Un viaggio nel "nuovo/vecchio" Milan: data analysis, scouting ed "algoritmi" non sono parolacce

Un viaggio nel "nuovo/vecchio" Milan: data analysis, scouting ed "algoritmi" non sono parolacceMilanNews.it
giovedì 8 giugno 2023, 15:00Primo Piano
di Manuel Del Vecchio

Nell'immaginario tutto italiano del calcio le parole come scouting, data analysis, algoritmi e player trading suonano male, come se fossero parolacce. Come se qualcuno, di lontano e totalmente incomprensibile, arrivasse a sconquassare e sparigliare anni e anni di modus operandi basati sul rapporto umano, sul "manico" e anche, purtroppo, sugli "amici degli amici".

Parliamoci chiaro: non va demonizzato né un metodo né l'altro, visto che ognuno attecchisce in modo migliore in base al contesto sociale e storico e varia da cultura calcistica a cultura calcistica. Dopo l'addio di Maldini e Massara, che negli anni hanno dimostrato di aver fatto un lavoro egregio (non privo di errori, ma con degli alti incredibili), è tornato d'attualità il discorso: la fredda macchina contro il parere umano, la capacità selettiva di un computer contro il rapporto tra persone. Iniziamo con il dire che il tutto, ed il Milan che vince lo scudetto ne è massima espressione, funziona quando si riescono ad unire le due componenti ed arrivare ad una sintesi dei pregi di entrambe le visioni, cercando di lasciar fuori punti deboli ed errori. Non lo pensa solo chi sta scrivendo, ma è un pensiero che è emerge anche dalle parole di Geoffrey Moncada, capo scout del Milan pronto a prendersi maggiori responsabilità decisionali dopo l'addio di Paolo e Frederic. 

Nel dicembre del 2020, in una lunga intervista concessa a 'Podcast Prolongation' del giornalista francese Johann Crochet, lo scout francese diceva: “Tra le cose che mi piacciono del Milan c'è anche il fatto che lavoriamo con Paolo Maldini, che ha giocato nel club, lo conosce, lo ama. Quando prendiamo un giocatore, parla molto con lui, con la sua famiglia. Questo sicuramente è importante, i giovani che arrivano dicono "Ah c'è Paolo Maldini". Noi cerchiamo di tranquillizzarli: "Ok, siete arrivati al Milan, il lavoro comincia adesso. Crediamo in voi, non dovete essere timidi, mostrate che avete talento e impatto. Il Milan è un immenso club. Tutto è in funzione del vostro successo"". Perfetto esempio di sintesi. Ora, è logico pensare che la perdita di Maldini sia di quelle importanti, ma nel gruppo di lavoro, così è stato definito, che si occuperà del mercato del Milan una figura del genere non verrà comunque a mancare.

Ci sono però delle linee guida "nuove/vecchie". Nuove, perché era evidente come Maldini e Massara volessero, a torto o a ragione lo scopriremo solo vivendo, deviare un po' dalla traiettoria impostata. Vecchie, perché sono quelle su cui è nato il Milan di oggi con l'avvento di Elliott. Fu proprio Moncada ad illustrarle in modo chiaro: "Un tempo il Milan era già un grande club, quindi magari non avevano bisogno di lavorare tanto sullo scouting. Avevano preso il giocatore più forte del Sud-America, Ricardo Kakà, avevano preso Andriy Shevchenko che aveva già giocato in Champions e che era già molto forte. Andavano a prendere i più forti ovunque. Elliott ha chiesto di sviluppare l’area sportiva con lo scouting e i dati, le statistiche. Quindi abbiamo deciso di creare due cose: l'area scouting e l'area 'dati'. L’uno lavora con l’altro ogni giorno. Quando uno scout vede un giocatore che gli piace, allora andiamo a vedere un po i numeri su tutto. Quando l'area 'dati' ci riferisce che abbiamo un giocatore forte con i numeri, chiedo agli scout di andare a vederlo. Mi piace questo mix, questo lavoro tra il live e l'aiuto delle statistiche. Per Elliott è importante avere dei rapporti con statistiche, video, non solo le osservazioni degli scout". Anche qui, sintesi: macchina e uomo che lavorano insieme, per arrivare al miglior risultato possibile per il club.

Le linee guida del Milan targato Pioli, Furlani e Moncada non sono spiazzanti, né tanto meno data analysis, scouting ed "algoritmi" sono parolacce. Verrà data quindi ancora più importanza al binomio scouting/dati, senza che una figura unica faccia da accentratore decisionale, ma ci sarà un "pool" che valuterà in base a statistiche e ai report dei tantissimi scout rossoneri in giro per il mondo: il Milan, dall'avvento di Moncada in poi, vanta un sistema a dir poco capillare.

Il mercato ovviamente deve tenere conto anche di un'altra variabile, quella economica: si spende quanto si ricava, senza che l'azionista di maggioranza sia costretto a immettere denaro con aumenti di capitale per coprire eventuali operazioni particolarmente oneroso. E anche qui, piccola postilla che ci sentiamo di fare per essere quantomai chiari e trasparenti con i tifosi ed i nostri lettori: è facile correre dietro al "Abbiamo fatto una Champions che ci ha portato 100 milioni di incassi (cifra ovviamente non precisa, ndr), come si può investire sul mercato solo X o solo Y?". È una domanda assolutamente legittima, ma a cui c'è una risposta molto chiara. Il Milan quest'anno, dopo stagioni da incubo sotto questo aspetto, chiuderà molto probabilmente il bilancio con il segno più. Un risultato incredibile, arrivato in anticipo sulla tabella di marcia senza dubbio: "l'inghippo" sta proprio qui. Ad oggi il club rossonero ha sicuramente aumentato i ricavi da sponsor e dal settore commerciale (così come poi ha aumentato il costo della rosa con i rinnovi di Kalulu, Tomori, Krunic, TheoPioli, Tonali, Giroud, Bennacer e Leao), ma dipende ancora in modo importante dai risultati sportivi. Chi si occupa di previsioni e di business plan deve "giocare al ribasso", e mettere in conto scenari poco positivi, possibili per quanto improbabili. È possibile che il Milan il prossimo anno possa fare un altro percorso in Champions soddisfacente? Sicuramente, ma non c'è la certezza. E non essendoci certezza, con il club rossonero che ha sottoscritto un Settlement Agreement la scorsa estate ed è sotto regime di FFP, fare il passo più lungo della gamba è un attimo: non può e non deve accadere per non buttare anni di lavoro certosino e di "sacrifici".

Ed ecco perché gli investimenti ci saranno, così come ci sono stati in questi anni (i rossoneri sono l'unica squadra di Serie A che negli anni americani ha potuto sempre comprare senza mai avere esigenze di bilancio che portassero a cessioni importanti) ma in maniera sempre controllata e sostenibile: sotto questo punto di vista, con la squadra che sarà comunque sempre mantenuta competitiva per centrare risultati sportivi "minimi" (top 4 in campionato e passaggio dei gironi di Champions), pesa tanto il discorso stadio: da qui si passa per provare a recuperare l'enorme gap maturato con gli anni con le altre big europee.

E sempre in quest'ottica si sta guardando con attenzione a tutti i profili in scadenza a giugno 2023 e giugno 2024. i motivi sono due: il primo è meramente economico, ovviamente. il secondo è anche quello di creare una base che nei prossimi anni possa portare anche ad un player trading più dinamico. Nella rosa attuale del Milan ci sono ovviamente tanti calciatori che hanno gli occhi di mezza Europa puntati addosso, ma si tratta dei giocatori titolarissimi. Manca, proprio nella struttura della rosa, quella fascia di giocatori sì utili, sì bravi, ma cedibili. L'Hauge della situazione. Il Cutrone. Il Suso. Al momento invece ci sono tanti giocatori in esubero, vedi Rebic, Messias, Ballo-Touré, Origi (a cui si uniscono Tatarusanu, Dest e Bakayoko che andranno via al termine del contratto o del prestito) che difficilmente potranno fruttare cifre alte per quanto riguarda la cessione del cartellino. Certo, liberarsi dei "rami secchi" può consentire spazio di manovra perché si libererebbero comunque numeri importanti a livello di costo della rosa. Quindi il player trading sarà necessario per "smuovere le acque" e rinnovare la rosa di anno in anno, andando ad inserire calciatori ritenuti utili rispetto a chi ormai ha concluso il suo ciclo con la maglia rossonera.

Per concludere, vi lasciamo un altro esempio fatto da Moncada (l'intervista integrale è qui, per chi volesse). Questa volta non è su un "giovane sconosciuto", di quelli che tanto fanno inorridire una parte del tifo rossonero, ma su un calciatore che era già "pronto", ma che aveva bisogno di rilanciarsi: "Theo Hernandez è un giocatore che conosciamo dall’U17/U19 dell’Atletico Madrid. E’ stato un lavoro durato 4-5 anni. E l'opportunità di prenderlo è arrivata quando era un po' in difficoltà al Real Madrid, che aveva appena preso Ferland Mendy. Avevamo visto le sue partita da giovane, i suoi progressi alla Real Sociedad in prestito, avevamo parlato con il suo entourage. Theo è un treno. Lui distrugge tutta la fascia sinistra. Nel calcio di oggi i terzini sono così e li vogliamo così. Il terzino moderno in una grande squadra deve essere un treno, correre tanto, come un matto. Lo seguivamo già all’Atletico Madrid, poi al Real Madrid, poi è andato in prestito alla Real Sociedad e mi dicevo 'ma com’è possibile che nessuno si interessi a lui.' e la verità è che non abbiamo avuto tante concorrenza quando lo abbiamo preso. Paolo Maldini ha fatto un grande lavoro, ha parlato con i dirigenti del Real Madrid e con Theo".

Quello che possono aspettarsi i tifosi, almeno nelle intenzioni, è un approccio molto simile a quello che nel 2019 ha portato in rossonero i vari Bennacer, Krunic, Theo e Leao. Non c'è nessun tipo di garanzia che andrà allo stesso modo e che i nomi si rivelino poi clamorosamente azzeccati, ma non c'è certezza neanche del contrario. Quel che è certo è che il Milan ora ha questo tipo di modus operandi: preciso, schematico, con passaggi chiari. Si proverà come in passato ma senza, purtroppo, una figura come Maldini, a fare la sintesi tra i due mondi, che tanto ci sembrano lontani ma che quando si avvicinano con le giuste intenzioni e volontà non possono far altro che creare valore e competitività.