Cardinale: "Ibrahimovic è il mio proxy nel Milan, è la voce della proprietà"

Cardinale: "Ibrahimovic è il mio proxy nel Milan, è la voce della proprietà"MilanNews.it
giovedì 29 febbraio 2024, 20:02Primo Piano
di Manuel Del Vecchio

Nelle giornate del 28 e 29 febbraio va in scena la sesta edizione del “Business of Football Summit” sotto l’organizzazione di un colosso dell’informazione come il Financial Times. Focus dei vari panel ovviamente saranno ovviamente le nuove forze finanziarie che stanno trasformando il calcio, con argomenti che vanno dal divario tra i club d’élite ed il resto del mondo, l’espansione dei tornei internazionali, le mire espansionistiche dell’Arabia Saudita, la sentenza della Corte di giustizia europea su UEFA, FIFA, SuperLega e tanto altro ancora.

Saranno diversi gli ospiti illustri, intervistati ovviamente dai giornalisti del FT, che interverranno durante l’evento londinese. Presenti anche Gerry Cardinale, founder e managing partner di RedBird, proprietario del Milan, e Zlatan Ibrahimovic, socio operativo di RedBird Capital nel suo portafoglio di investimenti in Sport e Media & Entertainment. In questa veste, ricopre anche il ruolo di Senior Advisor della proprietà e dell'alta dirigenza dell'AC Milan.

Questo l'intervento di Gerry Cardinale durante il panel di questo pomeriggio, trascritto e tradotto da MilanNews.it.

Sono passati 18 mesi da quando sei diventato proprietario del Milan. Nei primi 9 mesi diciamo che hai osservato e studiato il club. Dopo di che hai iniziato a prendere decisioni importanti come portare Zlatan. Hai fatto anche scelte difficili, come separarti da Maldini o vendere Tonali. Qual è la tua visione per il club?

 “Sono stati 18 mesi molto lunghi. Mi sono detto che se davvero avessi deciso di fare questo (prendere decisioni, ndr) in un grande club europeo non lo avrei fatto col fucile spianato, quindi mi sono preso un anno per studiare, guardare e capire meglio. Nei miei 30 anni di carriera ho avuto il privilegio di stare intorno ai migliori proprietari sportivi americani, negli ultimi 5 anni ho avuto il privilegio di stare a contatto con il Liverpool e diventare il proprietario del Tolosa… È stato un processo di apprendimento. Sapevo che al Milan sarebbe stato un qualcosa di più che un processo di apprendimento. Quello che abbiamo fatto negli ultimi 18 mesi è stato mettere i pezzi al posto giusto per dare forma alla nostra “Investment Thesis” (tesi di investimento: un'argomentazione ragionata a favore di una particolare strategia di investimento, supportata da ricerche e analisi. Ndr). Ci sono diversi progetti: intorno al Milan, intorno alla Serie A. Dobbiamo essere un “agente di cambiamento”. Quello che sta succedendo in Italia, ma francamente anche in tutta Europa, è definibile come un po’ di follia. Tutti vogliono un risultato diverso, tutti vogliono vincere. Il mondo è cambiato, il Milan è dove è ora, il team con più Champions League al mondo dopo il Real Madrid, grazie a Silvio Berlusconi. Il modo in cui è riuscito a farlo non è più una strada percorribile.

E lo dico, umilmente, avendo fatto esperienza nella mia carriera dello sport insieme a Steinbrenner (principale proprietario e socio amministratore dei New York Yankees della Major League Baseball dal 1973 fino alla sua morte nel 2010, ndr). Steinbrenner è stato al baseball come Berlusconi è stato al calcio europeo. Non si può più vincere in questa maniera. Dobbiamo trovare modi per vincere più intelligenti. E da un punto di vista dell’investimento il focus è sul vincere in modo costante. I tifosi e la gente ovviamente sono molto coinvolti e la loro razionalità sparisce: siccome siamo umani tutti vogliamo vincere. Ma nessuno vuole vincere più di me. Sono enormemente allineato alla tifoseria in Italia, ma ho un lavoro da fare. E il mio obiettivo è di vincere in modo costante. E il valore di tutto il movimento continuerà a crescere solo se la competitività è sempre presente. Vogliamo vincere Serie A e Champions League ogni anno, ma il tutto perderebbe di valore. Il punto fermo dello sporto è l’imprevedibilità dell’elemento umano. È un discorso più ampio, ma quello che sta succedendo nello sport ai giorni nostri è preoccupante”.

Perché hai scelto di portare Ibra in RedBird e al Milan?

“La cosa positiva di aver osservato per un anno è che ho avuto la possibilità di conoscere Zlatan. Quando l’ho incontrato ero davvero molto curioso. Volevo prendere il suo far parte del mondo sportivo più importante d’Europa e metterlo nel nostro mondo di intendere gli investimenti. Quando qualcuno compra un club inizia a metterci dentro consulenti e dirigenti di vario tipo, tutte cose con cui persone come me hanno familiarità. Ma chi conosce il calcio europeo e il Milan meglio di Ibra? È il più grande uomo squadra che io abbia mai incontrato. Non parlo solo di campo: la sua umiltà, la sua intelligenza. Abbiamo esperienza di collaborazione con persone come lui, da Dwayne Johnson a LeBron James passando per Ben Affleck e Matt Demon e in Zlatan vedo le stesse cose. Se riesci a trovare persone che possono scavalcare il loro mondo e campo per entrare nel mio allora vai a creare una partnership molto potente”.

La Serie A ha bisogno di qualcosa di nuovo?

Per come è gestito il calcio europeo tutti vogliono sapere dov’è chi li rappresenta, chi è il presidente, dov’è il presidente? Queste cose richiedono un approccio multidisciplinare. Zlatan mi permette di essere negli States e allo stesso tempo sul campo a Milano. Lo abbiamo assunto in RedBird specificatamente per tutto quello che può fare nel calcio. Ma soprattutto, è il mio proxy (un tramite, un’estensione, ndr). Ci sentiamo più volte al giorno e ha l’autorità di essere la mia voce con i giocatori, con lo staff, con chiunque al Milan. È molto importante soprattutto perché ha tanta credibilità per farlo. Se avessi preso una persona da New York e la avessi messa nel Milan avrebbe avuto molta meno credibilità di Zlatan.

Il modo in cui Zlatan parla ai giocatori, facendo da tramite per la proprietà, è davvero unico. Non voglio andare io negli spogliatoi a farlo, voglio che sia Zlatan a farlo. Sia io che i tifosi abbiamo un “lavoro”, loro sono i miei partner in tutto questo. Loro sostengono la parte emozionale, è fantastico. Il mio lavoro è quello di creare valore e non posso farlo se sono coinvolto emotivamente. È difficile da fare, devi essere disciplinato. Sono un essere umano anche io, voglio vincere più di chiunque altro. C’è sempre qualcuno come Zlatan nelle squadre vincenti, qualcuno che ha l’urgenza di vincere, ma io non avrei la stessa credibilità di chi ha vinto. Ci vuole una figura del genere nello spogliatoio che inculchi questo tipo di urgenza”.

Cosa succederebbe se non vi trovaste d’accordo su qualcosa?

Quando abbiamo iniziato a parlare di questo la cosa più importante che io guardo in qualcuno quando devo portarlo in RedBird è se siamo allineati in termini di valori, cultura e obiettivi. È stato subito chiaro per me che eravamo affini. Ad oggi non c’è stato nessun motivo di disaccordo: io imparo tanto da lui, e spero che lui faccia altrettanto da me. Fin qui è andata alla grande, e non perché siamo nella fase “luna di miele” in cui va tutto bene, ma perché abbiamo già visto all’inizio che ci spalleggiamo a vicenda sugli obiettivi”.

L’Italia può raggiungere la Premier League?

Abbiamo un sacco di cose da fare ed il gap sta aumentando. In America mi sono fatto le ossa con il baseball. Negli States c’è una grande divergenza tra il “big market” e lo “small market”. È una sfida”.

In Italia si fa tanto parlare del nuovo stadio… Verrà costruito?

Sì. Abbiamo fatto più progressi in 18 mesi rispetto ai tutti i progressi fatti in generale in Italia in generale per quanto riguarda la costruzione di un nuovo stadio. Sarebbe il secondo “Nuovo stadio” costruito in Italia dopo il 2011, lo Juventus Stadium. Quell’impianto ha 40mila posti, quello per cui stiamo lavorando ne avrà 70 mila. Non stiamo cercando di portare solo uno stadio, ma un campus di intrattenimento multimediale in stile americano a Milano. Milano sarebbe il posto perfetto e sarebbe positivo per non solo per il Milan, ma anche per l’Italia e la Serie A. Voglio creare una società per costruire lo stadio e poi usarla anche per costruire lo stadio di tutte le altre squadre in Serie A. Da una parte ovviamente l’obiettivo è vincere lo Scudetto, dall’altra voglio aiutare la Serie A a colmare il gap con gli altri campionati. Io vorrei vincere ogni anno, sarebbe impossibile, ma è il livello competitivo che crea valore. Se fossero i soliti 3-4 club a vincere ci sarebbe meno valore.

Quando compri un club europeo lo “condividi” con i tifosi. I fan ovviamente pensano di essere i proprietari, io prendo la cosa molto seriamente. Io voglio essere la persona che porta valore al loro asset. Lo faccio da 30 anni. Dobbiamo essere però più autosufficienti come movimento, dobbiamo essere più professionali. La cosa che mi preoccupa nel calcio Europeo è che la gente pensa che tu debba spendere di più dei tuoi avversari. Non importa quanti soldi hai, spenderne un quantitativo esagerato non potrà mai essere la cosa giusta da fare. Dobbiamo essere sostenibili, dobbiamo spendere meglio.

Quando ho comprato il Milan molti proprietari in America mi hanno chiamato per chiedermi se fossi impazzito, che era impossibile fare business in Italia. Ma invece certo che si può fare business in Italia. Devi solo fare cose diversamente. C’è resistenza al cambiamento, ma quello c’è ovunque quando c’è da cambiare paradigmi. Non ho niente contro San Siro, è un privilegio giocare lì. La questione non è sullo stadio, ma è: possiamo vincere meglio se avessimo un nuovo stadio? La risposta, categoricamente, è sì. Possiamo aggiungere valore alla Serie A facendo da esempio”.

Parlate molto di cambiamento, pensate che il Milan abbia bisogno di cambiare anche sul campo e sul lato sportivo per la prossima stagione?

“Penso di sapere cosa mi stai chiedendo. Cambiamento non è una brutta parola. Sto facendo affidamento su Zlatan per i suoi consigli e la sua prospettiva. Tutto intorno al Milan ha bisogno di “cambiare”, anche se userei un’altra parola: “evolvere”. Cambiamento è una parola da nero o bianco, come se dovessimo buttare tutto all’aria e ricominciare. Non c’è bisogno. Evolversi è un processo migliore. Guarderemo al personale, abbiamo avuto un sacco di infortuni. Non sono soddisfatto, Zlatan non è soddisfatto, di non essere al primo posto in Serie A. Ma ci arriviamo. Siamo una squadra giovane e nuova che attualmente non sta facendo male. Ma non fare male non vuol dire necessariamente fare bene, giusto? Abbiamo del lavoro da fare”.

Che impatto ha avuto la storia degli infortuni sul valore degli asset, i giocatori, del club?

“Siamo delusi. Cerchiamo di essere responsabili per quanto riguarda la nostra struttura degli stipendi e come la costruiamo. Se facciamo tutto questo lavoro e poi al momento di giocare non abbiamo tutti questi giocatori a disposizione qual è il punto di tutto quello sforzo? Ma non puoi solo prendertela con lo staff medico e i fisioterapisti. I giocatori sono sotto un sacco di stress, giocano troppe partite… È un’altra cosa su cui dobbiamo lavorare e migliorare. Dobbiamo prenderci cura della salute dei giocatori”.

Come pensate di competere contro club controllati da fondi sovrani?

“Bella domanda. La risposta ovviamente è che non puoi superarli nelle spese, ma dovrei vergognarmi se non fossi quel tizio che spende ogni singolo dollaro di capitale da investire meglio di chiunque altro (spendere meno, ma meglio. Ndr). Questo è l’obiettivo, questo è come competi. Le persone pensano che sia importante la somma che spendi. Ma è come lo spendi, se lo spendi meglio. Non si lavora facendo deficit ma tenendo conto del cash flow. Non è che prendiamo e intaschiamo quello che guadagniamo, lo reinvestiamo nella squadra e nei giocatori. Lo stadio nuovo ci garantirebbe molto più flusso di denaro, e con questo cash flow potremmo essere più competitivi nei confronti della Premier League. È l’unico modo possibile e spero che ci sia consapevolezza su questo. È una cosa che premierebbe tutto il sistema e che porta all’autoregolazione. E quando si arriva all’autoregolazione che succede? Allora tutti smettono di parlare di Super League, ci concentriamo su come gestirci meglio e si prende una strada migliore. Questa deve essere la nostra eredità”.

Quale potrebbe essere una exit strategy dal calcio soddisfacente e di successo per RedBird?

“Sono appena arrivato e mi chiedono già di andare via (sorride, ndr)? Per come la penso sull’uscita da questo investimento è trovare un modo per non uscirne. Penso che sia una delle opportunità più grandi che io abbia mai visto nella mia carriera trentennale. Puoi avere un impatto sulla comunità incredibile, nulla a che fare con quello che ho avuto fino ad adesso. Voglio trovare un modo per capitalizzare e monetizzare per i miei investitori e comunque rimanere proprietario. Penso che ci siamo molte strade per farlo, ma non siamo minimamente vicini ad una cosa del genere ora come ora”.

Sulla Super League, abbiamo parlato molto. Sappiamo che il primo tentativo si è concluso miseramente. I tifosi l'hanno rifiutata e i club hanno dovuto seguirne l'esempio. C'è una nuova versione. La trova interessante?

Credo che la cosa interessante siano le ragioni che stanno dietro a questi sforzi. Le ragioni alla base di questi è che c'è una crescente divergenza tra chi ha e chi non ha nel calcio europeo. Io sono un tipo a cui piace sgobbare. Mi piace fare le cose nel modo più duro. Non penso di cambiare. Se le cose non vanno bene, non ribalto la scacchiera e dico: "Lasciami andare, cambiamo l'intera struttura". È una distrazione. Lavoriamo all'interno del costrutto. Ma cerchiamo di migliorare noi stessi. Il fatto che queste cose vengano commercializzate a multipli di ricavi è pura pigrizia. Vergogna a tutti noi. Queste cose vanno scambiate a multipli di cassa. Il finanziamento a debito, il continuo pensiero al mercato dei trasferimenti e tutte queste cose devono cambiare. Voglio dire, ciò che è sorprendente per me è che investo nello sport da 30 anni; quindi, ho fatto da apprendista con alcuni dei grandi d'America, ma investo anche in molti altri settori. E vi dirò che questo è probabilmente il miglior vantaggio competitivo che ho nell'investire nello sport. Se lo applichi a un altro settore, ti ridono dietro: che fine ha fatto il cashflow? Qual è il nome di questa conferenza: il percorso del profitto? Mi è venuto da ridere quando ho visto la cosa del percorso verso il profitto, nessuno ne parla. Per questo penso che, quando si parla di Super League, dobbiamo solo migliorare noi stessi prima di pensare di cambiare l'intero paradigma".

Gerry, cosa ne pensi degli agenti? 

"Ancora una volta, fanno parte dell'ecosistema. Guardo gli agenti e mi ricordano il mondo della finanza da cui provengo a Wall Street. Nella mia carriera sono passato molto rapidamente al lato degli investimenti perché non mi piaceva il disallineamento che vedevo nei banchieri. I banchieri ti consigliano un affare, ottengono la commissione e se ne vanno. Non devono conviverci. Francamente, se dovessi migliorare il sistema degli agenti, direi che una parte del compenso viene pagata per la transazione iniziale, mentre l'altra parte del compenso viene pagata nel corso del periodo in cui ci si assicura che si tratti di un buon affare, sia per il giocatore che per la squadra. In questo modo, gli agenti sono un componente allineato dell'ecosistema. Il concetto secondo cui "noi ci prendiamo tutti i soldi e poi ce ne occupiamo noi", non va bene per l'ecosistema. Non è un bene per l'ecosistema. Quindi, ancora una volta, è tutta una questione di allineamento, e lo dico solo come umile osservatore. Sono il nuovo arrivato. Penso che le cose debbano cambiare".