L'anticipo di Galli - Luka Modric, il milanista predestinato

Partiamo dall’ultima immagine. Fischio finale di Milan-Napoli, Luka si inginocchia sul prato di San Siro, i pugni chiusi, un urlo di gioia che libera le tensioni di una partita che valeva molto per il popolo rossonero e che ha messo il Milan ai vertici della classifica, dove non si trovava da tempo. Ha vinto tutto, Luka. E proprio per questo è meraviglioso vederlo così partecipe, coinvolto anche emotivamente: quasi che la maglia rossonera, in pochi mesi, sia diventata la sua seconda pelle.
Luka, 40 anni, nasce a Zara in Croazia, terra promessa del basket dove i Golia della palla a spicchi hanno portato sull’Adriatico successi importanti. Lui, provetto Davide, preferisce un’altra palla, non meno popolare da quelle parti. Sono i Basic, padre e figlio (Tomo e Domagoi), entrambi allenatori, i primi ad intuirne le qualità. Un primo provino all’Hajduk di Spalato non ha successo e per di più viene svolto a insaputa dei Basic, incrinando il rapporto con la famiglia Modric, che in seguito il padre di Luka ricostruisce. Arriva così l’opportunità di entrare nella Dinamo Zagabria, i Modri (i blu), il cognome praticamente uguale al soprannome del club, un segno del destino. Seguono alcuni prestiti, altamente formativi, in club minori, il rientro alla casa madre e il tempo della consacrazione in patria: tre titoli croati e l’esordio da titolare in nazionale contro l’Argentina di un giovane Leo Messi, il 1° marzo 2006.
Per la sua ulteriore crescita è necessario il passaggio in un campionato più probante e il punto nodale della sua carriera ha una data: il 25 marzo 2008 Luka, non ancora ventitreenne, accetta le lusinghe del Tottenham che ha già l’accordo con il club croato. Dopo un inizio difficile, il ragazzo assume consapevolezza dei propri mezzi grazie all’arrivo sulla panchina di Harry Redknapp, ma anche, o soprattutto, grazie a una telefonata del tutto inattesa. Lo racconta lo stesso Modric nella sua autobiografia: “Mi disse ‘Mantieni la calma e non sentirti in colpa per i risultati scadenti. Anch’io ero in difficoltà, appena arrivato all’estero. Mi ci è voluto tempo per adattarmi. Rilassati, andrà tutto bene’. Rimanemmo al telefono cinque o sei minuti. Ero molto emozionato. Come quando da bambino lo guardavo conquistare l’Europa con il Milan o guidare la Croazia alla sua prima medaglia nei mondiali. Quella conversazione mi diede la forza e l’adrenalina di cui avevo bisogno in un momento così difficile. Poi fu tutto in discesa.”Dall’altra parte del filo, lo avrete capito, c’è il suo idolo, il più grande calciatore della recente storia calcistica croata: Zvonimir Boban! Le cose vanno bene, tanto che nel 2012 arriva la chiamata del Real Madrid del “turbolento” Mourinho. Luka arriva ai Blancos in punta di piedi e cresce ulteriormente anche sotto la guida del “leader calmo” Carlo Ancelotti (2013/15 e 2021/25). Nel calcio non ci sono solo i numeri. Ci sono “il coraggio e la fantasia”, per dirla con De Gregori. Ma i numeri di Luka Modric in maglia blanca sono comunque impressionanti. Sei Champions League, cinque Supercoppe Europee, cinque Mondiali per Club, una Coppa Intercontinentale FIFA, quattro LIGA, due Coppe del Re e cinque Supercoppe di Spagna. Sfiora il successo al mondiale russo del 2018 con la Croazia, sconfitta dalla Francia dell’astro nascente e futuro compagno di squadra Kylian Mbappé, con una prestazione che gli vale la conquista del Pallone d’Oro nel 2018.
E siamo tornati ai giorni nostri: al termine di una carriera straordinaria, Luka Modric accetta il contratto di un anno offerto dal Milan, squadra che ha tifato quando era bambino, quando pascolava le caprette con la stessa sicurezza e maestria con la quale ha guidato il centrocampo dei club nei quali ha giocato. A Milanello, chi lo allena dice di vederlo fluttuare sul campo con eleganza ed efficacia: un binomio che solo pochissimi possono vantare, le doti che ogni tifoso rossonero e non solo (gli applausi del pubblico di Udine) ha potuto ammirare in queste prime giornate di serie A. Si mette a completa disposizione di Mister Allegri, come dimostra la qualità delle prestazioni, e non solo quando la palla staziona tra i suoi piedi o esce rapida con un tocco di esterno, ma anche quando contrasta e rincorre gli avversari per recuperarla.
Qualche dettaglio che mi ha colpito. Con il Bari, in Coppa Italia, escluso dall’undici iniziale, al cenno di un componente dello staff comincia il riscaldamento senza risparmiarsi, osservando la partita con estrema attenzione, studiando non solo le azioni di gioco dei compagni ma anche il posizionamento difensivo degli avversari. Nemmeno il continuo richiamo da parte dei tifosi sugli spalti ha distolto dal campo il suo sguardo, la sua visualizzazione di quello che sarebbe successo. Appena entrato, è sufficiente che tocchi due palloni, preciso, delizioso, nel passaggio breve e in quello lungo, perché tutti restino affascinati. Quando non è in possesso del pallone rivolge continuamente lo sguardo in ogni direzione, in quel processo di scanning che serve per avere contezza dell’intorno e per preparare la giocata o il movimento successivi. A fine partita, si sofferma per oltre dieci minuti sul terreno di gioco insieme a un compagno di squadra, probabilmente a discutere di qualcosa accaduto in campo, a testimonianza del fatto che i campioni non finiscono mai il loro percorso di formazione, non smettono mai di voler migliorare. Una volontà alimentata dall’umiltà una virtù che consente di calarsi nel contesto e sviluppare una mentalità vincente.
Qualcuno dice che arriva troppo tardi, a quarant’anni: dopo averlo visto correre e lottare per quasi cento minuti di sofferenza, in inferiorità numerica contro il Napoli, non mi sembra un giocatore in disarmo e, anzi, surclassa qualche illustre collega più giovane. Godiamocelo senza troppi pensieri, arrendiamoci alla bellezza del suo calcio semplice nel modo in cui è semplice un oggetto di design, cioè dopo avere tolto tutto quello che non serve. Luka e il Milan, da sempre destinati a incontrarsi, sono qui, oggi, per tornare a vincere.

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