Il soccorritore di Bove: "L'ambulanza non poteva entrare in campo. Procedure seguite alla lettera"
Attimi di terrore che difficilmente verranno dimenticati, quelli relativi al malore occorso a Edoardo Bove al 17' di Fiorentina-Inter, con le decisioni da prendere rapidamente, in momenti super concitati. Alla fine tutto è andato per il meglio, a partire dall'intervento sul campo, anche se per qualcuno, in quei momenti drammatici, le cose non erano state fatte nel migliore dei modi. Non è così però, a partire dall'intervento dell'ambulanza, che non è entrata in campo, scatenando per questo l'ira di alcuni tifosi e giocatori che invocavano l'ingresso del mezzo all'interno del campo per guadagnare secondi preziosi. A spiegare il perché di questa "scelta" è stato uno dei soccorritori, al Corriere Fiorentino: "Le procedure sono state seguite alla lettera: l’ambulanza non può entrare in campo perché affonderebbe e rimarrebbe impantanata. In altri stadi hanno a disposizione i caddy, ma a Firenze non serve. Non siamo all’Olimpico dove c’è la pista d’atletica e le distanze sono grandi, qui l’ambulanza è a un passo dal terreno di gioco".
La velocità di azione, spiega il soccorritore, "è stata decisiva: già sin da dentro il campo il medico ha attaccato sul petto di Bove i due elettrodi del defibrillatore". Spiegazione poi anche sulle condizioni dello stesso Edoardo Bove al momento dell'arrivo sull'ambulanza: "Era lucido e parlava quando è stato caricato sul mezzo. Ma si tratta di un defibrillatore automatico Dae che interviene subito in caso di aritmia. Così quando sull’ambulanza ce n’è stato bisogno si è attivato immediatamente. E Bove all’arrivo a Careggi era già di nuovo cosciente".
Infine alcune parole sulla velocità di intervento e di arrivo in ospedale, con il trasporto dallo stadio a Careggi che è durato 6 minuti "merito di procedure dedicate agli eventi allo stadio che prevedono la scorta a sirene spiegate della polizia municipale"
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