Arrigoout. Leao e la prova del nove. Metanopoli. Gli investimenti per la squadra

Arrigoout. Leao e la prova del nove. Metanopoli. Gli investimenti per la squadraMilanNews.it
sabato 30 settembre 2023, 00:00Editoriale
di Mauro Suma

Ogni tanto mi capita di pensare che il Milan degli Immortali di Silvio Berlusconi, tanti Auguri per ieri Presidente, e Arrigo Sacchi non avrebbe mai potuto esistere, se fosse nato nell'era dei social. Ma ve le immaginate le varie timeline dopo lo 0-2 con la Fiorentina? O dopo il tonfo di Lecce con l'Espanyol? Sarebbe stato subito #Arrigoout e tanti saluti. Sissignori, nessuna criminalizzazione di nessuno, perchè i social sono l'evoluzione della specie e una ormai insostituibile forma di espressione e di libertà. Ma la forza che sprigionano è arrivata in campo e condiziona il campo. Lo conferma il fatto che il Napoli e Osimhen si separeranno, nell'era dei TikTokers. Ma non solo: guardate la Roma e Ibanez. I social avevano trasformato il brasiliano in un punching ball per i suoi errori nei derby capitolini. Via, via, out, out. Eppure senza di lui la Roma imbarca acqua. E, venendo a noi, Messias era uno "scappato di casa", così come dice qualche illuminato su Twitch (e Twitch è un social...), poi va a Genova senza il peso di ste robe e pronti-via al suo esordio segna subito, bello, leggero e sereno. Lo ricordo bene il dramma social di quest'estate sulla superiorità della Roma che lei sì, aveva saputo prendere N'dicka e Aouar a zero, mica noi incapaci che andavano a prendere gli scarti del Chelsea e altri giovani sconosciuti. Benedetti social...

A proposito, avete fatto caso a quanto sia diverso il calcio del Milan da quello del Chelsea? I Blues sono diventati una sorta di sliding doors di se stessi, gli idoli di quelli che amano scrivere tweet su decine di milioni di euro al secondo e su grandi fantasmagoriche operazioni di mercato che voi umani manco ve le sognate. Il tipico club che appena arrivi sei fagocitato dalla cifra che sei costato e in poche partite sei già Mudryk. L'esatto contrario del Milan che, buono buono, si mette lì, aspetta Leao nonostante tutto, aspetta Tonali nonostante tutto, sta fermo, calmo e poi arriva al risultato. Eh ma allora, dice, allora De Ketelaere? Certo che ci è voluta tutta la calma del mondo anche lì per capire qual'era l'unico club in cui il ragazzo poteva riemergere ed evitare al Milan un bagno di sangue tanto più grave quanto più siamo ancora nell'era del Settlement. E forse è anche per tutto questo che Tomori lì non gioca e qui fa tutta la differenza del mondo adesso che è tornato, che Giroud lì fa cornice e qui fa girare gli Scudetti, che Loftus e Pulisic lì fanno costosa tappezzeria e qui calcio pratico, incisivo ed efficace. Ma il problema non è il Chelsea in sè, ma il tipo di calcio-social, fluidi, umorale, aleatorio e brucia-denari a strascico che incarna. Quello dal quale ha saputo stare lontano Leao. Sul quale un giorno si dice e si scrive che se va via dal Milan è finito il Milan e l'altro invece si trasforma un colpo di tacco sbagliato o un passaggio sbagliato nella prova del nove dell'esatto contrario di quel che si sosteneva qualche mese prima. Benedetta pazienza.

Torniamo a noi. Se non sbaglio una volta San Donato la chiamavano anche Metanopoli….Ci ho fatto anche le visite mediche all'Eni da giovane cronista de Il Giorno nel 1989. Mettere li lo stadio più all’avanguardia e sostenibile d’Italia e al livello dei top nel mondo, a posto delle erbacce, dei rifiuti e di tante delle cose che da decenni frenano la crescita e il Pil del Parco Sud, dovrebbe ricevere applausi e osanna invece di qualche resistenza pigra e stantia. Ma ne vogliamo poi parlare del Parco Sud? I padiglioni del Girasole a Lacchiarella non sonno diventati polo fieristico, il centro congressi di Pieve Emanuele è diventato negli anni lo scheletro di se stesso, l'interporto di Villamaggiore che avrebbe esaltato il trasporto merci su rotaia abbattendo inquinamento e traffico è stato bloccato negli anni da scartoffie, cartelli e assemblee. No, no e ancora no, tanto che oggi la zona è verde ma incolta, mosca bianca rispetto al resto della provincia ma depressa. Insomma, uno stadio meraviglioso immerso in un’area di verde profondo rivitalizzato e valorizzato, dovrebbe indurre la super minoranza miope ma rumorosa dei no a prescindere, sulla base solo di luoghi comuni, ad evitare l’ennesimo autogol e l’ennesimo danno alla collettività. E invece ci ricascano. Questo siamo, caro commissario per gli stadi in arrivo, un Paese calcisticamente contadino a livello di arene e stadi, con tutto il rispetto per le mani di chi la terra la lavora e la ama. Un Paese contadino rispetto alla Premier che simboleggia una City, a volte troppo volubile come vedevamo prima, ma pur sempre la City.

Sul piano calcistico, inutile ribadire l'ovvio. Il nuovo stadio genererebbe nuovi introiti. I documenti di questa settimana sul bilancio del Milan dimostrano una e una sola cosa. Che il Milan tutto quello che ricava lo investe sulla squadra, sul suo rafforzamento, sul mercato, sulla crescita del suo valore che oggi è certificata. Il Milan spende e straspende da anni per la squadra. Ricavi Champions? Per la squadra. Premio Scudetto? Per la squadra. Fatturato in aumento esponenziale? Per la squadra. Il sogno del nuovo stadio? Per la squadra. Nient'altro che per la squadra. Avanti.