Da Sheva a Kakà, Cutrone è l'ultimo degli addii sofferti

Con la cessione di Patrick al Wolverhampton si consuma l'ultima delle cessioni mal digerite da una parte della tifoseria del Milan (a onor del vero in tanti invece hanno avallato l'operazione). Si sa, il mercato e le esigenze societarie spesso costringono a determinate operazioni, alle quali è difficile trovare alternative. È il caso di Cutrone ma guardando al passato potremmo individuarne altre che, per clamore e carature dei personaggi, sono state anche più dolorose.
31 Maggio 2006: le date spesso sono iconiche, di altre invece si ricordano solo alcuni. Ma è ciò che le segna che è realmente importante. Probabilmente se enunciassimo questa data, molti tifosi rossoneri non saprebbero ricollegarla a nulla; è invece il giorno in cui il Milan "comunica di aver ceduto a titolo definitivo le prestazioni sportive del calciatore Andriy Shevchenko al Chelsea". Ora si che molti ricordano. L'addio del gioiello Ucraino, secondo marcatore della storia del Milan che lo trascinò letteralmente con le sue 173 reti alla conquista di uno Scudetto, una Coppa Italia, una Supercoppa Italiana, una Champions League ed una Supercoppa Europea, non potè passare in sordina. Nei primi periodi dopo il suo arrivo a Milanello nel 1999 si dice che Sheva ruppe un vetro nello spogliatoio, e superstizione vuole che siano 7 gli anni di sfortuna in questi casi. Lui però fu più forte della superstizione e quelli di Andriy saranno invece 7 anni di fortuna ed amore, vissuti cuore a cuore con il popolo milanese. La dimostrazione di quanto la sua cessione fu contrariata e dolente per tutti l'abbiamo il 14 Maggio - Milan-Roma. Quel giorno Andriy non fu della partita a causa di un infortunio, ma decise di seguire ugualmente i suoi compagni dallo stadio, non però dalle comode poltrone della tribuna d'onore, bensì con un fastidioso tutore al gionocchio tra la gente della Curva Sud: "Sheva resta con noi", "Uno di noi, Sheva uno di noi" alcuni dei cori; tra un tempo e l'altro a domanda "Sheva resterai?" la risposta ebbe lo stesso effetto di un fendente al cuore "È difficilissimo". In brevissimo tempo sorsero diversi siti in sostegno della permanenza di Sheva. Nulla da fare, al Milan 45 milioni e un volo partì in direzione Londra.
Notti insonni capitano a tutti, e le ragioni spesso sono sempre questioni di cuore. I tifosi del diavolo ricorderanno sicuramente benissimo le notti di metà Gennaio del 2009, quando nel pieno della finiestra invernale di mercato iniziano a circolare le voci su una possibile cessione del figliol prodigo Ricardo Kakà, fresco pallone d'oro nel 2007 in un momento in cui era all'apice delle sue prestazioni. Dal quel momento le partite a venire furono segnate da un unico coro: "Non si vende Kaka" accompagnato da striscioni dal peso non indifferente: "Galliani vattene" "la nostra fede non si compra, giù le mani da Kaka". Il 19 Gennaio una notte di paura a Milano: Atterrano sul suolo meneghino gli sceicchi del Manchester City, in valigia un'offerta pronta per il Milan di circa 150 milioni di sterline (al cambio circa 120 milioni di euro, poi formalizzati a 100). La società traballa, 500 tifosi partono sotto la sede di Via Turati con striscioni e fumogeni, mai vista una cosa del genere. I toni si alzano, molti decidono di spostarsi in Via Saffi (allora dimora di Kaka) da cui, da un palazzo al terzo piano, si affaccia Ricky. Tra lacrime e cori Kakà si batte i pugni al petto e mostra la maglia del Milan. Tutto ha funzionato: "Resto, la gente mi ama e questa è la mia casa" Berlusconi conferma "Ho rifiutato tanti soldi per amore di questa squadra". Era solo la quiete prima della tempesta. Giugno arriva, e con lui oltre al caldo e alle vacanze, la canonica finestra estiva di mercato. L'incubo scampato solo 6 mesi prima si ripresentò, e questa volta era di colore "blanco", il nome era Real Madrid. Difficile tenere duro ad un assedio così. I milioni scendono a 67 e adesso la società non potè far altro che tradire le promesse fatte ai tifosi e incassare colpo e denaro. Dopo quell'evento lo stadio perse molti tifosi che non furono più riacquistati, Kaka al Real portò con se il cuore di 25 mila anime che per tutti gli anni a venire non si presentarono più allo stadio, questo la dice lunga, molto lunga su cosa Ricardo era per i milanisti. "Credevo che il diavolo non potesse vendere la sua anima a nessuno mi sbagliavo"
Quei 25 mila non torneranno, e neanche gli arrivi di Thiago Silva ed Ibra riusciranno nell'impresa di farli riavvicinare a San Siro. I picchi di 60 mila tifosi non si toccheranno più, la gente rimase delusa, tradita e addolorata, ma il sale sulle ferite cadrà ancora. Proprio Thiago Silva si erse a nuovo idolo dei tifosi dallo stesso anno in cui Kaka lasciò il Milan e i tifosi videro in lui il difensore forte che finalmente poteva andare a sostituire come degno erede Nesta, ormai sulla via del tramonto. Thiago conquistò il cuore dei tifosi con le sue prestazioni, con il suo coraggio e con il suo attaccamento alla maglia. La tradizione brasiliana ancora una volta non tradì: Kaka, Serginho, Pato, Ronaldinho, Dida...la lista è lunga e al suo interno non manca il nome di Thiago Silva tra quelli che sicuramente rimarranno indelebilmente scritti nel cuore e nella mente dei tifosi. Per lui si presentò però nel 2012 lo stesso copione riservato allo storico 22 Pallone D'oro: piatto ricco di milioni da parte del Psg che "per amore della squadra e dei tifosi" furono rifiutati da un presidente che ormai nella sua mente aveva sempre più l'idea di cedere, di mollare tutto e incassare il più possibile. La stessa offerta un mese dopo fu riproposta dagli sceicchi transalpini, il Milan non ci pensò due volte ed accettò rincarando la dose: Thiago più Ibra. E con loro si incassano altri 68 milioni. Questa voltà però l'epilogo è differente: la delusione assume una forma diversa, e i tifosi bollano Silva come mercenario e traditore; anche questo è un modo di manifestare amore verso colui che allora era ritenuto il più forte difensore del mondo.

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