I motivi dell’eliminazione del Milan e ciò che resta per ripartire subito

I motivi dell’eliminazione del Milan e ciò che resta per ripartire subitoMilanNews.it
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venerdì 19 marzo 2021, 22:00Primo Piano
di Redazione MilanNews

Milan e infortuni. Un binomio fin troppo affiatato durante l’intera stagione. Il numero di assenti (di una probabile formazione titolare) è impressionante nelle ultime settimane (e non solo), e nello specifico nella doppia sfida contro i Diavoli di Manchester. Basti pensare all’ora di gioco quasi obbligatoria per Samu Castillejo adattato ad un improbabile ruolo da falso nueve essendo tra i pochissimi calciatori offensivi fra i ragazzi di Pioli a reggersi in piedi e a sbattersi generosamente tra Maguire e Lindeloef, in maniera quasi commuovente quanto inconcludente. I ragazzi di Stefano Pioli, appunto, mai come ora: con mezza squadra in infermeria, non cambiano il proprio modo di giocare e la propria identità; subiscono due reti su due errori individuali (Donnarumma-Tomori, Meité); giocano il pallone in maniera propositiva come da un anno e mezzo a questa parte, senza speculare sull’avversario, e con ritmo e intensità superiore per lunga parte del doppio confronto, risolto da un colpo geniale quanto semplice di Paul Pogba.

GLI INFORTUNI. Proviamo a fare il punto della situazione su quanto accade in infermeria. Zlatan Ibrahimovic è stato disponibile per meno della metà delle partite disputate dal Milan in stagione, nello specifico 14 apparizioni in Serie A (condite per altro da 14 reti e un assist), 6 in Europa League e 2 in Coppa Italia; nonostante la squadra abbia incoronato il gioco in sé, come vero leader e guida dei risultati, è evidente che in alcune partite contro difese particolarmente chiuse, l’opzione del “palla ad Ibra e vediamo che succede” è mancata tanto, troppo, e ha inevitabilmente fatto perdere terreno al Milan in campionato in quella che era ormai diventata a tutti gli effetti, una corsa scudetto. Per quanto riguarda lo scontro fatale contro il Manchester United, riconosciuto l’impegno del totem svedese in quella mezz’ora finale (nella quale ha per altro sfiorato il gol su un’incornata di testa), è inevitabilmente mancato il suo apporto nel doppio confronto; palloni come quelli sui quali hanno svirgolato ad esempio Krunic e Calhanoglu durante il match di ritorno, sarebbero stati inviti a nozze per Zlatan, costretto a guardare il festival delle occasioni sprecate da spettatore non pagante. Soprattutto all’andata, in una partita che il Milan ha praticamente dominato, e che clamorosamente rischiava di perdere, è mancata la cattiveria di una punta in grado di capitalizzare gli enormi sforzi di tutti i compagni di squadra, che non hanno quasi mai smesso di correre ad alta intensità.

L’alter ego di Zlatan, Mario Mandzukic, è fin ora un elemento misterioso enfatizzato da quel numero 9 sulle spalle che negli ultimi anni ha portato poche gioie, e tanti dispiaceri ai tifosi rossoneri. Arrivato come perfetto vice Zlatan, è stato piuttosto un perfetto compagno d’infermeria: dalla trasferta di Europa League  a Belgrado contro la Stella Rossa è fermo ai Box, partita beffarda in cui tra l’altro anche il lungodegente Ismael Bennacer avvertì un riacutizzarsi del problema muscolare al polpaccio che lo aveva già tenuto fuori dai campi per circa due mesi. Capitolo Hakan Calhanoglu: il faro illuminante della manovra rossonera, non ha dovuto “solo” fronteggiare il covid-19 in questa stagione, ma anche, in ordine cronologico, un trauma distorsivo e un infortunio muscolare per un totale di 9 partite di assenza; oltre all’assenza poi dal calcio giocato, è doveroso considerare che la perdita netta di continuità ha portato ad un abbassamento della condizione fisica che sta mostrando un Calhanoglu lontano dalla brillantezza esibita durante tutto il 2020 e  parte del 2021, il recupero di una condizione migliore da parte del turco è imprescindibile per le sorti dei rossoneri.

Notizia dell’ultima ora: Leao e Romagnoli hanno dei guai muscolari, e Davide Calabria si è operato e dovrà  restare lontano dai campi per un mese, a causa di una lesione del menisco mediale rimediata nel match di andata all’Old Trafford. Anche per Ante Rebic il bollettino medico evidenzia una riacutizzazione dell’infiammazione del muscolo otturatore esterno dell’anca destra, problema che si trascina già da settimane.

LA MANO DI PIOLI. Dopo questo triste e lungo catalogo di infortuni, che non vuole per niente equivalere ad un triste e lungo elenco di giustificazioni, è bene tessere le lodi di Stefano Pioli, mai abbastanza elogiato per aver conferito al Milan un’identità tattica dopo tanti anni di esperimenti falliti. Contro Hellas Verona e nella doppia sfida contro il Manchester United, il Milan non ha mai modificato l’idea e i principi di gioco che l’hanno portato a totalizzare 100 punti dal 1° Gennaio 2020 grazie ad un andamento degno delle top d’Europa: alta intensità, pressing coordinato uomo su uomo, sacrificio nelle corse in più per i raddoppi, e linee corte tra di loro con Hakan Calhanoglu (quando disponibile!) a fare da collante tra centrocampo e attacco; una preferenza verso l’impostazione dal basso ma senza disdegnare la palla lunga su Ibra in cerca di una sponda vincente, gioco di squadra ma anche libertà all’iniziativa personale come le scorribande di Theo Hernandez, un mix fra la gioventù (di quasi tutta la rosa) e l’esperienza che ha ridato considerazione al Diavolo abbandonato a sé stesso nel sostanziale anonimato degli ultimi anni.

Un’abilità non troppo citata del tecnico Emiliano, è quella di saper fare di necessità, virtù. Seppur vero che le alternative non abbondano da tanto, la scelta di Krunic esterno alto di sinistra nel 4-2-3-1 contro l’Hellas ha incartato per bene la partita a Juric, considerando che il centrocampista rossonero, naturalmente predisposto a giocare in una posizione più arretrata, ha mostrato una buona predisposizione al sacrificio, facendo l’elastico tra la linea dei trequartisti e quella della mediana a seconda della specifica situazione di gioco. Tanto per dire, al posto di Krunic avrebbe anche potuto giocare Brahim Diaz o Hauge, e al posto di Meitè sarebbe stato arruolabile anche Tonali, ma Pioli ha fatto delle scelte studiate, calibrando rischi e benefici, e hanno pagato. Discorso simile per l’andata di Manchester: Meitè invece che Tonali, e ancora una volta Krunic in quella posizione, per imbrigliare tatticamente la partita a Solskjaer.

FATTORE POGBA. Solskjaer, appunto, che strappa il pass per i Quarti di finale grazie ad una grave leggerezza di Meitè e Calhanoglu che in un attimo di follia hanno dimenticato di spazzare un pallone velenoso, servendolo al neo entrato Paul Pogba che con la tranquillità di un calciatore di spessore mondiale, con una finta sbilancia sia Kessie che Donnarumma e infila facile il pallone della qualificazione. Pogba ha rovesciato non solo il risultato, ma l’intero andamento del match, mai come nei minuti in seguito al suo ingresso il Milan è entrato in difficoltà: fisicità, tecnica e facilità di corsa al servizio di un giocatore fresco, letteralmente incontenibile per i ragazzi del Milan, che dopo una resistenza stoica non ci vedevano quasi più dalla stanchezza. “Good Team”, pare abbia detto Solskjaer con un sorriso beffardo rivolgendosi a Stefano Pioli. Ma certo che è un “Good Team” questo Milan, ma senza la possibilità d’inserire nella parte finale di un match di questa importanza un calciatore di un altro livello rispetto a tutti gli altri in campo; o meglio, dicendocelo chiaramente senza proprio la possibilità di fare cambi, considerando la panchina striminzita a disposizione del Mister, che ha provato a mischiare un po' le carte affidandosi ad Ibra, palesemente a mezzo servizio, e a Brahim Diaz, ripetutamente rimbalzato dai calciatori dello United.

NESSUNA SCUSA, PERÒ…Nel gioco del calcio è veramente complicato segnare senza attaccanti. Ed è difficile rovesciare le sorti dell’incontro senza cambi. Pioli e la squadra dovranno sfruttare come occasione per crescere e maturare come collettivo questo doppio, sfortunato, confronto contro i Diavoli inglesi, e concentrarsi sull’aumentare il distacco tra quella che poteva essere una stagione indimenticabile e quella che potrebbe diventare una stagione da dimenticare. A testa alta, con l’auspicio di poter servire qualche compagno di squadra in più nelle prossime partite.

Fabio Montesanti