Il feticcio Ziyech. Pioli un uomo mai solo al comando

Il feticcio Ziyech. Pioli un uomo mai solo al comando MilanNews.it
venerdì 9 dicembre 2022, 00:00Editoriale
di Mauro Suma

L'Angelito Correa, Vlasic, Simakan, Todibo, Renato Sanches, Botman, chi più ne ha più ne metta. Sono tanti i nomi, le suggestioni di mercato, che sono diventati in questi ultimi anni dei veri e propri feticci nelle costruzioni di scenari di mercato associati ai rossoneri. Non sono poi arrivati questo e quello, sembrava ormai vicina la fine del mondo senza il loro acquisto, e invece la crescita del Milan li ha bordeggiati elegantemente senza mai rinunciare al proprio progetto: i 30 punti in 12 partite del post-lockdown, la stagione del secondo posto e del ritorno in Champions League, la stagione dello Scudetto, i 33 punti in 15 partite e la qualificazione agli ottavi di Champions di questo primo scorcio stagionale. Ognuno per la sua strada, il Milan per la sua. Adesso tocca a Ziyech, un giocatore forte, fatto apposta per solleticare il palato fino dei tifosi rossoneri. Ma il sistema di gioco rossonero, il nostro gruppo, non cambierà il suo destino sia che arrivi, sia che non arrivi. In generale, naturalmente. Perchè, nel particolare, nè Ziyech e nè Aouar fanno e faranno parte del mercato rossonero. Così come non ne hanno mai fatto parte, con tutto il rispetto, la scorsa estate, Asensio e Berardi. Oddio, la fine del mondo. Sì, va bene. Va tutto bene in un mondo del calcio che rimane a bocca aperta e a occhi sgranati rispetto a certi dissesti finanziari che rimangono alti nei titoli di testa dei Tg nazionali ormai da giorni, ma che un minuto dopo essere felice di non vivere la stessa situazione, si augura con le sue tifoserie che arrivino giocatori, si facciano acquisti, si compiano insomma le stesse scelte economiche che il calcio italiano nel suo complesso (di cui il Milan fa parte, pur fornendo come esempio un modello diverso) non può assolutamente concedersi. Il nostro focus è far fruttare al meglio possibile l'investimento fatto su Charles De Ketelaere, un investimento fatto senza cedere nessuno dei punti cardine della squadra. Anche se la parola investimento fa pensare solo alle aride cifre, mentre il Milan è concentrato sul ragazzo, sul talento, sulla persona, sul suo impasto, sulla sua qualità, sul suo cachemire psicologico e tecnico. Questa è, senza distrazioni, la mission rossonera.

Una umanità quella del Milan, che poi viene ripagata. Leao e Tonali, ma anche Kalulu e Bennacer, hanno toccato con mano il fatto di trovarsi in un club che non cambia umore dalla sera alla mattina. Ma in un club che se ti sceglie, poi ti tutela, ti protegge, crede in te, sul lungo periodo e non cotto e mangiato. Il Milan può piacere o non piacere, può essere condiviso o criticato, ma un punto è certo, oggettivo, incontestabile: il Milan non è isterico, il Milan non ondeggia, il Milan non è un albergo. Lo conferma il tratto del suo allenatore che, durante la sosta Mondiale, ha continuato a raccogliere riconoscimenti uno dopo l'altro. Pochi giorni dopo Milan-Fiorentina, ecco il premio alla carriera al Teatro Regio di Parma, pochi giorni dopo anche la scomparsa del caro cognato Luca, per il quale le condoglianze al nostro allenatore e a tutta la sua famiglia non basteranno mai. Pochi giorni dopo il ritorno a Milanello, ecco il premio ispirato ai valori di Gigi Simoni. Ma la garanzia che giriamo ai tifosi rossoneri è sullo spirito con cui il Mister vive queste circostanze. Non personalizza, non si atteggia, non considera suoi tutti questi award. Non è una frase fatta, li considera davvero premi di tutti, di tutto il suo staff, di tutti i suoi giocatori, di tutta Milanello. Stefano Pioli non è mai un uomo solo al comando, ma è sempre e comunque un uomo di gruppo al centro del gruppo. Non è la democrazia corinthiana attenzione, quando si tratta di dare direttive, come quelle di essere chiamato dai suoi giocatori al Mondiale dopo ogni partita qatariota, la sua responsabilità la esercita appieno. Ma nell'interesse della squadra e della prosecuzione della stagione. Non per la propria figura e per la propria autorità. Che è poi quella cosa, l'autorità, che si trasforma in autorevolezza non appena non viene ostentata.