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Pauluzzi (France Football) racconta Maldini: "Il giocatore più emblematico della storia rossonera. Il suo era un Milan aristocratico"

ESCLUSIVA MN - Pauluzzi (France Football) racconta Maldini: "Il giocatore più emblematico della storia rossonera. Il suo era un Milan aristocratico"MilanNews.it
© foto di Daniele Buffa/Image Sport
martedì 15 dicembre 2020, 18:00ESCLUSIVE MN
di Manuel Del Vecchio

Nella giornata di ieri Paolo Maldini è stato inserito nel "Dream Team" storico di France Football. La redazione francese, infatti, formata da una giuria di 140 giornalisti, ha eletto la bandiera rossonera come miglior terzino sinistro di tutti i tempi. Per parlare dello storico capitano del Milan la redazione di MilanNews.it ha contattato in esclusiva Valentin Pauluzzi, corrispondente italiano per France Football e L'Equipe. Pauluzzi nella giornata di ieri ha avuto l’opportunità di intervistare Maldini in occasione del riconoscimento assegnato dal giornale francese.

Ieri hai intervistato Paolo Maldini per France Football, ho visto che hai pubblicato su Twitter una foto con una vecchia maglia rossonera… È stato emozionante parlare con una leggenda come lui? “Non nascondiamolo, facciamo questo lavoro anche per questo motivo (ride, ndr). Abbiamo l’opportunità di incontrare i nostri vecchi idoli… Anche se all’inizio un po’ mi dispiaceva perché ovviamente non si poteva fare di persona, però devo dire che con le interviste con Zoom non mi sto trovando male. Lui era a casa sua, con noi c’era solo l’addetta stampa del Milan. È stato bello nonostante la distanza. Emozione? Chiaramente sì. Ho iniziato a seguire il calcio italiano con il Milan di Carlo Ancelotti e gliel’ho detto a Maldini, anche a costo di fare “il tifosotto” ma ci teneva. Senza quel Milan probabilmente non avrei fatto il giornalista, mi ha appassionato alla grande a quel tipo di calcio. Non tanto per le vittorie in Champions o per il gioco ma per l’atteggiamento dei giocatori di questa generazione fantastica, carismatica. Una squadra aristocratica. Gli atteggiamenti in campo e fuori dal campo erano ineccepibili, per fair play ed eleganza. Non solo negli 11 titolari, ma anche nei panchinari. Mi viene in mente Dario Simic, che spesso era in panchina ma non diceva mai niente, era corretto e quando giocava faceva spesso la sua parte. Quel Milan ha condizionato la mia visione del calcio. Ora sono molto esigente, dopo che hai visto quel Milan fai fatica a seguire altre squadre. Non solo per i risultati ma anche per gli atteggiamenti. Poi ha condizionato soprattutto il mio modo di raccontare il calcio da giornalista, sono tutt’ora condizionato. Non perché ho simpatie rossonere, ma parlo del livello di esigenza che quel Milan ha fatto nascere dentro di me. Il Milan di Ancelotti allenatore e Maldini capitano è stata la massima espressione calcistica della storia di questo sport, sotto tutti i punti di vista. Dai giocatori allo staff, dal primo all’ultimo, non c’era niente da buttare in quel Milan. Purtroppo ho visto che nel corso degli anni questi preziosi insegnamenti di cui andava fatto tesoro sono stati un po’ sprecati... dopo che hai vissuto quelle cose da tifoso sei a posto per sempre. A Maldini ha fatto piacere, mi ha detto “Guarda, ti ringrazio perché quello che dici non è scontato”. Alla fine ho fatto bene a confessarmi con lui. È stato bello perché non è stata un’intervista sul suo ruolo di oggi, magari mi avrebbe dato risposte più scontate anche perché fa parte del ruolo di dirigente, ma è stata sulla sua carriera di calciatore".

Di cosa avete parlato? “Dell’evoluzione del ruolo del terzino sinistro nella storia del calcio. Avendo vinto il premio come miglior terzino sinistro ed essendo entrato nel “Miglior 11 di sempre” di France Football l’intervista è stata impostata su questo. È stato molto interessante perché lui ha iniziato in un calcio in cui si marcava ancora ad uomo, il terzino sinistro poteva spingere mentre il destro era bloccato, passando poi alla difesa a zona e poi agli anni di Sacchi che ha cambiato tanto, fino ad arrivare ai terzini di oggi, il cosiddetto terzino regista che tocca tanti palloni a partita. Chi meglio di Maldini, che ha giocato a calcio per 25 anni e ora fa il dirigente, per parlare di questa tematica”.

C’è qualcosa che l’ha colpita particolarmente durante l’intervista? “Sì! Mi ha detto “Sarei potuto essere un terzino sinistro ancora migliore se me ne fossi fregato di più delle direttive dei miei allenatori”. Per il premio c’era una lista di dieci nominati, e in questa lista lui era il meno prolifico. C’erano Facchetti, Cabrini, Roberto Carlos, terzini offensivi che hanno segnato tanti gol in carriera. Mi ha detto “Se guardi le mie compilation su YouTube per l’80% del tempo sono nella mia metà campo a fare interventi difensivi", invece se guardi una compilation di Roberto Carlos al 90% è lui che tira e segna. È stato un terzino più attento alla fase difensiva, anche perché era bravo a farlo, ma anche perché gli allenatori italiani gli chiedevano soprattutto questo. Ha pagato un po’ sul piano offensivo, e mi ha detto “Se me ne fossi fregato di più magari avrei potuto segnare più gol”. Poi un’altra cosa: a lui piace il discorso della longevità, mi ha detto: “Non voglio fare il falso modesto, sarei potuto essere nominato anche fra i centrali difensivi avendo fatto metà carriera da centrale e metà da terzino. Però mi va bene così perché ho avuto una carriera longeva, magari ho raggiunto picchi meno altri di altri” e questo è tutto da vedere, aggiungo io “però almeno in compenso sono stato forte per 25 anni”.

Parlando di terzini sinistro è impossibile non citare Theo Hernandez. Il francese ha avuto un impatto incredibile sul mondo rossonero e in molti si chiedono come mai Deschamps non lo convochi per la Francia. C’è qualche motivo particolare? “È una bella domanda, e purtroppo se non è stato provato fra settembre e novembre è difficile che farà parte della squadra per l’Europeo. Il gruppo è già fatto. In Francia non se ne parla più di tanto se devo dire la verità perché comunque l’anno scorso aveva fatto bene ma in una squadra che è finita sesta. Se non sei in Champions League hai molto meno visibilità, pur giocando nel Milan. Quest’anno ha iniziato un po’ più piano rispetto all’anno scorso, ma sta già tornando sui suoi livelli”.

Senza nulla togliere al giocatore dell’Everton, ma anche Digne non gioca in Champions League: “È vero. Io ho notato che è difficile entrare a far parte di quel gruppo se non sei stato convocato in precedenza. Infatti uno come Rabiot è già rientrato dopo aver fatto qualche mese a livello accettabile con la Juve. Se parliamo dei francesi della Serie A mi sarei aspettato una convocazione di Veretout piuttosto che di Rabiot. Però Deschamps conosceva già il centrocampista bianconero avendolo già convocato 4-5 anni fa, nonostante poi la situazione che si era creata (Rabiot aveva rifiutato la convocazione al Mondiale perché non voleva fare la riserva, ndr). Tornando a Theo, nella nazionale ci gioca suo fratello, Deschamps ne potrebbe parlare con lui. Un terzino sinistro così offensivo è un profilo che manca nella nazionale francese, è un po’ ingiusto secondo me. Andava almeno provato”.

Come giudica il lavoro del Maldini dirigente? “Pur essendo stato uno dei miei idoli della mia gioventù, non è che ho fatto salti di gioia quando è tornato. Cioè, ero contentissimo ma era pur sempre un dirigente inesperto. Purtroppo andava giocato come dirigente e non come Maldini, il giocatore più emblematico della storia del Milan. Perché così è, spiace per Baresi ma è così. Da dirigente ha fatto un percorso interessante, il primo anno con Leonardo gli è servito molto e lui lo dice anche se all’inizio non era convintissimo perché non gli sembrava di incidere, mentre Leonardo continuava a dirgli che la sua parola con un procuratore o con un giocatore avrebbe fatto la differenza. Ne parlai proprio con Bakayoko un anno e mezzo fa, gli chiesi se davvero facesse la differenza essere contattati da uno come Maldini. Mi ha risposto che è ovvio che fa la differenza, Maldini è una leggenda e quindi ascolti più lui che un dirigente “sconosciuto” e che non ha avuto la sua carriera. Adesso è anche bravo nelle interviste pre partita, anche questo fa parte del ruolo. C’è chi è bravo e capisce di calcio ma davanti alle telecamere fa danni. Lui non è mai stato un gran chiacchierone però comunque sa dire le cose giuste senza essere troppo banale, è una parte importante del lavoro. Poi ha saputo costruire la squadra in sintonia con l’allenatore e con Ricky Massara, che è uno che lavora nell’ombra ma un grandissimo intenditore di calcio. Tra l’altro è anche mezzo francese (ride, ndr). Su Maldini ho un giudizio positivo a prescindere da come andrà la stagione, sperando però che il Milan rimanga nelle prime posizioni. Da quando faccio il giornalista non ho mai visto il Milan in Champions. Se qualcuno mi avesse detto “Guarda, andrai a vivere a Milano ma non vedrai più il Milan in Champions” non gli avrei mai creduto (ride, ndr)”.

Maldini nelle scorse settimane ha parlato di Florian Thauvin. È un profilo da Milan? “È un campione del mondo, non dimentichiamolo. È uno dei pesci grossi, come si dice in Francia, che andrà in scadenza. Ha una carriera discontinua, alterna picchi alti a momenti in cui si scoraggia, è difficile da inquadrare. Ovviamente le potenzialità ci sono e sarebbe funzionale tatticamente. Può essere uno dei tre trequartisti, lì hai bisogno di almeno sei giocatori dello stesso livello. Thauvin può essere una buona occasione, soprattutto se il Milan rimane fra le prime quattro. Poi torniamo anche al discorso di Maldini, se lo dovesse chiamare lui farebbe la differenza”.

Simakan dello Strasburgo è un profilo pronto per il Milan e la Serie A? “Com’è stato per Kalulu i giovani francesi sono una garanzia. Fisicamente sono pronti, hanno già esperienza perché tanti giocano regolarmente dall’età di 17/18 anni. Ovviamente serve sempre un pericolo di ambientamento. Poi non costano neanche troppo, in linea di massima è sempre una buona idea. Di esempi ce ne sono a bizzeffe".

Intervista di Manuel Del Vecchio.