Addio al secondo posto, non alla Champions. Il Milan è vivo ma ora tocca a Ibra dimostrare di meritare il rinnovo

Addio al secondo posto, non alla Champions. Il Milan è vivo ma ora tocca a Ibra dimostrare di meritare il rinnovoMilanNews.it
martedì 27 aprile 2021, 00:00Editoriale
di Alberto Cerruti

Calma e sangue rossonero. Il Milan ha perso la seconda partita consecutiva, seconda in trasferta dopo la figuraccia di La Spezia, ma soprattutto ha perso per la prima volta il secondo posto, ora occupato dall’Atalanta. I numeri della serata romana fanno paura, perché non basta aggrapparsi al legittimo alibi del fallo non fischiato su Calhanoglu, malgrado la verifica al monitor dietro suggerimento del Var, sugli sviluppi del quale è maturato il secondo gol della Lazio. In fondo lo scatenato Correa ne aveva già segnato un altro all’inizio, prima che il Var suggerisse l’annullamento della rete di Lazzari e prima del terzo gol di Immobile. Morale: tre gol segnati, uno annullato e un palo per la Lazio, soltanto una traversa a partita ormai finita per il Milan colpita da Kessie. Ma aldilà di questo 3-0 che i rossoneri avevano incassato soltanto nel derby di ritorno, ora fa paura la classifica perché la squadra di Pioli è stata raggiunta dalla Juventus dopo il pareggio di Firenze e soprattutto dal Napoli che poche ore prima aveva strapazzato il Torino. A parità di punti oggi il Milan è davanti al Napoli perché in vantaggio nei gol nei confronti diretti (3-1 in trasferta e 0-1 in casa), ma teoricamente è dietro alla Juventus perché ha perso 3-1 all’andata, in attesa della gara di ritorno. In questo assembramento, che non è vietato da nessun regolamento, è facile pensare che il Milan sia sfavorito nella corsa al terzo o almeno quarto posto, perché in evidente calo di risultati e di autostima.

Eppure non tutto è perduto, perché il 3-0 della Lazio è una punizione troppo severa per il Milan che è apparso vivo e ha pagato ancora una volta l’assenza di Ibrahimovic, o meglio l’assenza di una punta vera. Mandzukic, alla sua prima partita da titolare, ha confermato di non essere più, o non ancora, l’attaccante che aveva aiutato Allegri a vincere sulla panchina della Juventus. E la colpa, quindi, non è sua ma di chi è corso ai ripari in ritardo pensando che bastasse Ibrahimovic, o peggio che i vari Rebic e Leao potessero sostituirlo al centro dell’attacco. Una squadra senza punte, che non è il Barcellona di Guardiola con Xavi e Iniesta in mezzo al campo, può vincere una volta ogni tanto, non sempre. Ma siccome ormai non si può tornare indietro, mai come adesso per le ultime cinque giornate il Milan è costretto ad aggrapparsi a Ibrahimovic, che deve dimostrare di meritare il rinnovo del contratto anche se fin qui, tra campionato e coppe, ha giocato soltanto 25 partite su 48, e dopo aver segnato 10 gol nelle prime 9 di campionato ne ha realizzati appena 6 nelle altre 16. Una grande squadra non dipende mai da un giocatore soltanto, ma il Milan alla distanza ha dimostrato di non essere una grande squadra, perché troppi giocatori sono stati sopravvalutati. Per questo non ha senso prendersela con Pioli che anche ieri ha cercato di rinfrescare la squadra con le cinque sostituzioni nella ripresa.

Comunque finisca la stagione, quindi, sarà giusto continuare con lui. Semmai è il caso di chiedersi se sia giusto continuare con Gazidis, che dopo avere fallito l’operazione Rangnick ha fallito anche l’operazione Superlega, con l’aggravante di avere ignorato in entrambe le occasioni Maldini, mai al corrente delle sue intenzioni. Ma di questo si parlerà a campionato finito. Prima è meglio pensare alla sfida di sabato sera contro il Benevento. Da Simone a Pippo Inzaghi, per interrompere la retromarcia in classifica e ritrovare un po’ di ottimismo. Perché nulla è perduto in chiave Champions. Specie se torna il vero Ibrahimovic.