Il Milan non è una cavia per l’Aia. Il problema del tiro in porta va risolto. Derby dal significato triplo

Il Milan non è una cavia per l’Aia. Il problema del tiro in porta va risolto. Derby dal significato triploMilanNews.it
lunedì 28 febbraio 2022, 00:00Editoriale
di Pietro Mazzara

Finalmente, verrebbe da dire, Paolo Maldini ha rotto il suo silenzio e quello della società dopo l’ennesimo torto arbitrale subito dal Milan. Qualcuno ha sostenuto che l’uscita del direttore tecnico fosse fuori tempo, visto che una detonazione di contenuti simile sarebbe stata meglio farla dopo lo Spezia, ma la realtà dei fatti è che la campana di vetro è stata rotta (con annesso importante riflesso su tutti i media, cosa non da poco). Il Milan non è, non può e non deve essere una cavia per l’AIA e per il designatore Gianluca Rocchi, specie in questo frangente della stagione dove ci si gioca tutto. Venerdì, al Var, c’era Guida. Arbitro internazionale che, di recente, ha ben diretto il derby di campionato. Ecco, servono loro, servono gli internazionali per le partite delle squadre di vertice o, al massimo, quelli che sono una fascia sotto di loro, ma pur sempre con diversi gettoni in Serie A. Mandare Marchetti a San Siro è stato un altro errore, dopo quello di Serra, del designatore arbitrale che non può trattare con tanta leggerezza la lotta per il vertice e anche quella per la salvezza. Vedremo se anche Rocchi recepirà le lamentele di Maldini e del Milan tutto, che prima di venerdì sera non aveva mai espresso pubblicamente il suo malumore, facendolo nelle sedi opportune. Ma a tutto c’è un limite e venerdì è stato superato.

Detto questo, parliamo sempre di un Milan in vetta alla classifica visto che anche l’Inter non sembra stare tanto meglio dei rossoneri. Le cose che sono apparse evidenti contro l’Udinese sono diverse. Partiamo dalle conclusioni in porta, vero tallone d’Achille di questa squadra. Sembra quasi che per fare gol, si debba entrare in porta con il pallone o che si debba calciare, per forza di cose, da dentro l’area di rigore. Di conclusioni pulite, prese ai 18-20 metri che vadano nello specchio della porta, è raro averne ricordo. In più diversi giocatori, Brahim Diaz in primis, non si prendono mai la responsabilità di un calcio in porta non codificato. Si cerca di eseguire sempre e comunque il canovaccio. L’unico che cerca qualcosa di diverso è Rafael Leao, ma può il Milan affidarsi sempre alle giocate del portoghese? La risposta è no. Secondo aspetto sul quale è giusto riflettere è il tema partita. È ormai consuetudine vedere i cambi ruolo per ruolo, a meno che non vi siano delle eccezioni come a Salerno dove lo svantaggio ha portato Pioli a un 4-4-2 più offensivo con Rebic in appoggio a Giroud. Sotto questo aspetto, anche sull’1-0, Pioli dovrebbe avere un po’ più di coraggio. Se si capisce da fuori che il riferimento unico fa fatica a trovare spazi, perché non variare in fase di controllo la parte tattica piuttosto che quando si deve rincorrere? Terzo aspetto: il braccino. Come lo scorso anno, contro squadre dalla classifica e dal valore inferiore al Milan, la squadra sembra avere il braccio. Trovato il gol, sembra quasi che cali una sorta di apatia sulla cattiveria agonistica che tiene le partite in bilico. Poi succede che ti convalidano contro un gol come quello di Udogie e ti incazzi, ma anche dopo quell’episodio non si è mai avuta la sensazione di avere la rabbia giusta per ribaltare la situazione. Ultimo punto, che si lega ai cambi, è dettato dal fatto che in un arrembaggio finale non ci si può affidare a Daniel Maldini che, gol allo Spezia a parte, ha dimostrato di non esser pronto per certe situazioni.

Il derby di domani sera ha un valore triplo. Uno psicologico, perché si affrontano due squadre appannate mentalmente e dai risultati. Il secondo è quello dell’accesso alla finale, perché un risultato positivo porrebbe la gara di ritorno sotto un’altra luce. Il terzo è quello canonico della stracittadina. La partita delle partite non conosce competizione.