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Civitarese (mental coach): "Leao distratto dall'incertezza sul futuro, De Ketelaere dev'essere ambizioso"

ESCLUSIVA MN - Civitarese (mental coach): "Leao distratto dall'incertezza sul futuro, De Ketelaere dev'essere ambizioso"MilanNews.it
© foto di © DANIELE MASCOLO
sabato 25 marzo 2023, 18:00ESCLUSIVE MN
di Redazione MilanNews

Roberto Civitarese, noto mental coach italiano che ha lavorato e lavora con diversi calciatori professionisti, studioso delle neuroscienze applicate allo sport, è stato intervistato in esclusiva ai microfoni di MilanNews.it e ha affrontato diverse tematiche: dalla stagione negativa del Milan, alla situazione del contratto di Leao fino al caso De Keteleaere e le sfide con il Napoli. Le sue dichiarazioni integrali.

Il Milan ha giocato un 2022 con una delle migliori difese in Europa e con un attacco temibile. Nel nuovo anno la storia è cambiata: come si spiega il crollo nel 2023 del Milan?

Il punto è semplice. Quando uno fissa un obiettivo, come può essere quello di vincere lo Scudetto, il mio cervello mi porta a mettere in atto dei comportamenti che vanno nella direzione dell’obiettivo prefissato. Ovviamente questo percorso deve essere supportato da risorse adeguate e soprattutto dalle motivazioni. Sacchi disse che la motivazione è come la benzina: una panda col pieno fa più strada di una Ferrari senza. Quando si raggiunge l’obiettivo, anche qua c’è un altro processo mentale da fare. Succede che per prima cosa si deve celebrare il risultato: il cervello deve capire che lo sforzo ha avuto un suo appagamento. Poi dev’esserci un momento in cui io tiro una riga e ricomincio lo stesso processo: fisso un nuovo obiettivo, ri-analizzo le risorse che ho a disposizione che nel caso specifico della squadra di calcio implica il cambio dei giocatori da una stagione con l’altra. Io credo che quest’ultima cosa, parlando del Milan, non sia avvenuta. Per fare un paragone, è la stessa cosa capitata alla Nazionale: sono andati a giocarsi la qualificazione Mondiale pensando ancora alla vittoria all’Europeo. Questo credo sia capitato anche al Milan e viene tradotto, in maniera molto semplice, come appagamento che è un processo che parte dall’aspetto mentale

Dunque è possibile che questo processo si sia ingigantito specialmente in una squadra giovane e con tanti giocatori che vincevano per la prima volta?

Assolutamente sì. Se uno non è abituato a raggiungere certi risultati, è chiaro che può esserci quello che volgarmente abbiamo chiamato appagamento. Non è scontato che tutti quelli che arrivano per la prima volta alla vittoria, automaticamente si appagano. E’ scontato se non fanno quel processo di cui parlavo prima

E su Ibra?

Tutto questo meccanismo è coinciso anche con l’assenza prolungata di Zlatan Ibrahimovic. Si tenga presente che quando Ibra era in odore di tornare al Milan, ero ospite a Sky e arrivò la notizia: io dissi che il suo arrivo avrebbe portato dal punto di vista mentale quello scatto e quella energia che in quel momento il cambio da Giampaolo a Pioli non aveva portato. Lo ribadisco oggi, l'assenza di Ibra, dal punto di vista mentale, è pesante. Quando Ibrahimovic è tornato in gruppo il Milan ha fatto quattro partite senza subire gol e ha passato gli ottavi di Champions. Se è nello spogliatoio questo appagamento di cui dicevamo, si affievolisce

Tutti assicurano che Leao è concentrato sul campo e non alle questioni legate al rinnovo. Le prestazioni del portoghese però suggeriscono altro: quanto influisce effettivamente o anche inconsciamente una trattativa di questo genere?

Secondo me non è neanche tanto una questione di inconscio. Dobbiamo partire da questo presupposto, il nostro cervello si concentra su un focus: ovvero l’obiettivo che miro con il mirino, ciò che metto sotto tiro. Il mio cervello su cosa è focalizzato? Questo è il punto. Il cervello non può mettere sotto tiro cinque cose alla volta, o meglio, può metterle ma ci sarà sempre una cosa più importante dell’altra. Nel caso di Leao, da esterno, dico che è normale che avere incertezza sul futuro ci porta a elaborare pensieri non sempre positivi: si passa dal dubbio alla paura fino alla contrazione. Chi svolge un’attività fisica ha la necessità che il pensiero sia funzionale all’estensione del proprio corpo. Il concetto è che Leao ha una serie di pensieri che lo distraggono da quello che è l’obiettivo principale di calciatore ovvero esprimersi al massimo del suo potenziale. La soluzione è che deve cambiare pensiero, se vuole cambiare risultati. Io credo che oggi sia bloccato a causa di alcuni pensieri che letteralmente lo distraggono da quello che abbiamo definito essere il focus di un calciatore, ovvero rendere al massimo del potenziale

Caso De Ketelaere. Sembra chiaro a tutti che le eccessive aspettative nel momento del suo arrivo a Milanello abbiano messo in difficoltà il belga. Come deve comportarsi Charles da qui a fine stagione anche in vista della prossima in cui sarà chiamato a svoltare?

Sicuramente le aspettative hanno giocato un po’ contro, ma attenzione perché nel mondo del calcio, ed è una cosa che evidenzio tutte le volte che ho la possibilità di farlo, si tende ad avere un pensiero minimo. Cioè non si parla di obiettivi ambiziosi, non si parla di risultati eclatanti perché non si vuole creare aspettativa che crea tensione. Ma non è questo il meccanismo. Il primo passo è quello di avere un obiettivo importante, stimolante. Possiamo utilizzare il termine ambizioso. Perché serve un obiettivo del genere? Perché quando mi troverò di fronte a delle difficoltà ho una leva motivazionale per affrontarle, se invece il mio obiettivo non vale la pena è chiaro che di fronte agli ostacoli, mollo. Lavoravo con Saponara quando era arrivato al Milan e l’avevano paragonato a Kaká. Abbiamo affrontato quel tipo di situazione. Poi quel Milan era un Milan che aveva altre problematiche, ma lasciamo perdere. Quindi non è l’aspettativa che ti frega. Se io vado al Milan e ci sono quelle aspettative io giocatore sono gratificato. Non è tanto l’aspettativa, ma è la modalità con la quale io interagisco con questa aspettativa. Sono in grado di reggere la pressione che questa aspettativa mi da quotidianamente? Se il peso è più grande di quello che posso portare è naturale che mi schiacci. Per non farmi schiacciare dovrò attrezzarmi. È chiaro che per De Ketelaere queste aspettative hanno creato una problematica, ma non la risolviamo abbassando le aspettative ma imparando a gestirle. Altrimenti non abbiamo più ambizioni, diventiamo tutti piatti, andiamo a giocare in Serie B e abbiamo risolto la questione. Lavoro con i calciatori da 15 anni, se un calciatore che ha in difficoltà in Serie A viene mandato in Serie B guarda caso farà ancora più fatica. Perché? Perché non c’è quello stimolo. Quindi cosa fare? È complesso da descrivere; per prima cosa deve isolarsi completamente da tutto quello che gli ronza intorno, deve cominciare a focalizzarsi su se stesso. Quando parlo con i calciatori utilizzo lo smartphone. Mi metto davanti e apro la telecamera, dandogli il telefono. Gli chiedo: “Cosa vedi?”. “Te”. Poi prendo il telefono e cambio fotocamera. Cosa vedi? “Me”. Gli dico quindi che devono scegliere che fotocamera utilizzare, perché se utilizzi la fotocamera degli altri sarai sempre dipendente dal giudizio, dal pensiero, dai consigli… Se invece guardi te stesso e inizi fare chiarezza su quali sono i tuoi punti di forza, le tue abilità… Se non ci guardi è come avere una roba nel cassetto. Sono opinioni, a me interessano i fatti, altrimenti non parlerei di neuroscienze. Se questo calciatore è arrivato al Milan vogliamo dire che due direttori come Maldini e Massara hanno gli occhi sotto la suola delle scarpe? Avranno visto qualcosa nel giocatore, no? Altrimenti non avrebbero fatto quell’investimento che hanno fatto. Allora vuol dire che le abilità ci sono, ma sono in quel famoso cassetto. Bisogna, per tirarle fuori, che il giocatore si approcci a questa situazione partendo dalle sue risorse. Poi da lì, punto secondo, si chiede: con queste capacità cosa posso fare? Si crea un obiettivo. E terzo, una strategia. Deve capire come utilizzare le risorse per raggiungere l’obiettivo. Il giocatore deve partire da se stesso, non da quello che dicono gli altri. Anche se gli altri lo fanno ovviamente con buone intenzioni. Chi viene a darti un consiglio lo fa credendo di farti del bene, ma magari ti sta dando un consiglio sbagliato. Questo è il punto. Per questo bisogna ripartire da se stessi. Sto guardando in questo periodo i calciatori in difficoltà, e si dice che è una questione mentale. Lo stesso vale per chi rinasce, come Rashford: è una questione mentale. La partita si gioca lì. Rashford da quando è rientrato dal Mondiale ha fatto quasi un gol a partita, ed esulta toccandosi la testa. L’ha spiegata dicendo che il 95% dei risultati che otteniamo dipende dalla nostra testa. Come lo affrontiamo? Abbiamo gli strumenti per farlo? Purtroppo no, il calcio da questo punto di vista è arretrato. Non si evolve”.

Dopo la sosta arriverà un triplo incontro con il Napoli. Come si gestiscono tre incontri ravvicinati con una posta in palio così alta?

Bisogna innanzitutto dividere il tutto, non considerandola come un’unica sfida che ha tre incontri. Sono tre partite che devono avere un esito singolo, e bisogna dare il giusto valore ad ogni singola partita. Quando gli allenatori in Champions dicono “Abbiamo 180 minuti per…” non è esattamente così. Il risultato che faccio oggi sicuramente non è definitivo, ma può compromettere o facilitare l’esito finale. Come si affronta? Va affrontato preparando le partite per quello che sono: tre partite separate con tre esiti assolutamente distinti. Il secondo approccio che ho visto fare bene a Pioli nel momento del sorteggio è quello del non dare nulla per scontato. È un approccio importante perché trasmette fiducia”.

Quali sono i pro e i contro nel sapere che si affronta una squadra favorita sulla carta e che sta letteralmente dominando da inizio stagione sia in Italia che in Europa, come il Napoli?

Bisogna innanzitutto disinnescare la bomba. Che vuol dire? Che dobbiamo depotenziare tutti quei segnali che danno valore ad una squadra. Nelle conferenze stampa gli allenatori cosa fanno? Parlano sempre bene dell’avversario. E lì trasmetti insicurezza. Io consiglio di fare il contrario, che non significa dire che quella squadra non è forte. Come fare a depotenziare una sfida come questa? Il Napoli ha praticamente la stessa media punti che aveva il Napoli di Sarri, pressappoco. Il Napoli di Sarri non vinse nulla. Quindi cosa direi? Che non è un Napoli diverso, è lo stesso Napoli perché ha fatto gli stessi punti, circa. Non sto dicendo che è una squadra sopravvalutata, anzi. Sto dicendo quello che è, cioè che la media punti è simile al Napoli di Sarri. Vado a cercare quegli elementi che vanno a disinnescare quel senso di strapotere che comunque poi il Napoli dimostra in campo, attenzione. Però è chiaro che se vado contro King Kong devo cercare il punto debole. Andrei quindi a cercare quegli elementi che mi portano a potenziare questo tipo di situazione. L’altra cosa, al contrario, è che vado a prendere i miei punti di forza. Ed è già stato fatto, l’ha detto anche Spalletti commettendo anche un errorino, dicendo che il Milan è la Champions. È un errorino perché parla troppo bene dell’avversario. Ma comunque l’ha detto in modo molto soft, senza ricamarci sopra come fanno tanti allenatori, sbagliando; alla fine dicendolo continuamente stai alimentando quel pensiero, ti stai condannando alla sconfitta. Dal punto di vista del Milan cosa fare? Andrei a depotenziare i punti di forza dell’avversario e a far leva sui miei, ad esempio il numero di Champions vinte, cosa rappresenta per il Milan questa competizione o il poter dare un senso a questa stagione al momento un po’ complicata. Lavorerei su questi due aspetti”.

intervista di Francesco Finulli.