Achille Costacurta, racconto shock: fumo, droga, botte e un tentativo di suicidio. Ma ora guarda avanti

Achille Costacurta, racconto shock: fumo, droga, botte e un tentativo di suicidio. Ma ora guarda avantiMilanNews.it
© foto di Federico Serra
Oggi alle 00:24News
di Antonello Gioia

Achille Costacurta, figlio di Billy e di Martina Colombari, si è così espresso nel podcast “One More Time” di Luca Casadei raccontando gli ultimi anni della sua vita: "Ho iniziato a fumare a 13 anni. Al compleanno dei miei 18 anni ho provato la mescalina (una sostanza allucinogena, ndr). Una volta ho avuto una colluttazione con la polizia. Ero sotto effetto e ho fatto il matto su un taxi. Il poliziotto arriva, mi tira un pugno in faccia, io ero allucinato quindi l’ho spaccato di legnate. Lì dopo poco mi fanno il primo TSO, me ne hanno fatti 7. Il problema era che, quando me l’hanno fatto a Padova, erano perfetti, gentilissimi, a Milano invece mi hanno legato al letto per tre giorni perché gli ho dato un colpo sulla spalla. Urlavo che mi serviva il pappagallo, io ero legato, mani e piedi, tutto, e mi dovevo fare la pipì addosso. Quando sono andato in clinica in Svizzera mi hanno detto: 'se fossi stato fuori altri 10 giorni saresti morto, perché hai il cuore a riposo a 150 battiti'. In Svizzera, ti dicono: 'Tu sei qua e puoi scegliere, se ti vuoi drogare c’è la strada, se invece hai bisogno di una mano, vieni qua e noi ti aiutiamo'. Mi hanno fatto cambiare vita, grazie a loro io non mi drogo più. Il loro approccio ti fa capire veramente le cose importanti. Li ringrazierò per tutta la vita.

Ho iniziato a spacciare fumo. Arrivata la quarantena, tutti chiusi in casa, fumo non ce n’è. A me riusciva ad arrivare comunque tramite dei canali, avevo creato una rete e mi hanno arrestato a 15 anni e mezzo. Quindi faccio il mio compleanno dei 16 anni lì, in un centro penale comunità terapeutica. Non ce la facevo più. Allora aspetto la notte quando c’è un solo operatore ed entro in ufficio, lo distraggo e prendo le chiavi dell’infermeria. Lo chiudo dentro l’ufficio, lui con le sue chiavi riesce a uscire. Io però nel frattempo ero già in infermeria e prendo tutto il metadone che c’era, sette boccettine, mi chiudo in bagno e le bevo tutte, volevo suicidarmi. Arrivano i pompieri e sfondano la porta, poi l’ambulanza. Nessun medico ha saputo dirmi come io sia ancora vivo perché l’equivalente di sette boccettine di metadone sono sui 35, 42 grammi di eroina. La gente muore con un grammo".

IL FUTURO

"Sono fiero di me, del fatto che sono riuscito ad avere una certa consapevolezza. Tutti i miei traumi sono riuscito a buttarli giù. Non ho filtri, non mi vergogno di quello che mi è successo perché alla fine sono una persona normale. Ho imparato a non dimenticare quei traumi ma a farne tesoro. Avendo provato gli eccessi, ora poche cose mi fanno veramente felice. L’unica cosa che mi fa avere le farfalle nello stomaco come l’amore sono i ragazzi con la sindrome di down. Perché non l’hanno scelto loro. Io li devo aiutare. È una delle poche cose che mi fa essere troppo felice. Il mio obiettivo è creare centri con i miei ideali, con i cavalli per fare ippoterapia, viaggi che voglio far fare, day hospital che voglio creare, devono essere davanti al mare, ogni ragazzo deve avere il suo labrador che lo porta a fare il bagno, farli venire anche dall’Africa perché nella religione vudù se sei albino, se sei autistico, se sei down ti ammazzano".