da dietro con tempismo perfetto. La duttilità, a volte, per un giocatore è un’arma a doppio taglio. Puoi adattarti a situazioni diverse ma appena sbagli una partita gli allenatori ti cambiano posizione: questo può togliere fiducia e continuità. Al Flamengo giocava trequartista, interno di centrocampo, a volte anche all’ala destra per rientrare al tiro di sinistro. Ma lì era il leader, calciava (molto bene) le punizioni, era sempre nel vivo del gioco, alimentava la sua autostima, nessuno metteva in discussione il suo posto in squadra. In Europa è diverso, non tutti reggono la pressione della concorrenza." 

Da telecronista spesso chiamato a commentare le partite di Liga e da conoscitore del campionato spagnolo, è sorpreso dall’impatto di Theo Hernandez nel Milan? 

"Mi ha colpito la sua continuità. Ha uno strapotere fisico incredibile, le qualità gli sono sempre state riconosciute ma in passato non è stato accompagnato da un rendimento costante e deve migliorare ancora in fase difensiva. Comunque lui e Donnarumma - Ibra a parte - sono stati i migliori del Milan."

Giovane, talentuoso ma forse ancora acerbo. Il Milan dei giovani dovrebbe puntare su Leao in futuro?

"Molto acerbo. Stiamo parlando di un ragazzo di nemmeno 21 anni, che è arrivato in Italia dopo aver giocato metà campionato da titolare in Francia, neppure con un top club. E che ha avuto una valutazione e un ingaggio molto alti rispetto a quanto aveva dimostrato. Deve maturare molto. Quando è arrivato Ibrahimovic, l’altro attaccante titolare era lui. Poi gradualmente Rebic ha guadagnato spazio e minuti. Credo che il senso della sua stagione stia proprio qui: per ora è ancora un attaccante da grandi giocate ma non da grandi partite né da grandi stagioni. Non può essere l’attaccante principale sul quale puntare per il futuro, dovrà avere un riferimento più esperto e completo al suo fianco. "