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Ramaccioni: "Vi spiego la mia squalifica dopo il gol di Muntari. A Istanbul presi gli ansiolitici"

ESCLUSIVA MN - Ramaccioni: "Vi spiego la mia squalifica dopo il gol di Muntari. A Istanbul presi gli ansiolitici"MilanNews.it
© foto di Giuseppe Celeste/Image Sport
domenica 19 aprile 2020, 17:00ESCLUSIVE MN
di Thomas Rolfi

Silvano Ramaccioni, 81 primavere compiute lo scorso 15 gennaio, di cui ben 32 trascorsi lavorando con e per il Milan, si è un concesso per un'intervista ai microfoni di MilanNews.it. Semplicemente attraverso la voce traspare quanto sia un signore gentile, d'altri tempi, come ormai è raro trovarne non solamente all'interno del mondo del calcio. Con l'ex dirigente rossonero abbiamo ripercorso alcune delle tappe storiche del Diavolo, che passò dalla Serie B al tetto del mondo nel giro di pochi anni sotto la sapiente guida di Berlusconi e Galliani, ma anche grazie anche al lavoro di persone come 'Rama', che apre l'intervista raccontando un primato che detiene in solitaria e di cui va molto orgoglioso: "Con il Perugia nel 1978/79 e con il Milan nel 1991/1992. Ce ne sono altri che hanno disputato un intero campionato senza sconfitte, ma non in due società come il sottoscritto. Sono veramente orgoglioso della fortuna che mi è capitata".

Ci racconti il suo arrivo al Milan.
"Arrivai al Milan nella stagione 1982-1983, chiamato dal dottor Farina. Era un momento veramente buio per il Milan, perchè la squadra era appena retrocessa in Serie B. Portai Ilario Castagner in panchina e facemmo una vera e propria passeggiata di salute, vincendo il campionato in carrozza. Il dottor Farina qualche anno dopo si trovo un po' nei guai e la società fu trasferita nelle mani del dottor Berlusconi".

Lei iniziò in rossonero come direttore sportivo, poi in seguito divenne team manager dopo qualche anno di lavoro congiunto con Ariedo Braida: come nacque questo passaggio?
"Sono stato direttore sportivo sia con il dottor Farina che con il dottor Berlusconi nelle prime tre stagioni. Poi il dottor Berlusconi, visto che dal suo arrivo eravamo in due a ricoprire lo stesso ruolo - ovvero Braida e io - ha voluto che io fossi quello che viveva costantemente accanto alla squadra, coniando il ruolo di team manager. Mi fece una grossa cortesia, anche perchè la passione che io provavo da sempre era quella di essere in panchina accanto all'allenatore per poter essere utile e di essere accanto ai giocatori a partire dal primo giorno di ritiro fino all'ultima giornata di campionato. Questo ruolo, poi, dai miei tempi è cambiato moltissimo, diventando prettamente organizzativo. Io, invece, feci il team manager con lo stesso stile e le stesse prerogative del direttore sportivo, perchè è stato il ruolo che feci anche prima di approdare al Milan nel mio paese a Città di Castello, poi a Cesena e a Perugia".

Nelle tre stagioni insieme a Braida, come siete riusciti a coesistere nello stesso ruolo?
"In tanti anni non è mai successo neanche un minimo screzio con Ariedo. I segreti di quei successi erano nell'amore e nell'appartenenza per questo club e nel credo ferreo del presidente di vincere. Sono stati anni favolosi per la grande armonia e il merito di tutto questo va anche ad Adriano Galliani, che era il leader e il capo di questa organizzazione".

Quali sono stati i momenti più belli al Milan e quali aneddoti ricorda con maggior piacere?
"Sono talmente tanti in 32 anni che ognuno potrebbe racchiuderne altri. E' difficile fare una classifica. Ci sono dei momenti esaltanti, come quando vincemmo il primo Scudetto con Arrigo (Sacchi, ndr) vincendo al San Paolo con un Napoli fortissimo. Da lì possiamo passare dalla vittoria in Coppa dei Campioni con lo Steaua a Barcellona in finale di Coppa dei Campioni, che però passa a sua volta da Belgrado e sul successo ai rigori sulla Stella Rossa. Belgrado fu una pietra angolare di questi momenti fantastici. Poi la Coppa Intercontinentale vinta con l'Olimpia Asuncion. Abbiamo avuto fortuna ad aver avuto grandi allenatori e giocatori indimenticabili che hanno permesso tutto ciò".

Nella gloriosa storia del Milan di Berlusconi, però, ci sono anche macchie indelebili, come ad esempio il celebre episodio delle luci di Marsiglia: cosa accadde quella sera?
"Marsiglia nacque esclusivamente perchè avevamo la sensazione netta e reale che ci stavano prendendo per il naso. Se l'incidente all'impianto elettrico fosse stato casuale, ce ne saremmo resi conto. Invece fu una cosa fatta ad arte, in un momento della partita in cui noi segnando un gol avremmo potuto rimediare andando ai supplementari. Invece con la rottura di questo filo di speranza, abbiamo avuto la sensazione che avessero fatto i furbi. Da lì poi deriva tutto il seguito. Questa è la chiave sicura di lettura, poi gli errori che sono stati fatti fanno parte della storia del dopo".

A Istanbul, in finale di Champions League del 2005 contro il Liverpool, invece, cosa successe? Ha avuto l'impressione all'intervallo che la squadra pensasse di aver già vinto la partita?
"Direi che sarebbe troppo facile presupporlo. In quella partita resto convinto, come detto più volte, che fu esclusivamente l'invidia degli dei a costarci la vittoria in Champions League. Giocammo un primo tempo straordinario, che non lasciava presuppore nulla di quanto poi successe nei 6 minuti della ripresa. Ricordo ancora quella parata che Dudek fece su Shevchenko negli ultimi minuti dei supplementari. Pazzesca. Purtroppo è una cosa che è successa, io ricordo ancora gli ansolitici che ho preso quella notte dopo la partita, perchè non riuscivo a dormire e a darmi pace".

Facendo un balzo in avanti, nel 2012 in occasione della partita del gol non convalidato a Muntari, lei venne squalificato per una giornata 'per avere, al termine della gara, al rientro negli spogliatoi, formulato espressioni ingiuriose nei confronti della società avversaria': questo recita il comunicato del Giudice Sportivo di allora, cosa successe realmente?
"Quella squalifica fu un unicum nella mia lunga carriera di dirigente al Milan. Mi era successo solamente una volta quando ero a Perugia con un arbitro di cui non voglio dire il nome perchè è mancato, in cui ebbi da ridire per il suo comportamento. In occasione della partita con la Juventus, invece, venni squalificato per un eccessivo zelo degli ispettori, che mi sentirono dire ai giocatori del Milan a fine partita: 'Tenete una mano sulla tasca dietro, quella del portafoglio'. Mi squalificarono, ma fu una barzelletta".