Tare e Allegri senza balie né sentinelle. L'ombra illuminata di Branchini. Il mercato per testare ambizioni e obiettivi

Non mi è del tutto chiaro quale fosse l'identikit ideale dell'allenatore per i tifosi del Milan. Mi è chiaro invece che molti non volevano Conte, Allegri, De Zerbi, Italiano, Gasperini e quindi - esaurite le possibili opportunità italiane - non restava che Klopp, il quale però nel frattempo sembra davvero in clausura più che in periodo sabbatico.
In realtà nessun profilo che aderisse al paradigma della scommessa sarebbe stato conciliabile con l'attuale momento storico rossonero: Lopetegui, Fonseca, Conceiçao sono finiti a mare da soli, senza essere minimamente supportati, difesi, sorretti. Condivisi. Abbiamo trascorso un anno con le sentinelle sul cancello di Milanello a informarci non sugli allenamenti e sulla probabile formazione, ma su Ibra c'è, Furlani non c'è, non c'è nessuno, ci sono tutti e due... Allegri (e Tare) non hanno bisogno né di balie né tanto meno di sentinelle. Servivano due uomini di campo, due uomini di calcio, due autorevoli autonomi, due aziendalisti pronti a battere i pugni e non a fare le rivoluzioni in corridoio, sottovoce, alla macchina del caffè. Aziendalista è ormai sinonimo, quando si parla di Milan, di schiavo prono venduto leccaculo, mentre in realtà tutto il mondo del lavoro sotto a una qualsiasi dirigenza è aziendalista: altrimenti uno si dimette o se ne va sbattendo la porta.
Vero è che Allegri accettò il depauperamento della rosa, a cavallo del 2012 e del 2013, senza profferire parola nonostante lo scudetto vinto al primo colpo nel 2011. Vero è che Allegri pensava di cambiare ruolo a Pirlo e anzi alla fine lo lasciò andare a quella Juve che un anno dopo gli avrebbe fatto perdere uno scudetto con una squadra più debole. Le cose oggi sono cambiate: Allegri non è una minestra riscaldata, è un tecnico che dopo l'esperienza rossonera ha vinto scudetti e coppe Italia, con 2 finali di Champions. Perse, d'accordo, ma dalle nostre parti non se ne gioca una da Atene 2007... Ha acquisito esperienza, si è evoluto. Resta fumino e un tantino permaloso, specie con la stampa, però con un'idea chiara dell'obiettivo: vincere.
Un altro grande punto a favore di Allegri è essere gestito da Giovanni Branchini, manager puro, profondo conoscitore dello sport, persona stimata e apprezzata a livello mondiale (Cardinale e Ibra compresi), circondato nel lavoro e nella vita dai figli Francesco, Giacomo ed Edoardo che si sono spesi per proseguire la lunga tradizione di famiglia. Non è una coincidenza banale, non è un discorso fatuo: Branchini è una persona onesta, un uomo leale, diretto, riflessivo. Un analista che rifugge dai sotterfugi. Fino ad oggi ha aiutato Allegri, da domani può essere una grande risorsa anche per il Milan.
Come ho detto e scritto altrove in queste ore, non starò a spulciare in quell'orrendo bipolarismo ideologico e letterario che (a causa di Allegri, ma senza sua colpa) ha spaccato le fazioni tra giochisti e risultatisti. Un'etimologia talmente insulsa e scorretta che non vale la pena perderci tempo. In questo momento storico milanista, qui si vuole tornare a competere e a vincere: gli esteti aspettino.
Dietro l'operazione fulminea di Allegri c'è Igli Tare che è partito lancia in resta. Ha capito cosa servisse, ha ignorato le insofferenze persino degli stessi juventini nell'ultima parte del ciclo di Allegri in bianconero. Non c'erano alternative a Conte e Allegri, solo uno di questi due oggi è il possibile profilo che serve al Milan. C'è un parziale recupero di milanismo con la passione di Tare (svelata sui social dal figlio) e quello scudetto di Allegri 14 anni fa. C'è un totale recupero di competenza, conoscenza, esperienza di calcio con Tare e Allegri: spero significhi che al 4° piano di Casa Milan qualcosa dello scempio compiuto in questi 24 mesi, qualcuno ha capito la lezione. Lo spero ardentemente.
Ora si va in direzione del mercato. La prima montagna da scalare sono le conferme, i rinnovi, i rientri dei prestiti. Va gestita una lista d'attesa lunga come il 31 luglio alla Malpensa. Il fatto di aver recuperato un direttore sportivo e un allenatore italiano di lungo corso, entro il termine di fine maggio, mi accende un'altra speranza e cioè quella di poter affrontare le questioni con tempismo e risolutezza. Condividendole tra DS e tecnico, demandandole a loro e solo a loro.
La presa in carico delle responsabilità è un altro primo passo fondamentale per recuperare crediti, attenzione, credibilità e competitività: all'umore cupo della tifoseria serve infatti molto altro prima di tornare a respirare senza pesi, senza macigni sullo stomaco.

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