acmilan - Ruud Gullit: "Volevo solo giocare a calcio"

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domenica 24 maggio 2020, 16:00Le Interviste
di Manuel Del Vecchio
fonte acmilan.com

Sono passati esattamente 31 anni dal trionfo in Finale di Coppa dei Campioni contro la Steaua Bucarest. Ruud Gullit, protagonista assoluto di quel match così come di tutta l'epopea rossonera degli Indimenticabili, ripercorre i momenti più significativi della sua esperienza con la maglia del Milan. Ai microfoni della UEFA, tra ricordi e aneddoti, l'olandese rivive una carriera magnifica. 

"Io volevo solo giocare a calcio, ciò che non riuscivano a capire era che non mi importava contro chi giocassi. Che fosse la Juventus, il Brescia, il Real Madrid o chiunque, io ero sempre lo stesso, volevo solo divertirmi, volevo solo esprimermi. Faceva parte di chi ero. Non solo giocare bene ma anche lavorare sodo. Giocavamo contro il Real Madrid fuori casa per la prima volta, ed ero sempre in stanza con Carlo Ancelotti, e la mattina della partita si mise in fondo al mio letto, mi svegliai e mi disse: “Ti ho visto dormire come un bebè tutta la notte, come puoi dormire così quando affrontiamo il Real? Il Real è molto difficile da affrontare, ma hai dormito tutta la notte! Io non ho chiuso occhio, e ti vedevo dormire”. Gli risposi: “Carlo, dai, perché ti preoccupi? Siamo molto più forti del Real Madrid. Adesso lasciami in pace”. Ma quando sono sceso dal pullman ho iniziato ad immaginarmi la partita, a giocarla nella mia testa. “Visualizzazione”- ti vedi già giocare, ti vedi dribblare, ti vedi fare le cose, ti vedi prendere la palla, ti vedi fare un bel passaggio, ti vedi segnare, tutte queste cose. È ciò che vedi, è quello che hai in testa”.

“Il primo anno, eravamo sul pullman del tour e abbiamo implorato Sacchi di comprare Rijkaard. Era il pezzo mancante del puzzle per avere il centrocampo perfetto. Con lui e Carlo Ancelotti, non passava nessuno, nessuno, perché erano così forti: contrasti, passaggi, gol. Ci ha aiutato”.

“L’italiano è la lingua più bella al mondo, era bellissimo e facile da imparare. Gli italiani amano tutto ciò che ha a che fare con la bellezza, tutto: macchine, donne, orologi, moda, vacanze, cibo, tutto! Gli italiani lo apprezzano molto. È un ambiente fantastico in cui vivere. Un paese bellissimo, persone bellissime, ero molto felice e ho ricordi meravigliosi dei miei anni in Italia”.

“A volte devi affrontare degli ostacoli ma noi abbiamo sempre provato a fare la partita, lavoravamo duro, gli altri cercavano sempre di fermarci. Anche se potevano giocare bene, si limitavano a cercare di fermare noi anziché cercare loro di fare la partita. Per questo diventava più difficile essere convincenti. Molto più difficile, specialmente al secondo anno”.

“La pressione non la sentivo perché ero infortunato per gran parte della stagione. Ero appena rientrato da un problema alla cartilagine del ginocchio. Il giorno della sfida contro il Bayern, il chirurgo mi diede l’ok ad allenarmi in gruppo. Ero stato fuori per 4 o 5 mesi. Solo allenamenti da quel giorno fino al giorno della finale. E in finale ho giocato, ho anche sbagliato un paio di gol. Non ho giocato così male considerando che rientravo dall’infortunio”.

“Ogni anno era sempre più difficile, per il semplice fatto che gli avversari ormai sanno come giochi e sono più concentrati su di te e questo rende le cose più difficili. Di fatti, abbiamo vinto solo 1-0. Abbiamo avuto molte occasioni da gol, sapevamo che potevamo vincere per il semplice fatto che il Benfica era maledetto, una maledizione che andava avanti da decenni. Da quando il loro allenatore, credo fosse negli anni 70 o 80, venne esonerato e disse: “Non vincerete mai più una finale”. E così è stato. Non hanno mai più vinto una finale, incredibile (ride, ndr). Davvero una storia assurda”.

“Sapevo che Rijkaard avrebbe segnato quel gol, ero felice, e te ne rendi conto quando puoi sollevare la Coppa dalle Grandi Orecchie, è enorme. Una sensazione fantastica, perché è il traguardo più importante per un club europeo e tutto il mondo è collegato a guardare. E in quel momento ti rendi conto di aver fatto qualcosa di grande. Specialmente per gli italiani, amanti del bel calcio, è stato bellissimo”.

“Berlusconi ha avuto un ruolo importante in questo, veniva a trovarci tutte le settimane di venerdì, e se non ogni settimana, quasi. Berlusconi aveva una grande influenza su di noi. Qualche mese fa mi chiama Sacchi e mi dice: “Siamo stati nominati la miglior squadra di tutti i tempi”. Alle volte non te ne rendi conto di quanto incredibile sia questo riconoscimento. Quello che apprezzavano le persone era il modo in cui giocavamo, sempre all’attacco, vincevamo le partite 4-0, 5-0… Era la prima volta per una squadra italiana. Quando lo ha detto, lo ha reso orgoglioso perché lui era parte di quel Milan”.