Il mio ricordo di Claudio

E’ dura parlare di calcio, è dura parlare di Milan, in queste ore dolorose per la scomparsa di Claudio Lippi. Salutarlo, prima della intervista ad Adriano Galliani, lunedì pomeriggio a Castellanza, rivederlo, con gli occhi chiusi, nemmeno 24 ore dopo, senza il suo solito sorriso, che si illumina quando parla di Milena e di sua figlia, la piccola Sofia, è una sensazione forte, strana, difficile da accettare. Il telefono suona ininterrotto da qualche giorno. Persone che lo conoscevano tanto, persone che lo hanno solo incrociato o visto dietro il microfono di Milan Channel chiedono, parlano, soffrono, non capiscono. Non riesco nemmeno io a immaginare l’atmosfera di Milanello, per la prima volta senza di lui, una compagnia abituale per me, ma soprattutto per i giocatori, che parlano all’amico, all’ex collega, al giornalista, al quale devono raccontare storie da Milan, storie di Milan. In questi casi, copiando dalla legge dello spettacolo, si usa dire “The show must go on!”. Insomma si deve andare avanti, perché lo avrebbe voluto anche lui. Storie! Scuse! No, oggi è bello fermarsi un attimo. Ricordarlo così, quando sorride, felice di sentirsi chiedere un parere da giocatore di talento, che solo il caso ha impedito continuasse in una carriera, che ama da impazzire.
Ricordarlo così, nelle discussioni che mi vedono spesso d’accordo, quando si tratta di difendere, di capire, di esaltare i giocatori dai piedi raffinati. Entrambi innamorati di Kaka, di Seedorf, di Ronaldinho, ma Claudio più severo di me, quando i talenti puri lo tradiscono, non regalando le prodezze più raffinate. Ricordarlo così, quando gli chiedo un parere sui nuovi acquisti, magari quelli meno conosciuti. Raramente si è sbagliato, basta una smorfia perché capissi subito tutto. Questo è da Milan, questo non è da Milan.
Sarà più dura oggi sedersi negli studi di Milan Channel o entrare a San Siro, dove mi fermo, insieme a mio figlio Andrea, per salutarlo, là nel corridoio di fianco all’entrata dei pulman. Claudio non manca mai di chiedere ad Andrea come fosse andata la partita della mattina, come, nella scorsa stagione, noi volevamo sapere il risultato dei suoi Giovanissimi 98 dell’Aldini, che lui allenava con passione ed orgoglio. Ora proseguiremo, con il volto più basso e più triste. Certo poi il tempo lenirà il dolore, ma volgeremo sempre uno sguardo a quella stanza, sperando di incontrare Claudio con il suo solito sorriso, che un freddo giorno di marzo ci ha tolto per sempre.
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