Adli racconta la sua infanzia: "Intorno a me c’era delinquenza, ma i miei hanno fatto di tutto per allontanarmi da ogni pericolo"

Adli racconta la sua infanzia: "Intorno a me c’era delinquenza, ma i miei hanno fatto di tutto per allontanarmi da ogni pericolo"MilanNews.it
© foto di DANIELE MASCOLO
sabato 23 marzo 2024, 10:46News
di Enrico Ferrazzi

Yacine Adli ha rilasciato una lunga intervista a SportWeek, settimanale della Gazzetta dello Sport, nella quale ha parlato anche della sua famiglia e della sua infanzia. Ecco le sue parole: "Papà ha scelto Yacine perché così si chiama uno scrittore, Kateb Yacine appunto, algerino di etnia berbera come i miei genitori. È stato un simbolo della resistenza algerina contro la dittatura. Mio padre è arrivato in Francia a 9 anni. Quando mamma ne aveva 18, è tornato in Algeria e l’ha portata con sé. Vengono dalla stessa piccola città. C’è una storia che si racconta sul loro incontro: una donna importante di questa città, legata alle famiglie di origine dei miei, previde che mio padre, una volta adulto, avrebbe sposato mia madre. E così è stato. Mia madre Ouiza è speciale perchè è una persona semplice. Ha preso molto da suo padre, un agricoltore che per me ha rappresentato un esempio: spendeva tutto il suo tempo per aiutare gli altri. Dava denaro a chi non ne aveva, senza aspettarsi nulla in cambio. La mia famiglia è stata ispirata dalla sua generosità".

Il centrocampista del Milan ha poi continuato: "Mio papà non lavora più. Lo ha fatto per tutta la vita, fin da piccolo e, quando ho cominciato a guadagnare col calcio, gli ho detto: adesso basta, riposa. Sono orgoglioso di avergli dato la possibilità di smettere. Ha fatto mille mestieri, soprattutto il venditore, girando per tutta la Francia. Fratelli o sorelle? Una sorella e un fratello più grandi. Mi hanno sempre protetto e dato buoni consigli. Li chiamo ogni giorno". 

Sulla sua infanzia, Adli ha raccontato: "Che infanzia ho avuto? Carina (testuale). Il mio era un quartiere popolare e multietnico. Non posso nascondere che fosse anche pericoloso. Intorno a me c’era delinquenza, ma i miei hanno fatto di tutto per allontanarmi da ogni pericolo e farmi concentrare solo sulla scuola (sono arrivato fino allo Scientifico con la media dell’8), sullo sport e su altre cose che mi impedissero di passare troppo tempo per strada col rischio di fare qualche stupidaggine. Mio padre mi ha iscritto a solfeggio e ho imparato a suonare il violino, ho fatto judo e scacchi, più tanto calcio. Mamma tutte le sere faceva il giro dei campi del quartiere per vedere dove fossi e riportarmi a casa. Giocavo sempre, ma senza ansie o pressioni: per me il pallone era un modo per divertirmi e stare con gli amici".