Fassone, Mirabelli, Calha e Kessie. Il caso Juve e il caso Milan

Fassone, Mirabelli, Calha e Kessie. Il caso Juve e il caso MilanMilanNews.it
sabato 3 dicembre 2022, 00:00Editoriale
di Mauro Suma

Leggo che Kessie potrebbe passare all'Inter. Che accada davvero o meno, non è fondamentale. Come vedremo, il calcio italiano ha altre priorità in questo momento. Ma sia che vada oppure no effettivamente in porto il trasferimento, le due parti si parlano, dialogano, si tengono sentite. E allora c'è già lo spazio per una riflessione. Che è quella che ci porta dritti alla famosa estate del 2017. Una estate in cui la vera colpa di chi, come me, ha creduto in quel progetto, non è stata solo quella di entusiasmarsi per un mercato da un acquisto al giorno. Ma la vera posta in palio, quell'estate, con Calhanoglu che gioca oggi nell'Inter e con Kessie che potrebbe andarci a stretto giro, era ben altro. Era la commistione del dna. Non ho la minima idea di chi sia stato a scegliere Marco Fassone (Ricordo bene però chi gli apriva il credito e la strada elogiandolo a più non posso "Finalmente dirigenti che vanno a vedere i giocatori sui campi"), che poi a sua volta volle con sè Massimiliano Mirabelli. Ma al di là delle primogeniture e delle paternità, è indubbio che entrambi avessero lavorato in un caso nell'Inter, venissero direttamente dall'Inter nell'altro. Che non è una colpa, nè una cayenna, sia ben chiaro. Ma se togliamo a ciascun club la sua impronta, il suo marchio, il suo dna, la sua tipicità, togliamo moltissimo al calcio. Se togliamo le diversità e le rivalità, mettiamo da parte uno dei motivi fondamentali che stimolano e spingono tantissimi tifosi ogni domenica e ogni mercoledì ad andare allo stadio. Capiamo oggi che quell'estate abbiamo preso una sfilza di giocatori, a strettissimo giro, in fretta e furia, avendo come orizzonte non l'orgoglio d'appartenenza milanista di ogni singolo nuovo arrivo, ma la preoccupazione di prendere le distanze dalle scelte precedenti, come probabilmente era stato concordato. Quindi ecco Biglia e via Pasalic, e così via. Le sliding doors come mantra quotidiano, una sorta di albergo in cui ci si guardava poco negli occhi e subito via in campo a prendere i cori e gli applausi dell'estate. Ecco perchè i giocatori arrivati in quel clima possono giocare dappertutto, anche con i principali rivali cittadini. Per loro è lo stesso. Per come sono arrivati, non cambia nulla, non c'è alcuna differenza.

Attenzione al caso Juve e attenzione a non moraleggiare un tanto al tocco sulle dichiarazioni del presidente Gravina, che in quella sede, non poteva fare altro che prendere le distanze dalle "tesi" che gli venivano proposte nelle domande. Attenzione al caso Juve, perchè se si vuole la forca sulle plusvalenze e sugli accordi sugli stipendi, dobbiamo ricordarci che il calcio italiano è stato tutt'altro che forcaiolo negli ultimi anno ad esempio sugli stipendi. Non solo: se si invoca a piene mani il giustizialismo sulla Juve per quello che emerge in questi giorni, poi ci ci troverebbe costretti ad esserlo anche sulle scadenze sulle tasse (e la Juve non è la prima per versamenti da fare) e sulle sponsorizzazioni più o meno fittizie, che a sua volta non è solo un tema italiano ma come ben sappiamo europeo. Questo non è il classico  tanto peggio o tanto meglio e nemmeno tutti colpevoli nessun colpevole. Il Milan è specchiato, virtuoso e totalmente fuori da ogni giro di valzer, presente e prossimo venturo, per cui mi trovo lontanissimo da ogni conveniente discorso di bottega. Quindi stiamo un po' tutti bene attenti a far gli intransigenti. Per poi magari dover scoprire di qui a qualche settimana di doverlo essere un filo anche meno. Ma, per chiudere e cambiare discorso, a proposito di Milan, abbiamo scoperto poche ore fa da YouGov.com che, secondo Football Index, in Italia il Milan resta in vetta alla classifica per forza del brand grazie ai risultati sul campo e al buon management. L’apprezzamento trova ancor maggior riscontro in Cina, dove il Milan è grado di affermarsi come secondo brand più forte in questo mercato, sorpassando il Barcellona. E attenzione, la tradizione del club è l’aspetto meno messo in discussione, ma è il management del club (oltre alla percezione di successo sul campo) a dare quel valore aggiunto al Milan, facendogli assumere la posizione di leadership vista prima. Quindi non è la storia, non è il blasone, ma la modernità del Milan a tenere banco, quello che sta facendo adesso, il progetto battezzato negli ultimi anni. Che, oltre al meraviglioso Scudetto conquistato sul campo, è l'altro scudetto che i tifosi rossoneri devono tenersi attaccati al petto.