Fiorentina-Milan e un atteggiamento sbagliato. Nel post partita arriva un mea (nostra) culpa importante

Errori tecnici? Forma fisica altalenante? Prestazione di alto livello degli avversari? Sì, certamente. Ma non solo. Il Milan che esce sconfitto a Firenze, senza nulla togliere all'ottima partita preparata da Italiano e poi ben interpretata dai viola, è il "solito" Milan che quando non riesce ad avere la scintilla della motivazione e del giusto approccio diventa solo una squadra "normale" con alcune individualità di livello. A volte si riesce a portare a casa il risultato, altre volte, come quando si incontra una squadra organizzata e motivata, no. L'attenuante? L'impegno di mercoledì a Londra contro il Tottenham di Antonio Conte; quella che, ad oggi, è LA partita della stagione. I rossoneri, molti alla prima esperienza su palcoscenici così importanti, sono stati evidentemente condizionati dall'impegno europeo dell'8 marzo, arrivando scarichi e non sul pezzo al match del Franchi di ieri sera. È una situazione non anomala per questo gruppo: quando è con le spalle al muro la squadra riesce spesso a tirare fuori il meglio, quando invece non si riesce ad affrontare la partita con la giusta testa allora il Milan non mette in mostra qualità fisiche, tecniche e di gruppo che da tre anni a questa parte hanno fatto la differenza a favore.
È un difetto riscontrato già dall'inizio del percorso di mister Pioli sulla panchina rossonera e che ciclicamente si ripropone. Lo ha ammesso candidamente Ismael Bennacer nel post partita, parlando ai microfoni di DAZN: "Penso che abbiamo sbagliato l’atteggiamento. La Fiorentina ha giocato molto bene, hanno meritato la vittoria. Dobbiamo fare molto di più. Scendiamo in campo di nuovo tra qualche giorno e non si può giocare così”. Non si può giocare così. Abbiamo sbagliato l'atteggiamento. Una sveglia forte alla squadra (importante l'uso nel noi senza puntare il dito verso nessuno), che fa eco a quella di Sandro Tonali ad inizio stagione nel post partita di Atalanta-Milan. Di positivo c'è che i ragazzi, o almeno qualcuno, ne sono consapevoli. Di negativo è che sembra molto difficile fare passi avanti sotto questo punto di vista. Alla vigilia qualcuno aveva storto il naso per le dichiarazioni di Pioli: "Il rientro di Ibra è molto importante. Voi non vedete gli allenamenti, ma se vedeste gli allenamenti con Zlatan e senza Zlatan c’è differenza. C’è differenza e questo è un grandissimo valore in più”. L'allenatore rossonero ovviamente voleva dare grande merito ad Ibra e ai sacrifici dello svedese di questi mesi, ma senza accorgersene, e sicuramente senza volerlo, ha dato nuovamente forza all'idea di chi pensa che questa sia una squadra che ha bisogno del suo totem per essere destata dal torpore e tornare a performare a mille.
La crisi di gennaio è stata ribaltata anche, ma ovviamente non solo, con il ritorno in gruppo del campione di Malmo, a dimostrazione di come sia determinante anche a 41 anni sul groppone. Il rovescio della medaglia è che un gruppo così talentuoso e che ha dimostrato di poter competere ad altissimi livelli non può aver ancora bisogno del sergente Ibra per trovare motivazioni e la giusta concentrazione. La "favola" del numero 11 emoziona sicuramente il tifoso rossonero, ma occhio a non far diventare una bella storia un limite. Mercoledì c'è già l'occasione per dimostrarlo, starà a Pioli toccare le corde giuste.

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