Ma se non cambi è perché non cambi... Avevano ragione Ibra e Pioli. Quali miracoli? Chiamateli con il loro nome. Thiaw lo specchio delle cose

Ma se non cambi è perché non cambi...  Avevano ragione Ibra e Pioli. Quali miracoli? Chiamateli con il loro nome. Thiaw lo specchio delle coseMilanNews.it
venerdì 17 febbraio 2023, 00:00Editoriale
di Luca Serafini

Serviva un indirizzo nuovo, se n'erano accorti anche i bambini. Li avevamo suggeriti anche prima del derby di campionato, anzi già dopo quello di Riyadh. Pioli lo ha fatto, appena ha avuto i numeri per poter cambiare, appena recuperato qualche protagonista. Nelle prime uscite contro Inter e Torino, il modulo con i 3 centrali è stato interpretato con paura e in chiave quasi tutta difensiva, salvo sprazzi nella ripresa di entrambe le gare. Normale, vista la valanga di gol subìti e le batoste che pesavano sulla schiena e nella mente. Con il Tottenham, pur mantenendo un atteggiamento prudente (che significa anche accorto), è tornato il coraggio: bisogna andare a colpirli, non si può stare solo lì ad aspettare. 

Ho detto nel prepartita di non dipingere il mostro Tottenham più brutto e cattivo di quello che è. Parliamo di un'ottima squadra con (qualche) grande interprete, ma comunque quinta in classifica (raramente in questa stagione è stata tra le prime 4) a 12 punti dalle prime e di un club che in 37 anni ha vinto una coppa di Lega. Massimo rispetto e massima attenzione, ma il Milan degli ultimi 3 anni (non di gennaio 2023) contro gli Spurs di questa stagione, un continuo up and down, poteva farcela, può farcela. Pioli aveva ragione: il crollo era mentale, bisognava (anche) ricompattare il gruppo tatticamente. Sono piovute critiche - giuste - per quel Messias mezzale e per Origi in campo e Leao in panchina, ma in breve anche l'allenatore ha trovato la quadra. Aveva ragione perché, pur senza mai citare le cattiverie gratuite dette e scritte qua e là, aveva battuto il tasto sull'armonia di una rosa solo un po' frastornata, sull'assenza di gialli, intrighi, spaccature, polemiche intestine. 

I rossoneri infatti non hanno giocato 3 partite pazzesche, dal punto di vista estetico, contro Inter, Torino e Tottenham, però hanno dimostrato di aver recuperato solidarietà, energie, fiducia, quello spirito che da 3 anni sopperisce ad alcune differenze tecniche con squadre più forti. E aveva ragione anche Ibra: torno io, cambia la musica. La musica è cambiata. In un mondo di virologi, strateghi di guerra, di finanza, tuttologi di ogni risma, se cambi è perché cambi, se non cambi è perché non cambi. Va così da sempre. 

Non servirà neanche questo passaggio di risveglio dopo la crisi nera di gennaio, a convincere tutti che dietro a questi 3 anni non c'è nessun miracolo, ma soltanto passaggi naturali passati per nuove proprietà societarie, rodaggio dirigenziale e tecnico, una strategia precisa e ferrea. Lavoro, insomma. Molto lavoro: serio, per una causa comune, con obiettivi condivisi. Avete Cardinale, i Singer, non Paperone, non sperperatori e maneggioni. Non avrete Haaland né Mbappé, ma avrete Hernandez, Kalulu, Tomori, Tonali, Leao, Diaz e adesso Thiaw.

Già. Thiaw. Adesso tutti a dire: cosa aspettava a metterlo? Alla faccia delle gerarchie. La coppia è Kalulu-Tomori, poi Kjaer, poi semmai Gabbia e infine Thiaw. E' stato quest'ultimo a scalare le posizioni, non Pioli a relegarlo in basso. Con i giovani va così: non puoi mandarli allo sbaraglio, devi accorgerti quando sono pronti. Si intravvede una piccola perla adesso, del mercato 2022. Si aspetta con fiducia DeKetelaere che forse in Europa è un po' più libero di testa, e poi gli altri. Piano piano arriverà il momento per tutti, starà poi a loro dimostrare se le scelte di Maldini e Massara erano giuste. Di sicuro, ci vuole pazienza. E in questo il maestro è diventato il pubblico di San Siro, una volta esigente e insofferente come i loggionisti della Scala, oggi - semplicemente - innamorato. E per questo canta felice anche quando è buio, diluvia e tira vento: San Siro sa che sorgerà di nuovo il sole.