Biasin: "Milan, Gattuso via ma la soluzione non è un'altra rivoluzione"

Infine il Milan. Inutile ribadire il concetto, ormai trito e ritrito: per il sottoscritto Gattuso merita applausi, per l’uomo che è (e lo dicono tutti), per l’allenatore che è diventato (e in molti non sono d’accordo). Il suo futuro non sarà sulla panchina rossonera, la decisone è presa. E allora ci sono delle cose da dire.
Il Milan è rimasto fuori dal paradiso per pochissimo, un punto o poco più che, probabilmente, si sarebbe potuto conquistare con la famosa “unità d’intenti”: era prerogativa del grande Milan dei bei tempi andati, ora non c’è più. Per intenderci, ci riesce difficile capire come si possa migliorare la situazione con un ad deciso a importare il “modello Arsenal”, con un possibile ds straniero, con la volontà imprescindibile di costruire una squadra “giovane e bella”, con la separazione da Leonardo, il ridimensionamento possibile di Maldini, con azioni molto logiche se non stessimo parlando di calcio ma di un’azienda di elettrodomestici, regole che certamente valgono nella Premier dei milioni a pioggia, ma non da queste parti. La serie A non è la Premier, pensare che l’affetto dei tifosi possa reggere di fronte a un piano economico che non contempla parimenti un piano sportivo è illusorio e, francamente, anche poco logico. Dalle nostre parti se fai come ti pare lo stadio non rimane pieno a prescindere, si svuota. E la gente, giustamente, si incazza.

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